martedì 13 maggio 2008
La Cattedrale di Savona
Di SECONDO FRANCESCO CESARINI
Nel primo millennio della Chiesa Savonese.
LA DISTRUZIONE DELLA VECCHIA CATTEDRALE E LA COSTRUZIONE DELLA NUOVA.
(Note Storiche)
Savona, Febbraio 1999.
INDICE SOMMARIO
Prefazione....................................................................... pag. 2
1) - Introduzione e breve inquadramento storico................ " 4
2) - La sede vescovile di Savona.......................................... " 6
3) - La riduzione territoriale della diocesi mentre dagli
Aleramici si affermano i Del Carretto.......................... " 7
4) - La Cattedrale sul Priamàr e i primi vescovi................. " 9
5) - Cenni sul vecchio Priamàr............................................. " 12
6) - La situazione di Savona nei primi secoli del 1000........ " 14
7) - La Chiesa di Savona durante il predominio genovese.. " 18
8) - Topografia trecentesca e nuovo centro religioso......... " 20
9) - Il lungo travaglio per la nuova Cattedrale................... " 24
10) - Il Vescovo Pietro Francesco Costa............................ " 29
11) - Le nuove difficoltà politiche non bloccano importanti
costruzioni.................................................................... " 31
12) - Conclusioni................................................................... " 33
Note.............................................................................. " 34
Prefazione
La storia della nostra Cattedrale è segnata dalle sue origini da gravi sofferenze e pesanti tensioni sociali ed ecclesiali.
Innanzitutto alle sue spalle c'è la distruzione, ad opera dei Genovesi, della prestigiosa e splendida città medievale che dominava il Priamàr.
Tutta una città, con i suoi tesori di arte, di cultura, di vita religiosa annientata dall'oggi al domani nel tentativo di cancellarne la dignità, oltre e ancor prima l'esistenza.
Una violenza terribile che però non sortisce l'effetto di cancellare l'orgoglio e la dignità dei Savonesi, certamente sorretti, nell'opera di ricostruzione, da un forte spirito di fede religiosa che ha contrassegnato la storia di quei tempi difficili.
Poi, una volta trasferita la sede della cattedrale presso la chiesa francescana, si scatenano ben poco nobili tensioni in ambito ecclesiastico tra i francescani ed il clero secolare ed occorre l'intervento autorevole del Papa per decretare l'allontanamento dei Francescani dalla loro sede, permettere la demolizione della loro chiesa e la costruzione in loco della nuova cattedrale.
Ci sono riportati episodi che mostrano come la fede di allora sia arrivata ad esprimersi anche in maniera molto contraddittoria e ben poco esemplare; per non parlare di coloro che, in qualità di pastori, avrebbero dovuto rendere buona testimonianza al Vangelo ed invece hanno seminato disordini e discordie tra i fedeli.
Sofferenze, tensioni, contraddizioni; episodi di eroismo e nel contempo di ben poca carità cristiana. Il tutto fa da sottofondo alla nascita della nostra Cattedrale, simbolo visibile e tangibile della realtà ben più grande che rappresenta: la Chiesa, comunità di battezzati in Gesù Cristo.
Nulla di più significativo e di più naturale. E' una storia antichissima e sempre attuale.
La Chiesa vive nel mondo, a suo stretto contatto, anzi immersa nelle vicende anche contraddittorie e talvolta meschine della realtà di ogni giorno.
E' proprio in questa piena immersione nella storia che porta il suo annuncio di eterno; nelle miserie di questa storia porta la ricchezza del suo destino e della sua natura anche divina.
Credo che dobbiamo esprimere gratitudine al dott. Cesarini, per aver raccolto pazientemente le notizie di questa storia tutta nostra, perché in tal modo ci é offerto non solo un documento interessante in cui addentrarci con le nostre curiosità storiche, ma, per chi desidera e per chi lo sa cogliere, é dato anche uno strumento di riflessione su quella antica, peccatrice e splendida realtà che é la Chiesa di Gesù Cristo quale si é formata e vive a Savona.
Giovanni Margara.
1) - Introduzione e breve inquadramento storico.
L'epoca storica attorno alla fine del primo millennio, che qui vogliamo studiare, si pone tra l'alto e il basso Medioevo, in un periodo di espansione sia delle istituzioni religiose sia di quelle civili: quando, con la lotta per le investiture e con il sorgere dei Comuni mutarono i primi germi fecondi dell'età nuova sul terreno della cultura, della politica, dello sviluppo sociale ed economico.
Non si può parlare di una pura età di transizione, quasi in attesa dell'età moderna. Vecchio pregiudizio, di cui peraltro la storiografia ha fatto da tempo giustizia, perché si tratta di una grande stagione storica in cui l'umanità ha cominciato ad assaporare considerevoli traguardi.
Alla base di una maggiore coltivazione di terre vergini e della creazione di nuovi insediamenti, c'é un incremento demografico prolungato e durevole che stimola la produzione e la commercializzazione dei prodotti agricoli. L'aumento della popolazione affonda le proprie radici nella ripresa economica e produttiva dell'XI Secolo e si può valutare solo in modo approssimativo (1).
All'inizio del secondo millennio la storia economica evidenzia fra l'altro l'importanza delle strutture religiose nelle varie regioni europee, per scopi non soltanto spirituali, ma anche di aiuto alle popolazioni, nei vari comparti necessari alle condizioni di vita. Nei secoli precedenti il X furono forse più frequenti i periodi in cui prevalse il tesoreggiamento (nel senso di accantonamento di risorse, una specie di rispamio moderno). Nei secoli X - XII, invece, furono più frequenti i periodi in cui prevalse il fenomeno opposto. In Italia nei secoli X - XI vescovi e monasteri spesero i loro tesori nella lotta per le investiture. Oltralpe, vescovi ed abati fecero lo stesso a favore dei vari movimenti di riforma della Chiesa. In tutta Europa, durante i secoli X -XII, una vera febbre di costruzioni religiose accelerò la mobilizzazione di tesori accumulati nei secoli precedenti (2).
Intorno all'anno 1000 papato e impero sono le due grandi quinte entro le quali si svolge la vicenda della storia medievale europea. Per la verità, dopo Gregorio Magno, il grande papa che regnò fra la fine del 500 e l'inizio del 600, pochi furono i papi che, per bontà, santità e autorevolezza, si avvicinarono a Lui; ed anche gli imperatori, dopo Carlo Magno, che nell'800 ricevette da Papa Leone III il diadema dell'incoronazione ufficiale, ebbero figure di poco rilievo. Alla fine del primo millennio cominciano secoli bui, soprattutto per la Chiesa di Roma, perché sul trono di Pietro si succedono, per quasi due secoli, papi indegni.
Mentre localmente inizia il primo millennio della nostra Chiesa, nel corso del X secolo il cristianesimo, in generale, attraversò una grave crisi che ci riguarda solo di riflesso. Giampaolo Perugi, citando autorevoli studiosi, rileva che in quel periodo l'ingerenza dei laici nella vita della Chiesa era capillare ed assillante. "Lo sviluppo del patronato e del conferimento di benefici ad opera di patroni laici, l'intromissione nelle elezioni dei vescovi (che verrà perseguita dai potenti di turno anche nei secoli seguenti, fino al periodo napoleonico e forse anche dopo), le dinastie episcopali dei membri sposati delle grandi famiglie laiche, le violenze contro i chierici e le chiese, la prassi della commenda di abbazie a beneficio dei laici, costituivano altrettanti aspetti di questa subordinazione della Chiesa al mondo laico" (3).
Si può dire che nell'istituzione papale il buio fitto comincia praticamente nell'ultima parte del primo millennio, con il macabro "Concilio del cadavere", per condannare da morto Papa Formoso, scomunicato da vescovo e assolto poi da Papa Marino I, che gli spiana la strada alla Tiara, per morire infine forse avvelenato. Continua poi un'impressionante escalation di papi indegni, nominati in gran parte dagli imperatori di Germania (4) o da congreghe di nobili romani. Dire simoniaci sembra ben poca cosa nei confronti di tutte le altre nefandezze di cui si macchiano questi papi, molti dei quali sono anche uccisi da chi li aveva fatti eleggere. La storia si complica poi con gli antipapi nominati dagli imperatori quando, per circoscanze diverse, non riuscivano ad influire sulla nomina del papa regolare. In queste circostanze vi sono papi regolari che diventano antipapi o viceversa. Papi che durano pochi mesi o poche settimane, che non si sa come muoiono o da dove vengano; si sa solo che sono voluti dal partito filogermanico. Vi sono papi molto giovani, gaudenti senza alcun ritegno. Alcuni non sono nemmeno sacerdoti: vengono ordinati preti e vescovi nello stesso giorno della designazione papale, sempre d'intesa con l'imperatore. Alcuni sono deposti, altri assassinati. Abbiamo anche papi cacciati a furor di popolo. Uno si vende il pontificato, altri abdicano.....e lo scandalo continua. Salvo qualche rara eccezione, "il buio diventa sempre più buio" osserva Nazareno Fabretti (5).
Finalmente comincia, però, ad intravedersi un certo cambiamento, o meglio una certa volontà di cambiamento. Col Concilio Lateranense del 1059 convocato da Papa Niccolò II, ai Cardinali viene riservata l'elezione del Papa, sottraendola così al clero e al popolo romano e alle pressioni che su questi ultimi venivano abitualmente esercitate dal potere laico ed imperiale (6).
Il buio fitto viene interrotto con un grande papa che regna dal 1073 al 1085: Gregorio VII, il monaco Ildebrando di Soana che ha deciso di dedicare completamente la sua vita alla Chiesa, studiando nella celebre Abbazia di Cluny. Appena eletto Papa, il suo primo pensiero fu quello di portare avanti la riforma nei costumi del clero, e, con tutti quei mezzi energici di cui egli sapeva disporre, riuscì a togliere, o almeno a frenare, i più gravi abusi degli uomini di chiesa e a rimettere in onore il celibato ecclesiastico. In tale opera riformatrice incontrò enormi difficoltà, ma con il suo carattere fermo e la costante volontà seppe portare avanti la riforma.
Il più terribile avversario di questo Papa, fu come noto, Enrico IV , imperatore di Germania, il quale, alle intimazioni di desistere dall'accordare la investitura dell'anello e del pastorale a certi suoi cortigiani indegni, rispose con rifiuti e con violenze sacrileghe. Gregorio VII non cedette mai alle prepotenze di quel monarca; e finalmente, forte dell'appoggio dei principi di Germania e dei popoli tedeschi e italiani, sicuro di difendere la causa del diritto e della più sacra delle libertà, scagliò la scomunica contro Enrico e sciolse i suoi sudditi dal giuramento di fedeltà. Enrico allora ottenne a prezzo di umiliazioni il perdono del fiero pontefice; ma la sua penitenza a Canossa fu assoluta ipocrisia. Dopo Canossa, radunò infatti conciliaboli contro Gregorio VII, fece eleggere un antipapa e marciò su Roma. Costrinse ad andare in esilio il Papa che rimase però sempre fermo nel compimento dei suoi doveri di pontefice romano, sempre inflessibile nella difesa dei diritti della Chiesa;Gregorio VII morì perseguitato, esule, martire della tirannide imperiale, ma con la coscienza di aver compiuta la sua missione sulla terra. La Chiesa lo venera come Santo.
La riforma continua, poi, con un altro Concilio Lateranense (quello del 1123, convocato da Papa Callisto II) che mette termine alla Lotta delle Investiture. Ma il cammino é ancora lungo. Nei pontificati successivi, la volontà di riforma subisce infatti un drastico rallentamento, o meglio si arresta del tutto, mentre preti, vescovi e monaci non solo sono sposati, nonostante vigesse già l'obbligo del celibato, ma anche concubini, con figli illegittimi. Con un nuovo Concilio Lateranense del 1215, celebrato sotto il pontificato del grande Innocenzo III (1198-1216), le cose cominciano a cambiare veramente, riprendendo la via tracciata da Gregorio VII.
La cattedra di Pietro passa comunque indenne anche nel mare tempestoso di questi secoli, segno evidente che c'é un qualcosa di soprannaturale che la protegge.
2) - La sede vescovile di Savona.
Mentre a Roma il cammino della storia segna per il papato quegli eventi che sopra abbiamo fugacemente ricordato, a Savona, dove la sede vescovile era giunta, come abbiamo visto da Vado sul finire del 1000, gli avvenimenti sono di segno opposto, nel senso che alla guida della chiesa locale si succedono vescovi più sensibili alla vita religiosa e particolarmente legati alle strutture locali (A Campanassa ha ricordato alcuni di quei vescovi con le figure sul vaso del Confuoco 1996, fatto dal ceramista Mirco Occelli). Nei primi due secoli del secondo millennio i vescovi savonesi si dedicano, fra l'altro, ad arricchire la Cattedrale sul Priamàr, chiamando ad operarvi artisti autorevoli.
Lo storico Franco Calcagno, in un suo saggio su "Il Letimbro" dell'8/8/1997, ha ricordato il riconoscimento e le conferme avute con i diplomi rilasciati dagli imperatori di Germania Ottone III ed Enrico II (vedi nota 4), per i possedimenti della Chiesa savonese, verso la fine del primo millennio. La giurisdizione del Vescovo savonese era in allora molto più ampia di quella attuale. Infatti i diplomi imperiali riconobbero e confermarono ai vescovi savonesi al di là del crinale appenninico, un complesso patrimoniale formato dalle pievi di Cairo, Cortemilia, Gottasecca, Millesimo, Monesiglio, Sale Langhe, e da chiese, inclusi i beni e le spettanze delle une e delle altre, e infine da possessi terrieri, talora organizzati in curtes, nelle Langhe e nella Valle Bormida.
I fatti relativi alla Chiesa savonese e su cui ci soffermeremo maggiormente in seguito, avvengono, all'incirca, nel periodo della Controriforma. Al dilagare del Protestantesimo la Chiesa cattolica, che già da un secolo, come sopra accennato, aveva sentito l'urgente bisogno di iniziare la riforma interna nel campo disciplinare e di opporre alle nuove idee che scalzavano il dogma ecclesiologico con le dottrine del libero esame e della Grazia, oppose l'argine di un concilio generale convocato da Paolo III a Trento (su cui torneremo), città intermedia tra i paesi dell'impero tedesco e l'Italia. Il Concilio si aprì il 13 Dicembre 1545 e si chiuse, dopo due interruzioni, il 4 Dicembre 1563, sotto Pio IV. Si svolse in venticinque sessioni che trattarono tutte le questioni della fede e della morale: Simbolo di Fede, Sacra Scrittura, peccato e giustificazione, Sacramenti in generale e in particolare, riforma del clero secolare (vescovi, parroci) e regolare, governo delle diocesi, istituzione dei seminari. Grande parte nell'opera della Controriforma ebbe in Germania la Compagnia di Gesù, specialmente ad opera di san Pietro Canisio, mentre in Italia corifeo della Controriforma cattolica fu l'austero e zelante san Carlo Borromeo, nipote di Pio IV (7), arcivescovo di Milano, da cui, come già accennato, dipendevano anche le diocesi liguri.
Dal punto di vista culturale, una grossa funzione civilizzatrice fu anche quella svolta dal Monachesimo. Votate al lavoro manuale o intellettuale come alla preghiera, le comunità monastiche furono a lungo le sole eredi dello spirito d'ordine e d'organizzazione latino, i soli agglomerati capaci d'ingrandirsi e di moltiplicarsi in mezzo alla dispersione e alla confusione generale (8).
Per quanto riguarda i nostri territori, la fondazione dei monasteri, con le numerose loro dipendenze e possedimenti, disseminati un po' dovunque nelle località più disparate della grande Marca Aleramica, si dimostrò ben presto una soluzione felice. Le fondazioni monastiche da parte di Aleramo iniziano presto nella parte settentrionale della sua marca, già liberata dal dominio saraceno (9) e ormai al sicuro. Mentre perduravano le operazioni militari, e prima ancora di ricevere l'investitura imperiale, Aleramo fonda, l'11 Agosto 961, l'Abbazia di Grazzano sul Po. I monasteri vengono in seguito fondati gradatamente sempre più verso sud, specialmente nelle valli del Monferrato e delle Langhe, dove maggiore era la necessità per le più estese devastazioni subite, fino ad avvicinare i loro possedimenti al mare per una facile via di commercio. Sulla Riviera, quasi in sincronismo colle fondazioni aleramiche nel Monferrato e nella valle del Tanaro, aveva già provveduto il Vescovo di Savona Bernardo, fondando, il 3 Marzo 992, il Monastero benedettino di S.Eugenio de Insula Liguriae, dotandolo di chiese e possedimenti sulla costa e nelle valli interne (10).
I monasteri entrarono nel mirino della massoneria fin dai tempi delle prime logge. Ad esempio quella di Luni, in provincia di La Spezia, si distinse per uno spiccato senso anticlericale, che manifestò nel 1865, allorché inviò al Parlamento un indirizzo nel quale sosteneva la necessità di abolire il Monachesimo e di incamerare tutti i beni ecclesiastici (11).
Oltre ai monasteri, dalle prime notizie che si hanno circa l'organizzazione della Chiesa a Savona, gli storici sono concordi nell'affermare che l'originaria sede vescovile era nella Vada Sabatia. I limiti su cui essa estendeva la propria giurisdizione: erano ad est il Torrente Lerone, presso Cogoleto; ad ovest il Torrente Pora, presso Finale; ed a sud il mare. La vita stessa della diocesi rimane avvolta nella più completa oscurità per parecchi secoli. Il principale mutamento é dato dal trasferimento della sede episcopale di San Giovanni Battista di Vado a Santa Maria di Castello, sorta già nel secolo IX sul Priamàr. Tale fatto si verificò in relazione alla decadenza di Vado nei secoli IX e X ed al suo totale misconosci-mento da parte di Savona.
3) - La riduzione territoriale della diocesi mentre dagli Aleramici
si affermano i Del Carretto.
Nella configurazione della Diocesi, un altro notevole mutamento si verificò durante la prima metà del secolo XIII. Nel 1239 venne infatti separata da essa la chiesa di Noli, che fu avocata provvisoriamente a sé dal Pontefice Gregorio IX e poi eretta in diocesi indipendente (12).
Una dettagliata analisi sulla Chiesa savonese nel XII secolo é stata fatta da Valeria Polonio a cui rimadiamo. Preme però sottolineare che, a parte le sporadiche notizie di età antica e altomedievale, Savona si affaccia alla storia in maniera definita e continuativa all'ombra del vescovo; e, bisogna aggiungere, all'ombra dell'impero. I sovrani di casa sassone - forse già Ottone I o certamente ottone II - si interessano all'episcopato savonese. Vi é una certa corrispondenza tra vescovo e sovrano e qui sta la matrice di un duplice fenomeno, destinato a segnare le vicende savonesi per un paio di secoli, sia pure in termini che si adegueranno al mutare dei tempi: da un lato l'incremento di un solido patrimonio episcopale, sorretto da buoni elementi di capacità temporale; dall'altro il solidale affiancamento dei vescovi alle vicende della città (13).
Nei primi secoli del secondo millennio cominciano i periodi bui del papato ed anche l'Italia é ormai diventata da tempo feudo della corona germanica che fa sentire su tutto, compresa la vita religiosa, il suo potere assoluto.
Fra il primo e il secondo millennio il periodo di transizione é piuttosto lungo perché cambiano non solo le condizioni di vita, ma anche il sistema amministrativo locale. Non é da credere che vi fosse una netta separazione e un costante contrasto fra la società cittadina e la società rurale. Esse erano integrate economicamente e collegate socialmente. I nobili di Savona e Noli, come quelli di Genova e di Albenga, possedevano allodi, livelli e feudi nel territorio della Marca Aleramica e avevano relazioni di interesse e di parentela con i marchesi e i loro vassalli. Comune a tutti era lo sfruttamento economico del territorio. Come a Genova e ad Albenga, il ceto dirigente e mercantile si identificava con i possessori fondiari, inseriti nel sistema feudale, la cui stabilità era rappresentata dai marchesi. Sistema unico, ma componenti diverse: una di queste era la società cittadina, indubbiamente elemento dinamico. Il problema pertanto non é quello di una contrapposizione, ma di una graduale ridifinizione del ruolo spettante alle varie parti, fino a che i successivi aggiustamenti non sfoceranno nell'instaurazio-ne di un nuovo sistema sociale ed economico che, in un certo senso può dirsi rivoluzionario.
La frammentazione dell'antico territorio vadense, non fu determinata soltanto dall'ascesa delle aristocrazie savonesi e nolesi, ma anche dalle divisioni che si verificarono fra i vari rami aleramici (14). Possiamo considerare Enrico il Guercio, Marchese di Savona (figlio, con altri sei fratelli, del famoso Bonifacio, Marchese del Vasto), come l'iniziatore della grande famiglia dei Del Carretto, casato che si può presumere si sia sviluppato nelle nostre zone attorno all'anno 1179 (o 1186). Il Marchese Ottone del Carretto, figlio primogenito di Enrico il Guercio (con quattro successivi fratelli), probabilmente assunse l'indicazione "Del Carretto", quando nella zona omonima (periferica, in quello che é oggi il Comune di Cairo Montenotte), trasferì la sua famiglia in seguito alla vendita delle terre, nella fascia costiera, ai Consoli del Comune di Savona, avvenuta come noto il 10 Aprile 1191 (15). A questa data si fa risalire la nascita del Comune.
Il trasferimento della sede Vescovile da Vado a Savona avvenne comunque attraverso alterne vicende. Gli Aleramici, che già nel 991, in occasione della fondazione di Spigno (Abbazia di San Quintino), avevano espressamente ricordato il Vescovo di Vado, evidentemente non riconoscevano l'importanza acquisita da Savona e le negavano la dignità di sede comitale e vescovile, quindi di città. Le tensioni con i nobili savonesi si facevano dunque sentire. Il vescovo, sebbene il suo trasferimento a Savona non avesse nociuto ai buoni rapporti con i marchesi, ritenne opportuno abbandonare temporaneamente il titolo di savonese e riassumere quello di vadense in occasione di una controversia, sottoposta al giudizio del placito marchionale, con gli uomini di Noli. Questa, del 23 Febbraio 1004, é l'ultima testimonianza di una Diocesi e di un Comitato di Vado. D'ora innanzi si tratterà sempre di Diocesi e di Comitato o Marca di Savona (16).
Attorno alla citata affermazione del Verzellino che pone nel 992 il trasferimento della sede vescovile da Vado a Savona, si é aperto un approfondimento fra storici, perché alcuni pongono l'avvenuto trasferimento addirittura a un secolo prima. Carlo Varaldo, in un saggio pubblicato sulla Rivista Ingauna e Intemelia, circa un pezzo di rilievo marmoreo rinvenuto nel corso di scavi sul Priamàr, nell'area dove sorgeva la vecchia Cattedrale, dopo averlo descritto accuratamente, ponendolo in relazione ad altri reperti analoghi, ritrovati in altri luoghi, osserva che la sua presenza acquista così valore di testimonianza sui primi lavori di riorganizzazione della cittadella del Priamàr e ci suggerisce di anticipare alla prima metà del IX secolo quel ritorno definitivo in Savona della popolazione sabazia che si voleva, finora, datare solo nella seconda metà di quello stesso secolo. Col ritorno di tale popolazione e la costruzione o ricostruzione della Cattedrale, di cui il "rilievo" ritrovato é preziosa testimonianza, si trasferisce in Savona anche il vescovo che nell'867 conservava ancora, per quanto forse già insediato a Savona, il titolo di vadensis episcopus, mentre vent'anni dopo, nell'887, abbiamo la prima esplicita attestazione di venerabilis episcopus saonensis Romolo, nel placito astigiano del conte Oldorico, in cui é ricordato anche il castrum fortificato sul Priamàr (17).
Sempre dal Varaldo, le osservazioni sviluppate richiamando i più antichi scrittori che si sono occupati dell'argomento (a partire dallo Zuccarello nel suo lavoro manoscritto del 1533), pongono quale primo vescovo Giovanni I che avrebbe retto la chiesa savonese per venticinque anni, a partire dal 967. Tesi questa assai vicina a quella sostenuta, tre secoli prima, dal Sindaco del Comune di Noli, Giovanni Ugolino, che, nel 1262, richiesto sulla data dell'insediamento del primo Vescovo rispondeva " iam sunt anni 300, de pluribus non credi". Anche per Noli, quindi, la sede vescovile savonese era nata nella seconda metà del X secolo, nel momento in cui l'impero avviava, con gli Ottoni, una vigorosa politica di restaurazione del potere centrale e, parallelamente, la Chiesa riorganizzava il suo sistema diocesano (18).
Gli storici, compreso il Varaldo, sono comunque concordi nell'affermare che la definitiva approvazione del passaggio della sede vescovile da Vado a Savona avvenne solo alla fine del X secolo ad opera del papa Gregorio V (Brunone di Carinzia, figlio del duca Ottone, cugino dell'imperatore Ottone III, che lo stima e medita per lui una sicura carriera). Infatti viene eletto papa a soli 24 anni, il 3 Maggio 996 e incoronato il 21, (da Nazareno Fabbretti, I Vescovi di Roma, Edizioni Paoline, 1987, pag. 138), e quindi si può ritenere il già visto 992 come l'anno del passaggio.
Ottone III, imperatore del Sacro Romano Impero della nazione germanica, con i diplomi imperiali degli anni 998 e 999, e successivamente Enrico II (dopo la parentesi di Arduino, marchese d'Ivrea, creato Re d'Italia, a seguito della rivolta dei vassalli che si erano ribellati all'impero, e che viene però sconfitto e si ritira nel Monastero di Fruttaria nel Canavese) col diploma imperiale del 1014, confermano i privilegi e le terre spettanti alla Chiesa di S.Maria sul Priamàr e al Vescovo di Savona (19).
4) - La Cattedrale sul Priamàr e i primi verscovi.
Nel frattempo, alla guida della Chiesa savonese si succedono vescovi che provvedono all'abbellimento della Cattedrale sul Priamàr e i marchesi Del Carretto comprendono che i tempi stanno mutando velocemente; così assecondano il cambiamento cedendo le loro terre al nascente Comune di Savona, con contratti di compravendita. L'atto pubblico più importante di questo periodo, che consacra ufficialmente il nuovo orientamento é, come sopra accennato, quello del 10 Aprile 1191, con cui "Odo de Carreto, Dei gratia Saone marchio", vende una parte considerevole delle sue terre ai Consoli del Comune di Savona (20).
Nei "Registri della Catena del Comune di Savona", si trovano poi indicati nella loro stesura completa, altri importanti atti, come ad esempio quello del 18 Novembre 1191, con cui Enrico VI, su richiesta di Ambrogio, vescovo di Savona, prende sotto la sua protezione la città di Savona, confermando ai cittadini possessi e diritti, in particolare la vendita effettuata da Ottone del Carretto, del 10 Aprile 1191 (pag. 14, op.cit. nella seconda parte di nota 20); o quello del 14 Aprile 1193, con cui Guglielmo de Turre e Soldano di Alba, procuratori di Enrico del Carretto, rilasciano quietanza al Comune di Savona di 5.000 lire di genovini per la vendita di Quiliano (pag. 17, op.cit. nella seconda parte di nota 20).
Interessante notare, come rileva don Pio Giovanni Battista che i due fratelli Ottone ed Enrico del Carretto succedettero al padre Enrico il Guercio in piena rivoluzione sociale. Il soffio di libertà, che ardente cominciò a spirare sotto il mite regime temporale dei vescovi nel secolo XI, doveva a poco a poco scuotere tutto l'ordinamento politico delle città, castelli, ville, borghi e corti e preparare il terreno alla costituzione dei liberi comuni (21).
Nei primi anni di vita del libero Comune di Savona, molto spesso, il Vescovo partecipa con i consoli alla stipulazione dei principali atti cittadini; molti dei quali vengono rogati nella Chiesa di San Pietro il Vecchio, vicino alla Torre del Brandale, o in Piazza del Brandale (platea Brandalis). Il Vescovo funge anche da mediatore per la stipulazione di convenzioni, senza il pagamento di particolari diritti (in allora molto in uso) con gli "uomini" di Comuni vicini per l'utilizzo dei boschi o delle vie di comunicazione. Ultimata la stipulazione della convenzione, con la solennità degli abiti pontificali, riceve poi in Vescovato le parti contraenti che gli rendono omaggio.
Vi é ora da accennare che, con tutta probabilità, sulla cattedra vescovile savonese, nel corso della seconda parte del XII secolo, sedette un vescovo scismatico, nominato dall'Imperatore Federico I detto il Barbarossa, che a seguito del grave dissidio col Papa legittimo Alessandro III, aveva fatto eleggere l'antipapa Vittore IV. La nomina di questo vescovo, probabilmente si deve ad un doppio ordine di fattori: nel respingere da parte dei savonesi la sudditanza a Genova, gli stessi si erano posti nell'orbita imperiale; inoltre il capostipite dei Del Carretto, il Marchese di Savona Enrico, uomo fedele all'imperatore, per suo conto aveva svolto importanti incarichi diplomatici. Si tratta del Vescovo Guido De Lomello (1163-1184), che peraltro la tradizione savonese ricorda come uomo di santa vita, tanto da essere considerato Santo. E qui appare una curiosa analogia con il Beato Ottaviano, il vescovo savonese morto nel 1133, che nel precedente scisma di Anacleto aveva parteggiato per Papa Innocenzo. Questo fatto induce al sospetto che Guido De Lomello si sia adoperato per l'unità della Chiesa cattolica, evitando di aderire al proseguimento dello scisma dopo la morte di Vittore IV (22 Aprile 1164), quando cioè Rinaldo di Dassel, arcicancelliere e arcivescovo di Colonia, impose come antipapa Guido da Crema, col nome di Pasquale III. E' verosimile che Guido De Lomello avesse compreso la scarsa affidabilità della chiesa scismatica e l'orientamento del suo popolo savonese tendente ad un ritorno all'obbedienza religiosa alla santa romana Chiesa, anche sull'esempio di Genova, che al ritorno in Italia di Alessandro III riprese subito a sostenerne le parti. Non é da escludere che il Vescovo Guido, quando fu inviato a Savona, fosse poco più che trentenne, avendo alle spalle buoni studi giuridici. Gran parte del clero e del popolo savonese deve aver accettato di buon grado la designazione imperiale, appoggiata dal marchese Enrico (22). Circa la santità di questo Vescovo, una testimonianza in tal senso si ha anche da parte di Filippo Noberasco che, in un suo studio sulla peste e sui contagi nel Savonese, cita cronisti del tempo e documenti d'archivio. Nel 1010 fame e peste imperversarono tanto che la gente era sepolta spesso ancor viva. Savona ne sofferse molto, come nel 1028, in cui morirono metà dei cittadini. Minor danno subì, forse, nel 1094. Ma fu tremendo il 1181 e le cronache ricordano l'opera immensamente caritatevole del vescovo cittadino beato Guido da Lomello (23).
Il Papato sta attraversando un periodo molto difficile. Nei primi due secoli del secondo millennio, dal 999 al 1198, nonostante il pontificato di Alessandro III (il senese Rolando Bandinelli) che durò 22 anni, si succedono ben 34 Papi e 10 antipapi. Le diverse obbedienze fra papi e antipapi provocano poi una quantità di complicazioni amministrative, una dispersione nelle rendite dei beni ecclesiastici, un disorientamento negli animi, una facilità alla disobbedienza. La stessa nomina di Papa Alessandro III, che in un primo tempo non aveva accettato la designazione da parte di una maggioranza netta, permise agli avversari, in minoranza, di fare un gesto di forza, proclamando eletto il loro candidato (Ottaviano da Montecchio), col nome di Vittore IV (che in realtà, come osserva Nazareno Fabbretti, op.cit. pag. 338, é Vittore V, essendoci stato l'antipapa Vittore IV, Ruggero Gregorio Conti nel 1138). Il cardinale Bandinelli - che non era ancora stato canonicamente eletto al momento in cui l'altro si era insediato, ma solo designato dalla maggioranza - vedendo che non c'erano più speranze di mettere fine all'incidente si decise di farsi proclamare papa e rivestire il manto, che era l'insegna più caratteristica del grado, assumendo il nome di Alessandro III (24). Fu comunque un Papa energico che seppe tener testa molto bene alle pretese imperiali di interferire nella Chiesa in ogni modo possibile, designando fra l'altro vescovi e papi.
L'accenno fatto sopra al Santo Vescovo di Savona Ottaviano, che già abbiamo incontrato nello svolgimento di questo lavoro, deve essere brevemente ripreso, perché due recenti opere sulla sua vita (dopo quella del secolo scorso dovuta a don Queirolo), permettono di approfondire meglio le condizioni di Savona in quel periodo, nel complesso piuttosto disagiate. Pestilenze e carestie di alternavano con una certa frequenza. Le migliori possibilità di vita riguardavano il ceto nobiliare, le cui famiglie disponevano di ampie estensioni terriere da cui si ricavavano redditi discreti; ma coloro che lavoravano la terra, solitamente, riuscivano solo a trarne il necessario per vivere, dati i frequenti rischi nell'andamento stagionale. Erano in buone condizioni anche gli artigiani (comprendendo in questa categoria tutti coloro che producevano un qualcosa, come ad esempio, ferrai, panettieri, lanieri, falegnami, ecc.), i mercanti e i rappresentanti delle varie "arti", ciascuna delle quali era riunita nella "corporazione", con un proprio statuto che doveva essere seguito diligentemente, pena l'espulsione che poteva provocare la mancanza del lavoro.
Già si é accennato allo stretto collegamento fra il Vescovo e l'Autorità locale civile. Il rapporto fra i savonesi ed un Vescovo come Ottaviano, diventa ogni giorno più intenso. E' un popolo che, oltre al lavoro, al pane quotidiano, alle possibilità di vita, cerca soprattutto la libertà. Creare un libero Comune: ecco quello che chiedono i savonesi al tempo di Ottaviano (25).
C'é stato un tempo durante il quale le due anime di questa città, quella civile e quella religiosa, hanno saputo convivere in modo fecondo. Un tempo durante il quale la comunità che si raccoglieva sotto la torre del Comune al rintocco della Campanassa era la stessa che, chiamata a raccolta dal campanile di Santa Maria Assunta, si stringeva intorno alla cattedra del vescovo cittadino, e i Savonesi avevano trovato in un unico simbolo, più potente della torre del Comune e financo più attraente della stessa Cattedrale, la propria ragion d'essere: il santo corpo del beato Ottaviano (26).
5) - Cenni sul vecchio Priamàr.
E' noto come verso la fine del primo millennio, nell'intento di arginare la potenza e l'ambizione dei conti e dei marchesi, gli imperatori pensarono di contrapporre all'autorità comitale e marchionale quella dei vescovi, a cui perciò furono larghi di privilegi e di prerogative temporali. L'antagonismo degenerò ben presto in conflitto, e intorno ai vescovi, che rappresentano in quel momento storico la protesta e la reazione della forza morale contro la violenza armata dei feudatari, il principio della libertà contro il dispotismo, si strinse il popolo, ossia la moltitudine degli oppressi anelante di scuotere il giogo degli oppressori. Nel nostro territorio, capoluogo del comitato e sede del conte e del vescovo era Vado: ma il fermento della reazione apiscopale aveva come centro il castello di Savona, sulla rocca del Priamàr, ben protetto con fossato e difeso da mura (27).
Il trasferimento della sede vescovile da Vado a Savona sul Priamàr, avvenne per opera del Vescovo don Bernardo (eletto nel 992 e morto nel 999). Si può dire pertanto che stia compiendosi il primo millennio della Chiesa savonese, al cui ricordo "A Campanassa" dedicherà particolare attenzione.
Sulla Rocca del Priamàr, accanto al castello, era già stata eretta una Chiesa Cattedrale, secondo il Verzellino ".....da vescovi di gran valore e bontà; alcuni dei quali sono tenuti santi, ed altri beati, altri furono arcivescovi e cardinali, altri salirono al sommo pontificato" (28), denominata in un primo tempo Santa Maria di Priamare e poi Santa Maria di Castello, dedicata all'Assunta (la cui festa si celebra come noto il 15 Agosto).
Della Cattedrale sul Priamar ne parla diffusamente il volume intitolato appunto "IL PRIAMAR", pubblicato nel 1959 dalla Società Savonese di Storia Patria, sotto gli auspici della Cassa di Risparmio di Savona, nel capitolo secondo: Il Priamar dal Secolo XI al Secolo XVI (testimonianze di cronisti savonesi raccolte da Italo Scovazzi e G.B.Nicolò Besio). Nulla ripugna a credere che entro il recinto del Castello si ergesse ab antiquo un tempio pagano, i cui resti e le cui appartenenze sarebbero, in seguito allo stabilimento del Cristianesimo in Liguria, passati al patrimonio della Chiesa Romana confiscato e poi restituito dai re Longobardi. E' tradizione raccolta dai più antichi e accreditati storiografi di Savona che la Cattedrale di Santa Maria di Castello sia stata eretta sui ruderi di un tempio romano (29).
Il Gallotti, nel suo recente volume sulle Chiese di Savona pone l'erezione della Cattedrale tra l'825 e l'887. L'antico Duomo di Savona si trovava nel vecchio centro della città.... ed era insieme all'annesso Palazzo Vescovile, l'edificio di maggiore importanza per la città (30). Il Vescovo Bernardo e i suoi successori, compreso il Beato Ottaviano, contribuirono molto ad arricchire e ornare artisticamente la Cattedrale sul Priamàr. Opera che, si può dire, continuò praticamente fino al 1500, quando iniziarono le distruzioni dei genovesi. La ricchezza delle opere fatte é testimoniata dalla descrizione giunta fino a noi del Notaio Ottobono Giordano (riportata alle pagg. 31-34 del volume citato in nota 31).
Chi oggi visita il Priamàr deve fare uno sforzo mentale non indifferente per immaginare cosa fosse, come si presentasse quella collina prima che Genova vi imponesse, a partire dal 1542, la vasta costruzione militare attualmente esistente: quasi un promontorio proteso sulla piana alluvionale e sul mare, articolato in tre alture e collegato alle propaggini collinari a nord attraverso una sottile dorsale, interamente ricoperto di edifici che raggiungevano, in alcune zone, una particolare densità (31).
Opere recenti di studiosi savonesi, sono concordi nel sottolineare in tutte le sue componenti l'importanza della vita sociale, che si svolgeva sul Priamàr e la rilevanza della vita religiosa che aveva il suo fulcro attorno al Duomo. La Cattedrale e il Palazzo vescovile alla fine del XV secolo e agli inizi del Cinquecento, per impulso dei due papi savonesi Sisto IV e Giulio II, beneficiarono di vasti miglioramenti. Intorno all'ottavo decennio del Quattrocento, l'antico battistero ottagonale veniva incluso nel perimetro della chiesa, dando origine ad una prima grande cappella laterale sinistra , cui ne verrà affiancata una seconda nel 1485 proprio all'ingresso dell'edificio. L'interno verrà abbondantemente trasformato e arricchito di preziose opere d'arte. Così pure il palazzo vescovile avrà una nuova facciata e una loggetta rivolta verso il retrostante giardino e la città al piano (32).
Qui rinacque la città medievale che dall'alto del colle si sviluppò progressivamente al piano, attorno all'insenatura portuale, fin da allora fulcro vitale dell'economia savonese. La Cattedrale di Santa Maria di Castello con il palazzo vescovile e la sede del Capitolo dei canonici ne fecero una vera e propria cittadella religiosa, ulteriormente valorizzata, in questa veste, dagli insediamenti religiosi basso-medioevali (chiesa e convento domenicano, i dieci oratori dei Disciplinati, il monastero delle Recluse, l'Ospedale Grande di Misericordia, quello di S.Paolo e quello dei Calegari) che presero il posto delle primitive residenze dell'aristocrazia comunale, di cui i documenti della fine del XII secolo ricordano numerose torri (33).
Attraverso la Cattedrale sul Priamàr e i vari conventi fiorenti in città fra il 400 e il 500, la Chiesa savonese partecipa in modo diretto all'affermazione e ai successi di Savona. Questi hanno il loro culmine con i due Pontificati Rovereschi, specie il secondo, quello di Giulio II dal 1503 al 1513. Il Papa guerriero che non sa stare senza menare le mani perché guida di persona a cavallo il proprio esercito a difesa della sua potestà temporale (34), ma fortunatamente Savona lo conosce sotto un'altra luce.
Grazie a Gio Agostino Abate, cronista savonese, nato nel 1495 (recentemente si é ricordato il quinto centenario della nascita), che espletò per il Comune di Savona numerose mansioni pubbliche, abbiamo molte notizie su quel periodo. Ricoperse le cariche di razionale, di Anziano, di massaro e fu membro di svariate commissioni. Anima ardente e fiera, nel 1508 e nel 1515, difese la città sua contro le prepotenze genovesi, da provetto tirator di balestra ch'egli era: nel 1522 fu castellano di S.Giorgio (35).
Fra gli altri, hanno commentato le sue "Cronache Savonesi dal 1500 al 1570", Giulio Fiaschini e Carlo Varaldo nel volume su "La Madonna di Savona", pubblicato dalla Cassa di Risparmio di Savona, per mezzo di Marco Sabatelli nel 1985; mentre Guido Mazzitelli ha curato la pubblicazione di un volume sulle "Cronache", edito sempre da Marco Sabatelli nel 1990. Il commento di questi autorevoli cultori di storia locale é estremamente utile per comprendere meglio le vicende del XVI secolo, così ricco per Savona di eventi lieti e tristi, che ancora oggi, in parte, sembrano avere qualche riflesso sulla nostra vita sociale ed economica.
E' anche significativo rilevare come la situazione della Chiesa savonese, nata su solide basi e condotta da uomini che salirono all'onore degli altari, come il Vescovo Ottaviano, sia strettamente interconnessa con le vicende della città. Dagli atti e dai documenti conservati negli archivi, si rileva infatti che il Vescovo é quasi sempre presente, accanto ai Consoli del Comune, alle stipulazioni più importanti.
6) - La situazione di Savona nei primi secoli del 1000.
Le confraternite, associazioni di laici per l'esercizio di opere di pietà e di carità, contribuiscono ad allargare l'attività della chiesa verso il sociale. Nell'antica Cattedrale del Priamar esiste anche la "Consorzia di Santa Maria" (é uno dei pochi casi di Confraternita femminile). Il testo dello statuto é del 1452, ma l'esistenza documentata della Consorzia può essere ascritta almeno al secolo XIII, avendo riguardo al riferimento contenuto nell'elenco delle indulgenze, ad opera di ciscun papa ed in particolare a Clemente IV, primo papa elargitore di indulgenze a questa Consorzia, il cui pontificato si colloca appunto tra il 1265 e il 1268 (36).
Un codice trecentesco custodito nell'Archivio Vescovile di Savona, riguardante il più antico inventario (1336) della Masseria della Cattedrale di Santa Maria in Savona, consente non solo di avere un'idea quantitativa degli arredi liturgici - in particolare degli argenti, dei paramenti e dei volumi - della Cattedrale paleocristiana di Santa Maria in Savona, distrutta nel 1543, ma di farsi un'idea della civiltà ligure del basso Medio Evo, evoluta e raffinata, fervida di traffici e ricca di fede.
Caso strano, ma non insolito, questo manoscritto é del tutto inedito. Antichità intriseca a parte, esso é il primo inventario significativo di Savona, il primo (se non unico) documento rimasto della Masseria della Cattedrale sul Priamar, e gli elenchi degli arredi, corredati sovente da generosi particolari, non sono certo inutili, sia per lumeggiare le suppellettili e la liturgia d'una cattedrale (e di conseguenza d'una diocesi) d'alta origine, sia - in discorso più esteso - per contribuire ad una panoramica delle diocesi settentrionali in un periodo tutt'altro che marginale nel divenire storico, relativo all'Europa come al Papato.
Cosa molto importante per lo scopo che si prefigge questa nota, il documento fa inoltre intuire aspetti di vita quotidiana nelle sue variegate situazioni di costume, di tenore socio-economico, di raffinatezza e benessere di una città affacciata sul mare, Savona, fiorente di traffici e commerci, con interessi economici su molte coste dell'universo mediterraneo e del Mar Nero, al vertice della sua potenza (e consapevole di ciò) alla vigilia dell'immane catastrofe dell'epidemia pestilenziale. Al tramonto in altre parole, di un'epoca giacché é convincente collocare con la grande peste il termine simbolico dell'Evo Medio (37).
Dopo l'affermazione savonese, lo sviluppo e l'importanza del comparto portuale, produttore di ricchezza e di lavoro, nella prima parte del 500, arrivano per Savona tempi molto tristi. La storia é nota: la Serenissima Repubblica aristocratica di Genova non tollera più la rivale Savona e decide di annientarla definitivamente. I punti salienti dell'azione sono: la distruzione delle mura, la demolizione parziale delle torri (compresa quella del Brandale, che sarà ripristinata solo quattro secoli dopo proprio dall'Associazione "A Campanassa"), l'interramento del porto e l'abbattimento di tutto ciò che é stato costruito nei secoli sul Priamar, compresa ovviamente la Cattedrale, per fare posto alla fortezza.
L'ultimo atto, di estremo dolore per i savonesi, avviene il 24 Aprile 1543: il Vescovo, rivestito dei paramenti sacri, nella pienezza del suo sacerdozio, circondato dai sacerdoti, dal Capitolo della Cattedrale e da un Popolo che piangendo di dolore fa ala al Suo passaggio, certamente sotto la protezione dei suoi predecessori Santi che hanno retto la cattedra savonese, stringendo al petto il Santissimo lo trasporta piangendo alla Chiesa di San Pietro il vecchio, altro luogo di culto molto caro ai savonesi perché in quella Chiesa, il 10 Aprile 1191 é stato stipulato l'atto che sanciva la nascita del libero Comune, vicino alla torre del Brandale che sta per essere parzialmente abbattuta, come tutte le altre torri della città. E' l'ultimo atto, subito seguito dall'ordine dell'Autorità civile, rappresentata dal Podestà genovese, per vietare ai fedeli di entrare nel vecchio Duomo. Nel 1590 l'antica Cattedrale era ancora in piedi nella parte muraria, ma destinata ad usi sordidi e a caserma di soldati (38). La sua distruzione materiale, non cancellerà però mai dalla mente dei savonesi il ricordo di quei fatti tragici e tristi, tramandati da padre in figlio, ormai entrati e ben presenti nella storia della nostra città, testimoniando nei secoli la scemenza e la cattiveria degli uomini.
La sede della Cattedrale, come accennato, passò dapprima alla vetusta Chiesa di San Pietro il vecchio presso il Brandale, ma essendo essa troppo angusta, per bolla di Paolo IV, il 9 Settembre 1556, fu trasferita nel minoritico di San Francesco (su cui torneremo). Era questa una chiesa antica anch'essa, fondata nel 1259. D'un romanico puro, con campanile alto e snello, era assai capace, ricca di 11 altari, di sculture, di affreschi tre e qattrocenteschi. Deteriorata però dai secoli, necessitava di restauri costosissimi, onde si pensò essere migliore avviso demolirla per dare alla città una nuova Cattedrale grande e degna (39).
Mettono emozione le parole del Lamboglia, quando descrive quegli eventi. Le storie del secolo XVI ci narrano in termini vivi e ancora attuali le vicende e i lutti dei cittadini savonesi, costretti ad abbandonare nello spazio di 24 ore la parte più sacra della loro città, sede del Vescovo, della Cattedrale, di numerose chiese ed oratori, del primitivo castello e di edifici pubblici e privati, già difesa da poderose mura, per trasformarla in un unico fortilizio rivolto innanzi tutto contro la città stessa.....Di fatto scomparve allora la Savona monumentale dei secoli XI, XII e XIII, e se ne trovano oggi soltanto i resti, rasi al suolo o quasi, sotto le macerie e sotto gli impianti militari che hanno profondamente trasformato il terreno. La più antica acropoli rivolta ad Oriente e a guardia del porto, il Castello di S.Giorgio, orgoglio e difesa della Savona medioevale e probabile sede del primitivo oppido dei Liguri Sabazi e del castello bizantino, fu addirittura tagliata ed asportata. La Cattedrale di S.Maria, con sadismo o cinismo religioso incredibile in pieno Rinascimento, fu spogliata, diroccata e rasa al suolo, e solo recentemente, con l'aiuto di una pianta anteriore alla distruzione e mediante lo scavo, é stato possibile ricostruirne i limiti e fissarne la posizione; essa conserva elementi medioevali soltanto nell'abside, che aveva in origine forma poligonale, con una cripta a balconata aperta sul mare; ma un fortino tedesco dell'ultima guerra, installato proprio al centro e al posto dell'altare, ha completato la distruzione e reso più difficile scoprirne le fasi più antiche, mentre la fase ultima dell'edificio distrutto, a tre navate, appartiene al secolo XV (40).
Gli storici ci hanno già descritto la crisi di estrema gravità che, in seguito a quei fatti, colpì Savona in tutti i settori. I savonesi in quel momento erano soli, ma un fatto miracoloso, avvenuto pochi anni prima nella Valle del Letimbro (41), di cui era stato protagonista uno di loro, scelto dai disegni divini fra i più umili: Antonio Botta, poi proclamato beato a furor di popolo, contribuiva all'inizio del loro riscatto.
Scrive il Fiaschini che lo spettacoloso concorso delle folle miracolate e postulanti, il culto che si sviluppò, dando origine ad un santuario mariano famoso, appartengono a una storia che non é più solo di Savona e che non é più solo storia. I Savonesi ritrovarono al Santuario un polo di aggregazione sociale: e la chiesa che immediatamente sorse, fu voluta a furor di popolo.......quasi a sostituire idealmente la splendida Cattedrale che stava per essere perduta (42).
La crisi nella quale Savona rimarrà fossilizzata per quasi tre secoli é peraltro evidente dall'andamento demografico, in continua inarrestabile contrazione: 18-20.000 abitanti nei primi anni del 500 nel centro urbano; 14.000 nel 1569; 9000 nel 1594; 8.339 nel 1629; 6205 nel 1667; in netto contrasto con l'andamento demografico dell'intero dominio genovese che cresce, invece, fra il 1535 ed il 1608 di oltre il 30% (43). Con tutti i problemi che ne conseguono, di questo quadro sono un'eloquente testimonianza gli stessi atti del Consiglio Grande della città che, con sempre maggiore frequenza deve far fronte a gravi problemi di sopravvivenza, distribuendo quantitativi di pane ai poveri e cercando di venir incontro alle sempre più impellenti necessità della popolazione, come tanto spesso si sente ripetere negli atti ufficiali (44).
Nel pieno di questa situazione, i savonesi pensano sempre ad avere una nuova Cattedrale. L'8 Aprile 1585 infatti il Consiglio Grande deliberava all'unanimità di erigere una nuova Cattedrale, con un primo stanziamento di 20.000 lire genovesi, da versarsi nell'arco di 10 anni. Dopo il difficilissimo lavoro preparatorio del Vescovo G.B. Centurione che resse la Chiesa savonese solo per tre anni, dal 1584 al 1587, il 19 Luglio 1589 il nuovo Vescovo Pietro Francesco Costa poteva iniziare, a due anni dal suo ingresso in diocesi, la grande impresa, e portarla a compimento, fra enormi difficoltà e immensi sacrifici. Fu questo il Vescovo più dinamico della serie, che rifuse l'episcopio, contribuendo del suo, con 2000 scudi d'oro, riordinò il capitolo, favorì gli ospedali e fece doni al duomo. Durante il suo pontificato, dal 1587 al 1624, seguirono la fondazione dei Minimi, dei Gesuiti, degli Scolopi (45).
Per sottolineare l'intima interconnessione esistente fra la popolazione, la vecchia Cattedrale sul Priamar e la nuova da costruire (dopo il funzionamento provvisorio della Chiesa di San Francesco il vecchio), bisogna dire che a sostenere interamente il peso per la nuova chiesa della diocesi fu la città, che vediamo tutta protesa in questo grande sforzo, pur toccando in quegli anni, come già accennato, il più drammatico momento della sua storia, dopo il tracollo del 1528, che l'aveva portata ad una disastrosa situazione economica. Pare che per la demolizione di San Francesco il vecchio e per l'erezione della nuova Cattedrale si spendessero 150.000 lire genovesi, delle quali 50.000 pagate dal Comune di Savona, e le rimanenti procurate dal Vescovo, per lo più tramite le pie offerte dei cittadini. Il 25 Aprile 1605, venti anni dopo la delibera del Consiglio Grande, il Vescovo Costa, dopo il canto solenne del Te Deum, consacrava la nuova Cattedrale che prendeva il posto di quella sul Priamar distrutta dai genovesi (46).
Nessun documento ci attesta l'iniziale ampiezza del recinto della Fortezza; pare però che in un primo momento essa abbracciasse soltanto l'area del Castel Nuovo e quella del Castello di S.Maria con la Cattedrale, anche se naturalmente molto più vasta era l'area in cui ogni costruzione fu demolita, per creare attorno alle fortificazioni un'area di rispetto e sicurezza; nel 1550 veniva iniziata la demolizione dell'annesso castello di S. Giorgio e tale notizia potrebbe far pensare ad un progetto di ampliamento in tale direzione delle fortificazioni (47)
E' difficile pensare che i lavori della nuova fortezza proseguissero al di fuori di un preesistente progetto globale; più facile é invece immaginare che le autorità genovesi volutamente non fornissero ai savonesi informazioni complete sui programmi previsti, preferendo attuare un provvedimento dopo l'altro, a stillicidio, anche per evitare qualunque possibile manifestazione di protesta. Evidentemente le autorità genovesi (e tra esse il genovese podestà di Savona) temevano qualche disordine popolare qualora i savonesi avessero percepito in modo chiaro e globale l'entità delle distruzioni che le nuove opere dovevano necessariamente arrecare alla città, per ottenere una fortezza "inespugnabile". Probabilmente, quindi, fu una scelta ben determinata quella di fornire le notizie sui lavori di demolizione necessari solo all'ultimo momento, edificio dopo edificio, senza che mai vi fosse alcuna certezza, ma lasciando forse solo delle speranze, che puntualmente dovevano essere deluse (48).
Già abbiamo accennato sopra come i savonesi si sottoposero a pesanti sacrifici per finanziare la costruzione della nuova Cattedrale. E' interessante ora osservare che anche le demolizioni del Priamàr, praticamente furono finanziate dalla città. Risulta infatti che in quell'anno (1542) a Savona fu aumentata considerevolmente la gabella del vino, i cui proventi garantirono la restituzione di un prestito ottrenuto dal Banco di San Giorgio per la costruzione della fortezza (49).
7) - La Chiesa savonese durante il predominio di Genova.
Purtroppo mentre la Repubblica Aristocratica di Genova attuava il suo piano contro Savona, eliminando anche importanti luoghi di culto per far posto alla fortezza sul Priamàr, il governo dei vescovi savonesi é piuttosto blando, per non dire inesistente, perché per molti anni, ad intervalli consistenti di tempo, si limitano a prendere le rendite della diocesi, ma spesso non risiedono a Savona, lasciando al loro posto "luogotenenti" non sempre inclini alle cose spirituali..
La difesa, ammesso che qualcosa in quella situazione si potesse ancora fare, pesa quindi in maniera quasi completa sull'Autorità civile e sul Consiglio degli Anziani la cui sede é nel Palazzo del Brandale o dell'Anziania.
In gran parte si succedono sulla cattedra del Beato Ottaviano (50) prelati che vivono a Roma o altrove e che considerano il vescovado di Savona come una delle tante cariche, più o meno redditizie, e che lasciano la guida della diocesi, in mano ad un vicario generale, spesso non all'altezza del compito e comunque sempre privo dell'autorità che gli sarebbe stata necessaria, in un momento, come sopra accennato, che ve ne sarebbe stato estremo bisogno per tutelare la Chiesa savonese. Ai vescovi della casata Della Rovere subentrano, nel corso del secolo XVI, i genovesi Fieschi: Giacomo, Nicolò e Giovanni Ambrogio, fratelli del primo che era appena ventenne ed ha tutta una sua storia particolare (51).
Prima di proseguire, con l'aiuto di Mons. Leonardo Botta, é necessario soffermare brevemente l'attenzione su questa Famiglia patrizia genovese, discendente da un ramo cadetto che aveva il feudo di Savignone. Il padre dei vescovi: Ettore Fieschi, ebbe un certo rilievo nella storia di Genova: lo troviamo nel 1529 tra i 17 capitani eletti per la custodia della città. Nel 1538 fu uno dei quattro ambasciatori mandati da Papa Paolo III in Piacenza; aveva sposato una Maria, figlia di Gio Ambrogio Fieschi, da cui aveva avuto altri sei figli oltre ai tre già visti.
Molti erano già stati gli ecclesiastici nella grande famiglia Fieschi: Ettore ebbe forse un fratello vescovo e cardinale, Nicolò. Non ci fa pertanto meraviglia, conoscendo le tristi usanze di quei tempi che, da uomo avveduto ed esperto, preoccupato pure di dare una sistemazione decorosa alla numerosa prole, abbia procurato pingui benefici ai tre figlioli suddetti. Ettore Fieschi, da molti atti, ci appare uomo assai attento alla parte finanziaria degli affari ecclesiastici dei suoi tre figli vescovi che seguiva attentamente, amministrando e indirizzando (52). Quindi praticamente la diocesi di Savona era nelle mani di un un autorevole patrizio genevese, proprio nel periodo che Genova assoggettava Savona in tutti i modi possibili. E' detto tutto !
Dopo i papi savonesi, Paolo III, Alessandro Farnese di ricca e potente famiglia romana, che regnò per 15 anni dal 1534 al 1549, (53), il 22 Ottobre 1537 nomina amministratore del Vescovado di Savona Giacomo Fieschi, dandogli tutte le facoltà del vero vescovo, in attesa che, arrivato all'età di 27 anni, potesse ricevere la consacrazione episcopale (che poi non si sa neppure con certezza se l'ha ricevuta perché é morto piuttosto giovane). Sarebbe estremamente interessante approfondire come si comportò questo Vescovo senza aver ricevuto l'ordinazio-ne. Alla cura della Diocesi nella parte spirituale fu provveduto con la nomina di un vicario generale nella persona di Domenico Grimaldi, il quale ebbe anche funzioni di vescovo suffraganeo (oggi diremmo ausiliare), come già il vescovo Bernardo Rogerio con il cardinale Agostino Spinola, vescovo di Savona dal 1528 al 1537. Il Rogerio aveva poi in Savona un suo vicario generale e vescovo suffraganeo che era il canonico Bartolomeo Zabrera (o Chiabrera). Possiamo domandarci se non avrebbe potuto rimanere il Rogerio o il Zabrera che già conoscevano l'ambiente: ma sappiamo che quella del vicario generale e vescovo suffraganeo era una incombenza che si assumeva a servizio di questo o quel padrone, non a servizio di una diocesi; e quando il vescovo moriva o era trasferito, il successore si cercava un altro uomo: forse doveva far la scelta tra più aspiranti.
Il Grimaldi non aveva diritto di attingere ai redditi della mensa vescovile di Savona. Doveva provvedere a se stesso con lo stipendio che gli passava il magnifico signor Ettore, il quale dovette avere sul vicario generale e vescovo qualche potere di alta direzione generale, quasi funzione di ispettore o sovrintendente........., situazione davvero penosa e umiliante. Sono sufficienti questi episodi per darci un'idea delle relazioni che correvano tra il magnifico genitore del vescovo e il suo vicario. Altri fatti simili si troveranno col vescovo Nicolò Fieschi, fratello di Giacomo (sulla cattedra di Savona dal 1546 al 1564). Ciò permette di renderci conto delle ragioni per cui i vicari generali erano spesse volte inerti e privi di iniziativa: oltre alle considerazioni generali sui "vescovi suffraganei" c'é per Savona questa particolare situazione: l'indebita ingerenza nelle cose spirituali di un laico, interessato e avido, che vigila su un vescovado e su una diocesi di cui il ventenne titolare non ha alcuna cura.
Morto Nicolò Fieschi, Pio IV (Giovannangelo Medici che regna dal 1559 al 1565), nomina vescovo di Savona il fratello Gio Ambrogio Fieschi che prende possesso della cattedra il 20 Novembre 1564. Il nuovo vescovo finalmente risiede nella sua diocesi per quasi tutto il tempo. Nonostante molta simpatia per gli scudi e i ducati, il Papa dovette avere stima di lui e lo mandò poi nunzio a Torino, conservandogli il titolo di vescovo di Savona, il 10 Maggio 1585, cioè nove anni dopo la sua rinuncia al vescovado di Savona. Nel Febbraio dell'anno seguente era già morto, all'età forse di 55 anni, mentre a Savona già gli erano succeduti tre vescovi. (54).
Già con l'ultimo vescovo Fieschi il Concilio di Trento (diciannovesimo nella storia della Chiesa), indetto da Papa Paolo III, che si svolse dal 1545 al 1563, con due interruzioni dal 1549 al 1551 e dal 1552 al 1562 (55), iniziò a far sentire la sua opera riformatrice anche nella Chiesa savonese, ma questi vescovi, nel complesso dei loro interventi rimasero spesso abbastanza staccati e indifferenti da quanto avveniva nella città, con un comportamento molto diverso rispetto a quello dei vescovi che diressero la Chiesa savonese, nei primi due secoli del secondo millennio.
Genova era sempre vigile e attenta. Forse non si fidava neppure dei vescovi Fieschi. Dopo l'apparizione della Madonna nella Valle del Letimbro, con la larga diffusione del culto che si ebbe abbastanza presto, Genova dapprima sospettò e fece arrestare e inquisire il Botta, temendo che il moto religioso, in un popolo domato solo da otto anni, potesse complicarsi in moto politico; poi, con astuzia, diresse e protesse quel fervore di fede, necessario sfogo e conforto di tanti dolori (56). Dagli storici non si hanno notizie di un intervento del vescovo in difesa della diocesi di Savona.
Da un punto di vista strettamente topografico bisogna osservare che, fino alle distruzioni genovesi, vi fu uno stretto collegamento fra il centro dell'attività civile in "Platea Brandalis", e il centro dell'attività religiosa che si svolgeva nella cattedrale sul Primàr. Varie principali arterie affluivano alla Piazza del Brandale il cui lato destro era dato dalla romanica chiesa di S.Pietro. Questa piazza era destinata alle adunanze popolari e qui si stipulavano gli atti di maggiore interesse pubblico. Nella chiesa di S.Pietro "in ecclesia S.ti Petri in pubblico parlamento) si stipularono le convenzioni fra i Savonesi e gli uomini di Sestri Ponente nel 1177 (ed altre) e quelle tra i Marchesi di Savona Enrico. Giacomo, Ponzio (e Oddone), compresa la "Compagna" di Savona nel 1185 (e l'atto di acquisto delle terre dell'istituendo Comune nel 1191). Dalla piazza di S.Pietro si dipartiva la Via Chiappinata (l'attuale Via Riario) che, salendo gradatamente, portava al vecchio Duomo in Castello, sulla rocca del Priamàr. Al principio di detta via vi era la Porta del Bagno, della quale sussistono tuttora tracce dei due suoi archi a sesto acuto (uno per l'entrata e l'altro per l'uscita), poggianti su tre piloni esagonali. Su questa Porta sorse più tardi il palazzo Riario, dei potenti nipoti di Papa Sisto IV, Sussistono tuttora dietro l'Anziania i ruderi in pietra da taglio della Torre Riario (57).
Importanti considerazioni, che aiutano a meglio comprendere la situazione di quel periodo, sono contenute nell'opera di Carlo Varaldo su "La Topografia Urbana di Savona nel Tardo Medioevo". Mentre la parte del Priamàr, per gli stessi edifici che ospitava, era una zona "privilegiata", come pure lo era l'aristocratica Chiappinata (che già abbiamo incontrato), le pendici sud-occidentali del Priamàr assumevano un carattere decisamente popolare e costituivano, con il simile caso di Monticello, le due aree emarginate della città, sfruttate per insediamenti di tipo industriale: concerie di pellami sul primo, officine di filatoi sul Monticello.
8) - Topografia trecentesca e nuovo centro religioso.
Scendendo dalla Chiappinata, dopo aver superato gli ospedali Grande della Misericordia, di S.Giacomo e Cristoforo, e di S.Paolo sulla sinistra, ed il Castello Nuovo in alto sulla destra, iniziava la teoria delle case private lungo i due lati della strada. Sulla destra, in particolare, comparivano le rovine di alcuni edifici abbattuti a seguito di lavori al forte: é il primo atto di distruzione dell'abitato da parte di Genova, che anticiperà le ben più vaste demolizioni seguenti.
La piazza del Brandale manteneva sempre la funzione di centro "direzionale" della città, come punto di riferimento dell'attività politica cittadina, non tante per la piazza in se stessa, ma per i palazzi che la circondavano sui vari lati: la torre del Brandale con l'annesso Palazzo degli Anziani, ed il trecentesco Palazzo del Podestà adibito a sede giudiziaria (Palazzo di Giustizia o delle Cause) e in cui si tenevano le sedute del Consiglio Grande (58).
Questa sorta di legame topografico, se così lo possiamo chiamare, fra la vecchia Cattedrale e la zona più importante della città, in presenza anche di attività economiche, come sopra accennato, venne poi in gran parte meno con la costruzione della nuova Cattedrale, dove prima esisteva il Convento Francescano.
Vale la pena a questo punto, prima di passare ad una breve storia lungo l'arco di due secoli di vita della nuova Cattedrale di Savona, fino al periodo napoleonico (che vedremo nella terza parte di questo lavoro), approfondire meglio gli avvenimenti riguardanti il passaggio dal Priamàr (con la distruzione della chiesa precedente di cui sono affiorate in questi anni le vestigia che vanno meglio conservate e protette), alla nuova costruzione, dove si trova attualmente, guarda caso con una ulteriore distruzione, solo parzialmente giustificata: quella del Convento Francescano. Leonardo Botta ci dice che, per chiarire fatti rimasti oscuri, forse vi sarebbero ulteriori ricerche da fare su questo periodo, ma per questa nota é più che sufficiente fare riferimento in parte al suo dettagliato e impegnativo studio
Dopo l'ordine del Podestà, già accennato, di chiudere la vecchia Chiesa, i savonesi non si dettero mai per vinti e cominciarono a "supplicare" il Senato genovese (ormai padrone di tutto) per avere un nuovo Duomo. Qui ci si attendeva che si rivolgessero al Vescovo o al Vicario Generale, ma non sapevano bene se esistevano. L'unica speranza é il magnifico signor Ettore Fieschi (già incontrato); e quell'inciso "padre del nostro Vescovo assente" ha un certo sapore di condanna. Ci si può quindi domandare se il Vescovo Giacomo Fieschi fece qualcosa per salvare la sua cattedrale ? E' questo il momento in cui risulta più che altrove l'assenza del Vescovo dalla sua città: forse non avrebbe potuto neppure lui alleviare la condanna dei savonesi, ma avrebbe potuto per lo meno soffrire con loro.
Ettore Fieschi da Genova rispose ai savonesi che mandassero una missione al Senato per farne formale richiesta. Così avvenne. Il concetto era che se i genovesi avevano distrutto la Cattedrale, toccava ora a loro procurarne una in cambio. Ma i genovesi non sono ovviamente dello stesso parere; faranno in modo che Savona abbia la sua cattedrale, ma a spese di qualche altro; di fatto dei frati Francescani Conventuali.
Le trattative dovettero essere assai complesse, con almeno tre principali attori: i savonesi appoggiati da Ettore Fieschi, che chiedevano semplicemente una cattedrale; i Genovesi che volevano uscirne senza troppa spesa; i Frati Francescani con i loro potenti appoggi, che cercavano di salvare il Convento di Savona. Continua a non comparire il Vescovo; anche il secondo Fieschi, Nicolò é assente da Savona, e vi giungerà solo nel 1559.
Dopo lunghe trattative e proposte dei frati per lasciare la chiesa del Convento da usarsi anche come Cattedrale; il Senato genovese infine si convinse che, esclusa l'ipotesi di una ricostruzione ex novo della cattedrale, sia da parte dei genovesi che dei savonesi, non c'era altro da fare che espropriare i frati conventuali, e fece al Papa una richiesta in tal senso.
Papa Paolo IV (Gianpietro Carafa, napoletano verace e impulsivo, fa una fine piuttosto amara, come scrive Nazareno Fabbretti: quando muore nel 1559 il popolo ne impedisce i funerali solenni; la statua del Papa spietato vien fatta a pezzi in Campidoglio e i frammenti buttati nel Tevere, op.cit. in nota 4, pag.257), con la Bolla "Inter Ceteras" del 22 Giugno 1556, dava la grande decisione: assolveva il Senato della Repubblica di Genova per avere "propria temeritate" demolito la Cattedrale di Savona; dichiarava estinto e soppresso l'Ordine Francescano nella chiesa di San Francesco in Savona; erigeva questa chiesa in cattedrale; applicava ad essa e ad uso del vescovo e dei canonici tutti i beni immobili e mobili, con redditi, lasciti, legati, già appartenenti alla chiesa e convento francescani; questi ultimi non dovevano assolutamente molestare nè il vescovo nè i canonici. Il 3 Ottobre 1556 I Fieschi vengono da Genova, con regolare "trasferta" pagata dai massari del nostro Duomo, prendono possesso della nuova cattedrale (59) e comincia la nuova costruzione, sulla cui storia, meglio accenneremo in seguito.
I savonesi hanno sempre avuto nostalgia del quartiere del Priamàr e in particolare del Duomo antico, nel quale si riassumevano le vicende del libero comune, dalle origini fino al pieno splendore del Rinascimento. Oltre alla descrizione della vecchia Chiesa dataci dal notaio Ottobono Giordano a cui si é accennato in precedenza, Mons. Lorenzo Vivaldo, in una sua nota del 1970, dà notizia di un'altra descrizione del presbiterio contenuta nella deposizione di Antonio Piana, cittadino di Savona, in un documento conservato nell'Archivio della Curia Vescovile. Descrizione del massimo interesse, corredata da uno schizzo del Cancelliere Gioanne Pellero. Alla luce di questa deposizione e del disegno è forse più facile interpretare la descrizione di Ottobono Giordano, da cui si evidenzia che lo stesso ha lasciato un pò correre la fantasia, anche se nelle linee essenziali la descrizione é simile a quella del Piana. Purtroppo delle cose belle indicate oggi rimane solo una ben pallida memoria (60).
Prima di giungere alla distruzione materiale di quanto nei secoli prima si era costruito sulla Rocca del Priamàr si tentò di evitarla in ogni modo possibile. Rinaldo Massucco dà notizia di una lettera che si trova nell'Archivio di Stato di Genova, non inventariata, sotto la dicitura Scritture diverse fra Genova e Savona, indirizzata al Senato Genovese, con cui gli Ambasciatori cercano di evitare la distruzione del quartiere migliore della città e traspare qua e là un'imprevedibile profondità di pensiero nell'esame dei rapporti fra Savona e Genova. Già allora, verso la metà del XVI secolo, i savonesi formulavano la diagnosi di tutti i mali che travagliavano la vita dell'inquieto stato genovese e ne suggerivano i rimedi; é singolare che già allora si evidenziassero le profonde diversità fra Genova e Venezia, l'una ormai avviata sulla via del declino politico ed economico, l'altra destinata ad una prosperità sempre crescente (61).
Bisogna osservare che il Priamàr era molto di più di come veniva in allora comunemente inteso, ed è inteso ancora oggi, cioè limitato alla sola zona della fortezza. Il quartiere si estendeva, da una parte, in direzione di Albissola, su tutte quelle aree divenute nell'800 industriali e dall'altra, verso il Brandale, dove vi erano molti insediamenti residenziali e religiosi. Sempre Rinaldo Massucco, da tempo autorevole studioso di questo territorio, ci parla, fra l'altro della Chiesa di San Domenico il vecchio, fondata insieme con il convento nel 1306 dai Padri Giacomo de' Cesoli e Pietro Castagna, distrutta dai genovesi nel 1544. Per la quarta volta attraverso scavi effettuati dall'Istituto Internazionale di Studi Liguri sono affiorate alcune strutture dell'importante complesso, oggi visibili (62). Speriamo che in seguito questi scavi possano essere ulteriormente ripresi perché certamente potranno mettere in evidenza ulteriori elementi della vecchia Savona, compresi tratti di mura ancora precedenti a quelle distrutte dai genovesi che risalgono alla città bizantina del VI - VII secolo d. C. delle quali le fonti storiche non avevano fino ad ora riferito e che testimoniano l'importanza raggiunta da Savona prima della famosa distruzione di Rotari, avvenuta nel 643 d.C. Sono affiorate poi anche le strade medievali di S.Domeico e della Foce, resti delle abitazioni private con i laboratori per la concia delle pelli. Tutta questa zona deve essere oggi totalmente preservata per motivi di alto interesse culturale respingendo, se del caso, strane idee che qualche volta forse potrebbero venir fuori per coprire tutto e per farne un parcheggio, a cui ovviamente si può dare regolare attuazione, spostandolo in altra zona vicina che non ha reperti di carattere archeologico.
Il Fadda, parlando della chiesa e del convento dei Domenicani, accenna a "dimensioni spaziose". L'attiguo oratorio, quale luogo di preghiera e di riunione di laici del Terz'Ordine pare sia stato fondato qualche decennio dopo e sia stato poi riformato da S. Vincenzo Ferreri con nuovi statuti nel 1405. Allorché, nel 1544 la Repubblica di Genova ebbe completata la grandiosa fortezza che comprendeva ed abbracciava nel suo ambito tutta la prominenza rocciosa del Priamàr, le SS. Ill.me della Serenissima dominante stimarono che anche il complesso della chiesa e del convento domenicani dovesse nuocere alla efficienza difensiva della nuova fortezza e ne decretarono la demolizione, non già affinché sulla sua area dovessero sorgere altri apprestamenti militari, ma perché esso costituiva un pericoloso ingombro inserito tra le possenti fortificazioni di S.Giorgio e del Priamàr. Fu così che i savonesi, dopo aver visto distrutto il loro magnifico Duomo, inglobato nella cinta della nuova fortezza, furono anche, con nuovo cocente dolore, privati di questa chiesa, la seconda in bellezza e grandezza dopo il Duomo e furono per di più privati di un cospicuo centro religioso e culturale quale era quello della numerosa comunità domenicana (63).
Vi é da osservare che proprio nel XVI secolo, ricordato come quello delle distruzioni, diversi abbellimenti della Cattedrale furono fatti nello stesso secolo, poco tempo prima. Seguendo infatti la cronologia storico-topografica di Giovanni Battista Nicolò Besio, si deve fra l'altro ricordare che:
* Il 30 Gennaio 1500, Anselmo de Fornari ed Elia Rocchi si impegnano ad eseguire il monumentale coro ligneo;
* Nel 1517, Albertino da Lodi affresca il coro dell'antica Cattedrale e la Masseria del Duomo affida a Gian Michele Pantaleoni l'esecuzione del leggio del coro stesso e della cattedra episcopale;
* Il 23 Gennaio 1519, Battista Del Carretto, Antonio de Girardi e Taddeo di Pisa, Massari della Cattedrale, si accordano con Gabriele da Cuneo e con Michele Carlone, piccapietra, cittadini e abitanti in Savona, per il lastricamento dell'interno della Basilica, con quadrelli in marmo bianco e pietra nera di Promontorio o di Alassio (64).
Il 500 è comunque un secolo del tutto particolare, dopo le distruzioni genovesi inizia infatti nell'ultimo decennio una trasformazione dell'assetto urbano che continuerà nella prima parte del 600. Oltre al cantiere della fortezza che continuava ad allargare la sua superficie a scapito del sempre più ridotto abitato, è dovuta alla profonda spinta innovativa del Concilio Tridentino che ha avuto a Savona forte incidenza. Non dobbiamo infatti dimenticare che Savona dipendeva allora, e continuò a dipendere fino al 1806, dall'arcidiocesi di Milano, ove l'opera di S.Carlo Borromeo, nella linea di un'autentica attuazione delle direttive tridentine era fra le più efficaci ed avanzate. I maggiori mutamenti del tardo Cinquecento e della prima metà del Seicento sono da ascriversi pertanto a costruzioni religiose di chiese edificate ex novo o modificate per adattarle ai nuovi dettami conciliari (65).
Prima di toccare l'argomento riguardante la costruzione della nuova Cattedrale, con attenzione anche per gli aspetti economici, spesso trascurati perché il discorso storico fatto fino ad oggi ha riguardato in prevalenza le componenti artistiche e religiose, converrà soffermare l'attenzione sul complesso francescano esistente prima nello stesso luogo, praticamente quasi totalmente demolito per fare posto al nuovo Duomo. Luogo che, tralasciando altre considerazioni, sembrò essere ai nostri padri, in qualche modo, sotto la benevolenza divina, come sta a dimostrare il miracolo della Colonna, avvenuto nel corso dei lavori e su cui torneremo.
9) - Il lungo travaglio per la nuova Cattedrale.
Abbiamo già detto che, dopo la distruzione della Cattedrale sul Priamàr, le funzioni di Chiesa Vescovile furono trasferite nella Chiesa di San Pietro il Vecchio, posta in "Platea Brandalis", a destra del Palazzo dell'Anziania (guardando l'attuale portone d'ingresso del Palazzo stesso), leggermente spostata più in basso verso il mare, con ingresso però dalla parte opposta (verso quella che un tempo si chiamava Via dei Nattoni, oggi Via Pia, se ne vede ancor oggi il fastigio da Via Sansoni). Il complesso é oggi incorporato in una costruzione preesistente adibita ad abitazioni ed esercizi commerciali. Pur essendo una chiesa molto importante, dove, alla presenza del Vescovo, nei primi secoli del libero Comune, come già accennato, venivano stipulati gli atti più importanti, fin dai primi momenti si capì, per un complesso di circostanze (spazio limitato, necessità di lavori, ecc.) che quella era una sistemazione del tutto provvisoria.
Scrive infatti il Ricchebono che se l'utilizzo della chiesa di S.Pietro del Brandale come cattedrale può considerarsi un fatto contingente, dovuto alla necessità di reperire in breve tempo una sede per le funzioni, in seguito alla forzata chiusura al culto della vecchia Cattedrale sul Priamàr - e la scelta del S.Pietro, di troppo ridotte dimensioni, va forse vista come riconoscimento alla sua "antichità", in attesa di una sistemazione migliore - l'uso della chiesa francescana, ottenuto nel 1556 dopo una lunga lite con i frati (argomento su cui torneremo) ai quali era stato confiscato l'intero complesso, fu inteso, almeno per un certo tempo, come uno stanziamento stabile. Ciò é dimostrato dai lavori fatti, non tutti di semplice adattamento, quale la costruzione della Masseria nel 1575 e certo in previsione di mantenere il vecchio edificio. La crisi economica in cui si dibatteva la città, a cui forse va unito lo scarso interesse dei vescovi ( già rilevato), che fino a Domenico Grimaldi compreso, non risiedevano mai a Savona, non permise per quasi tutta la seconda metà del secolo di pensare ad erigere una nuova chiesa (66). Ovviamente nella storia dei Vescovi di Savona, non fu sempre così, perché, come già abbiamo accennato, vi furono, nella prima parte del millennio, degli uomini santi che diedero il meglio di se stessi al prossimo e alla Chiesa savonese. Oltre al Beato Ottaviano che già abbiamo incontrato, vanno ricordati, ad esempio, i Santi Vescovi Amico, Guido e Alberto, che tra l'XI e il XIII secolo, sedettero sulla cattedra savonese: di essi Ferdinando Molteni, in una sua recente opera, dà ampia relazione (67).
La crisi a cui si accennava sopra era, in gran parte, dovuta alle distruzioni attuate dai genovesi - abbondantemente descritte nella storiografia savonese - che, per diversi decenni, fecero sentire la loro influenza negativa in tutti i settori dell'attività savonese. Una inversione di tendenza comincia a delinearsi successivamente con l'apparizione della Madonna nella Valle del Letimbro e si affermerà meglio verso la fine del Cinquecento, per continuare, attraverso alterne vicende, anche dopo.
Savona era venuta a trovarsi al centro della necessità genovese di fortificare tutta la costa fino a Vado, in seguito alle incursioni barbaresche lungo le coste del Mediterraneo. A più riprese pirati e corsari si erano spinti sulle coste italiane dalle loro basi tunisine per depredare e ridurre in schiavitù le popolazioni colte di sorpresa. La baia di Vado era località prediletta dai corsari, non solo perché al centro di una zona ricca di colture e di varie ville, ma anche perché, efficacemente protetta da insidiosi e frequenti venti di ponente e di libeccio da una montagna sul lato sud-ovest, offriva un valido rifugio alle flotte sorprese dai fortunali. Al caposaldo difensivo costituito dalla fortezza costruita sul Priamàr si aggiungono, nel 1569, il fortino sulla spiaggia e la torre a Capo Vado. Che la fortezza di Savona e le opere militari di Vado facessero parte di un unico sistema di difesa e segnalazione lo si può chiaramente dedurre, dall'inizio di lavori per la costruzione di un forte, denominato San Marcello, sulla collina della Braia presso il borgo delle Fornaci, con cui si fece in modo di completare la linea difensiva (68).
Ma ciò che colpisce fu che le maggiori distruzioni attuate per lasciare il posto alle opere militari, furono quelle di Savona, mentre, in direzione di Vado, le difese vennero costruite senza effettuare prima pesanti distruzioni di opere civili. Evidentemente il disegno strategico fu del tutto particolare e basato anche sul fatto che molte contribuzioni vennero imposte alle popolazioni che, per ironia della sorte, subivano le beffe e i danni maggiori. Ci si può chiedere se, da un punto di vista strategico, la fortezza di Savona doveva essere costruita proprio sul Priamàr, o se il sistema difensivo leggermente spostato avrebbe potuto assolvere alle stesse funzioni se posto in prossimità della spiaggia e in zone pianeggianti. Uno studio a questo riguardo potrebbe essere approfondito, cercando di esaminare anche meglio la parte che ebbero in tutto questo i "collaborazionisti" locali.
Constatata l'insufficienza della Chiesa di S.Pietro in "Platea Brandalis", il complesso destinato a diventare parte della nuova Cattedrale, fu quello di San Francesco, che si fregiava da alcuni secoli, di una antica e nobile fama (69). Vediamo brevemente la situazione alla luce di alcune note storiche e seguendo il lavoro di Massucco, Ricchebono e Barbero (dispense ciclostilate alcuni anni or sono).
Nel 1251 terminava la seconda guerra tra Savona e Genova: come conseguenza, due anni dopo, nel 1253, le mura cittadine venivano abbattute, come era stato pattuito nel trattato di pace stipulato a Varazze. Negli anni successivi Savona poteva però ricostruire la propria cinta muraria che veniva ampliata. Per la zona che ci riguarda possiamo ritenere che le mura anteriori al 1251 scorressero lungo l'asse di Via Aonzo e che la nuova cinta seguisse invece, approssimativamente, il percorso dell'attuale Via Manzoni.
Già nel 1253 i Francescani si erano stabiliti a Savona, nel Borgo Superiore, dove avevano iniziato a costruire una prima chiesa e convento, ma i lavori non erano stati ultimati, probabilmente anche a causa della guerra in corso tra Savona e Genova e per le frequenti inondazioni del Torrente Letimbro. L'ampliamento della cinta muraria fornì l'occasione ai Francescani di fondare, nel 1259, una nuova chiesa e convento, nello spazio prima libero da costruzioni, adibito ad orti e vigne, tra la vecchia cinta muraria e la nuova. Nel 1268, circa, la chiesa era quasi ultimata , mentre i lavori per il convento furono assai più lunghi; pare che vi si lavorasse ancora nella prima metà del Trecento. Nei primi decenni del Quattrocento si ebbero grandi restauri e probabilmente qualche ricostruzione, ma solo nell'ultimo quarto del XV secolo iniziò una serie di lavori che trasformarono radicalmente l'originaria struttura. L'avvio ai lavori fu dato da Papa Sisto IV della Rovere, savonese, che fece costruire su un lato del chiostro una Cappella per ospitare le spoglie dei suoi genitori (la "Cappella del Papa" o "Cappella Sistina"). Lo stesso Sisto IV fece pure ricostruire il primo chiostro francescano e destinò un lascito per la riedificazione del secondo. Dopo la sua morte, i lavori furono fatti proseguire dal nipote, il cardinale Giuliano della Rovere (futuro Papa Giulio II), e interessarono non solo il secondo chiostro, ma anche parti cospicue del convento: possiamo infatti attribuire a tale periodo l'interessante soffitto ligneo a cassettoni, con sottostante fregio affrescato, venuto alla luce durante i lavori di restauro dell'autunno 1973.
La situazione rimase stabile fino alla seconda metà del XVI secolo, in quanto, a parte l'esecuzione di alcuni affreschi, non abbiamo notizie di ulteriori lavori fatti al complesso francescano. Frattanto il Consiglio Grande di Savona, il Vescovo e i Canonici inviarono suppliche al Senato Genovese per ottenere quale nuova Cattedrale la chiesa di S.Francesco che, per la sua posizione e grandezza era la più adatta allo scopo. Nonostante la tenace e ben comprensibile opposizione francescana, nel 1556 giunse un "breve" papale che sollevava i Genovesi da ogni responsabilità per aver chiuso al culto nel 1543 la Cattedrale del Priamàr e istituiva la nuova Cattedrale e la nuova sede episcopale nella chiesa francescana e nel convento. Si ebbero quindi vari lavori di adattamento del complesso alle nuove funzioni cui doveva assolvere, ma non vi furono sostanziali modifiche. Nel 1589 si decideva, però, di costruire una nuova chiesa che rispondesse maggiormente alle esigenze di una cattedrale: nello stesso anno se ne iniziava la costruzione partendo dall'abside. Per proseguire i lavori fu necessario procedere all'abbattimento dell'antica chiesa di S.Francesco. Nel 1602 il nuovo Duomo, come già accennato, era ultimato nella parte muraria e nel 1605 venne consacrato. Tra il 1600 e il 1613 veniva eretto il campanile e solo attorno al 1840 si innalzò la cupola, opera dell'architetto savonese Giuseppe Cortese (70). Presso il Palazzo del Brandale, sede attuale dell'Associazione "A Campanassa" si conserva la lapide tombale di Giuseppe Cortese, già posta sulla sua tomba al cimitero della Foce, ritrovata nel 1980 in uno scantinato della Parrocchia di San Domenico e donata all'Associazione dal Parroco del tempo Canonico Giuseppe Bruzzone.
I frati non si rassegnarono molto facilmente alla perdita della loro chiesa e del loro convento che, nel corso del XV secolo toccarono il massimo splendore. Vi si mantenevano allora circa 30 padri e vi fioriva un nobile studio, sostenuto da una ricca biblioteca. Uomini insigni vi vestirono il saio: fra Filippo Busserio, missionario e viaggiatore in Oriente, oratore, scrittore caro a principi e pontefici; fra Lorenzo Guglielmo Traversagni, insigne teologo e poeta; fra Marco Vegerio, poi Vescovo di Noli, segnalatosi al Concilio di Basilea, maestro di Francesco della Rovere; Francesco di Mangano e Nicola Carrettino, acutissimi teologi; Francesco della Rovere, poi Papa Sisto IV; Pietro Riario, creato Cardinale dallo zio Sisto IV; Marco Vegerio, poi Vescovo di Senigallia e cardinale, teologo e scrittore. Il Convento era presente anche nella vita della città. Ad esempio, la tregua del 19 Febbraio 1415 tra le due logge del Brandale e della Maddalena, cioè tra i due ordini popolare e nobile, si stipulò con i rappresentanti delle due parti, raccolti nel refettorio dei frati di S. Francesco (71).
Le vicende che avevano portato alla posa della prima pietra della nuova Cattedrale (19 Luglio 1589) non erano state delle più tranquille e facili; anzi quel giorno di Luglio, tanto solennemente celebrato, era il risultato di lunghe e difficili trattative che avevano visto momenti di particolare durezza, per non parlare di veri e propri scontri, fra l'ordine francescano da un lato e i vescovi e il capitolo savonesi dall'altro.
La ruggine, se così possiamo chiamarla , fra l'ordine francescano e il clero secolare era piuttosto vecchia. Risulta infatti che, già prima del 1266, alcune pie persone s'erano scelte la sepoltura in San Francesco, suscitando le gelosie del clero secolare, che emanò feroci ordinanze: si negassero i Sacramenti a quelli che volevano essere sepolti in detta chiesa, non si suonassero le campane per il loro funerale, che nessun prete dovesse accompagnare la salma, e si sarebbe andati oltre se il Pontefice Clemente IV, con sua Bolla da Viterbo, del 6 Luglio 1269, non avesse condannato il contegno del clero savonese (72).
G. A. Rocca scrive che la chiesa (con annesso convento), fabbricata dopo la metà del secolo XIII (1263) aveva diciannove altari, ed era stata ampliata ed abbellita a cura dei savonesi papi Sisto IV, Giulio II e cardinali Pietro Riario e Marco Vegerio. I Francescani vi si trasferirono dal convento che avevano abbandonato sito fuori delle mura, nel Borgo di S.Giovanni. Quando fu il momento di essere trasferiti per far posto alla nuova Cattedrale nell'ottobre 1550: "Siccome i frati non volevano uscirne, mentre inneggiavano in chiesa i primi vespri che precedono la festa del loro istitutore, furono posti soldati ad impedire l'entrata in convento, e ne fur tolti e presi senza alcun nostro demerito, la vigilia di S. Francesco al vespro, la Chiesa, il Convento et dogni altra cosa spogliati affatto, espulsi dalla città et ridotti ad nihilum". Così si legge scritto da uno di essi, Antonio Serveto da Savona, nel primo registro della Parrocchiale di Lavagnola, alla cui reggenza furono chiamati nel 1577 da Gregorio XIII e ne presero possesso nel Giugno 1578, essendo stato fabbricato il convento che fu unito alla Canonica (73). Il possesso della Parrocchia di Lavagnola da parte dei Francescani fu interrotto dalla Repubblica Ligure con la legge di soppressione del 17 Marzo 1799 (Gallotti, op.cit. pag. 225).
I Savonesi riuscirono, all'inizio del 1600, ad avere la loro nuova Cattedrale, più ampia anche se certamente meno preziosa della precedente sul Priamàr. E' interessante rilevare che l'edificio della vecchia chiesa sul Priamàr, benché chiuso al culto, come accennato, dal 1543, resistette fino al 1595 prima di essere diroccato; quasi ad attendere che i Savonesi potessero sostituire, con una nuova, la loro vecchia Cattedrale.
Le difficoltà per reperire i fondi necessari furono enormi: il Comune, dopo il primo stanziamento di 20.000 lire, come già abbiamo visto, era stato autorizzato a fare prestiti e a vendere icone sacre della Cattedrale: tra queste, quella del Foppa acquistata per 500 lire dalla Confraternita di S.Maria di Castello (che ne é ancora oggi la proprietaria), ma, nel 1607, doveva ancora rimborsare, sul prestito di dieci anni prima, 5.500 lire anticipate in proprio dagli ufficiali del nuovo tempio.
Il Vescovo, oltre alla sua parte personale, della quale non conosciamo l'entità, riuscì ad ottenere cospicue e numerose offerte da parte dei fedeli, ed alcune migliaia di lire attraverso la concessione a ricche famiglie del giuspatronato sulle Cappelle. E' certo comunque che la maggior parte dell'onere finanziario venne coperto con le generose offerte della popolazione savonese, divenute più consistenti soprattutto dopo l'episodio della "Madonna della Colonna", del 14 Marzo 1601 e definito subito miracoloso (74). A seguito di questo evento, così confermato da apposita Commissione, la cui documentazione si conserva nell'Archivio Diocesano di Savona, la vecchia Consorzia di Santa Maria, nella Cattedrale del Priamàr, cambiò nome e venne chiamata "Consorzia di Nostra Signora della Colonna", tuttora presente nel Duomo di Savona (75).
Non solo i Savonesi, come si é accennato, dovettero accollarsi tutte le spese per la costruzione della nuova Cattedrale senza alcun aiuto esterno, nonostante che la precedente fosse stata distrutta dai Genovesi, ma nella prima parte del Cinquecento furono poste a loro carico, senza alcuna giustificazione plausibile, molte spese riguardanti la costruzione delle fortificazioni. Genova non dominava solo politicamente, imponendo un podestà di famiglia genovese che aveva potere di autorizzare o respingere non solo, ma imponeva gabelle il cui ricavato andava a favore della Repubblica aristocratica.
Il 14 Dicembre 1528 venne sospesa la trattazione di ogni causa civile e si fece incetta di denaro da ogni parte per le spese ed imposizioni di guerra, per i tributi e per tutte le altre necessità. Il Comune di Savona fu costretto a vendere dei beni per far fronte a queste imposizioni. I Savonesi furono smunti sino al midollo. Dovettero sborsare a rate dodicimila scudi, mille all'anno, "per pagamento de le tre nave che fondono genoezi in lo porto de Saona l'ano de 1525 eciam per pagare li guastatori chi ruinino lo molo a dito tempo" e, suprema beffa, dovettero rimborsare ad Andrea Doria, che, più tardi, nel 1532, volle per sé il feudo di Vezzi, le spese delle galere per il male che fece alla città. Inoltre fu sequestrato il prodotto della gabella del sale e sospeso il contributo delle castellanie. E nel 1542 i Genovesi sequestrarono e inasprirono in Savona l'importante gabella del vino. Richieste di indenizzazione venivano da ogni parte: il Comune era sempre condannato a pagare. Nel 1534 furono abolite le monete di Savona con l'uso di esse (76). A tutto ciò vanno aggiunte le attività contro Savona dei vari collaborazionisti (presenti in tutte le epoche storiche) con i delatori che indicavano ai Genovesi le ricchezze della famiglie locali.
10) - Il Vescovo Pietro Francesco Costa.
Durante il secolo XVI, la città non espande la propria area edilizia al di fuori della cerchia urbana, ma si conserva all'interno di essa non occupando neppure totalmente l'area disponibile, come risulta dagli spazi ancora esistenti sul Monticello e verso la piana del Letimbro, fra il complesso del Duomo e la porta San Giovanni. Il perdurare dello stato di belligeranza con Genova, ed il calo demografico conseguente a varie epidemie scoppiate durante i secoli precedenti, hanno condizionato l'attività edilizia (77). La costruzione della nuova Cattedrale , verso la fine del secolo, fu il maggiore intervento registratosi in quel periodo, completato inoltre, per alcune pertinenze e per i rifinimenti interni, nei secoli successivi, diluendo così nel tempo la mancanza di disponibilità finanziarie. Negli anni si provvedeva intanto a trasferire all'interno della nuova Cattedrale tutto ciò che si era potuto recuperare dalla vecchia, fino ad allora custodito in luoghi diversi e chiese della città.
Per notizia, é bene ricordare che della vecchia chiesa di San Giorgio, pure questa sul Primàr, e distrutta anch'essa dai Genovesi nel 1543, non fu invece recuperato quasi nulla. La chiesa era custodita dai Monaci di Fruttuaria, che ne avevano acquistato l'integrale proprietà in seguito alla sentenza pronunciata il 27 Aprile 1160 dal Vescovo savonese Mainardo. Pure diversi secoli prima della distruzione del Priamàr la sua storia é significativa. Tra gli espropri operati dal Comune di Genova per costruire il castello nuovo sulla parte orientale del Priamàr, vi furono anche le pertinenze della chiesa di S.Giorgio: l'area del cimitero e poi "domus et alia officina eidem ecclesia pertinentis, nec non et alia terra iuxta muros dicti castri in qua erant plurima edificia civium Saone, que dirui fecit Comune Janue". L'abate di Fruttuaria Oberto II protestò vivamente e si oppose all'arbitrio del Comune genovese, ma per diverse ragioni dev'essere stato indotto ad accettare una transazione piuttosto che invocare la protezione della Santa Sede, dando avvio ad una causa di difficile esito. Con l'accordo del 20 Novembre 1254 il Comune di Genova, pagando un indennizzo di 600 lire genovesi (é forse una delle poche volte che pagò un indennizzo), acquisiva il diritto di usufruire dei beni occupati, salva la proprietà ed il dominio spettanti al monastero, proprietà e dominio che però non avrebbero interferito con la disponibilità per la costruzione del nuovo castello. L'accordo doveva venir ratificato dal vescovo e dal Capitolo della chiesa savonese, cosa che avvenne il 13 Gennaio 1255, La chiesa che in quel momento non fu distrutta (lo sarà successivamente), ma, rinserrata entro la muraglia difensiva del nuovo castello, non venne più frequentata come un tempo e lentamente decadde (78).
Tutta la zona attorno all'attuale Cattedrale, come si rileva chiaramente dalle tavole riportate nell'opera citata in nota 7 di questo paragrafo, compresa fra le attuali Vie Manzoni, Santa Maria Maggiore, Verzellino e Ambrogio Aonzo, da molti secoli é stata destinata ad insediamenti religiosi. Fra l'altro i Francescani, dopo che furono mandati a Lavagnola, non si rassegnarono ad abbandonarla definitivamente (come invece avviene oggi), e costruirono (1631-1655) in Piazza della Maddalena un'altra Chiesa con annesso convento, strutture che vennero poi adibite ad abitazioni private (Casa Boselli). Qui, vi sono attualmente alcune strutture riconoscibili (79).
Il complesso delle strutture religiose (Cattedrale, Vescovado, Chiostro, Sistina, Oratorio di N.S. del Castello), ad est, nella parte orientale, in passato come attualmente, é strettamente interconnesso con il Palazzo del Monte di Pietà (in Via A.Aonzo), contenente affreschi dell'epoca (la costruzione si può porre nel XIV secolo, con diversi ampliamenti e ristrutturazioni, fatti in maniera più consistente verso la fine del XVI secolo), dal cui studio non si può prescindere per l'importanza che questo insediamento ha sempre avuto nei pressi della zona destinata ad infrastrutture religiose (80).
Considerata la poca distanza che separa il tutto dalla zona del Brandale, centro della vita amministrativa del libero comune (con la Torre e il Palazzo dell'Anziania), siamo nel cuore della vecchia Savona, le cui vestigia vanno ad ogni costo preservate e fatte conoscere. La Consulta Savonese delle Associazioni Culturali (Campanassa, Storia Patria, Istituto Internazionale Studi Liguri), ha preso recentemente al riguardo una precisa posizione che ci auguriamo possa essere tenuta in considerazione dall'attuale Amministrazione Comunale.
Gli storici hanno sempre cercato di evidenziare l'evoluzione secolare di questa parte della città. Il Quattrocento é, a questo proposito estremamente significativo. Durante tutto il secolo si cerca di attuare un perfezionamento interno ed esterno degli edifici. I lavori, in pratica, si indirizzano su rifacimenti e restauri dei palazzi, per meglio adeguarli alle necessità ed al gusto del tempo. Unico nuovo inserimento, é il Palazzo che Giuliano da Sangallo, il grande architetto del Rinascimento toscano, innalzerà per il Cardinale Giuliano della Rovere. il futuro Papa Giulio II, sul finire del Quattrocento, fra le attuali Via Pia e Piazza del Duomo (81).
A ridosso del centro medioevale attorno al porto di Savona, nella zona sommariamente descritta, ma caratterizzata in passato da studi aprofonditi e specifici, facilmente accessibili, viene così a porsi la costruzione della nuova Cattedrale, ottimamente descritta anche nelle sue strutture interne attuali, dall'opera ripetutamente citata del 1974, dovuta ad autori diversi e qualificati, a cui eventualmente si rimanda per ulteriori approfondimenti. Riteniamo invece doveroso concludere questa parte con un cenno ulteriore al Vescovo ligure Pietro Francesco Costa, nominato pastore della Chiesa Savonese da Papa Sisto V (un francescano che regna per 15 anni, lascia numerose opere, riforma gli ordini religiosi e il clero e, come monarca temporale, qualche volta usa anche la mannaia e la forca).
Il nostro Vescovo é un patrizio di Albenga che, per la costruzione della nuova chiesa diocesana, come già accennato, ci mette anche quanto ha del suo patrimonio personale e della sua famiglia. Insieme alla Cattedrale, fa ristrutturare e riparare decorosamente anche il Palazzo Vescovile, rifinito ed abbellito in gran parte così come lo vediamo oggi. Per il governo spirituale della diocesi convoca diversi Sinodi. Papa Paolo V (il Cardinale Camillo Borghese, di Roma) lo nomina anche Nunzio Apostolico alla corte dei Savoia in Torino, regnando il Duca Carlo Emanuele I. Ma il Costa non vuole abbandonare la "sua" Chiesa e conserva ancora il vescovado di Savona (agli occhi di tutti, credenti e non, il suo comportamento é molto diverso dai predecessori genovesi, nella prima parte dello stesso secolo). Nel 1624, dopo tanto lavoro per la nostra Chiesa e tante difficoltà affrontate con assoluta fiducia nella provvidenza, oppresso dagli anni e dalle fatiche si ritira in Albenga, dove muore nel 1625 all'età di 81 anni. Nell'animo dei savonesi il nome di questo presule é ormai scolpito a lettere indelebili.
11) - Le nuove difficoltà politiche non bloccano importanti
costruzioni.
Gli anni successivi alla consacrazione della nuova Cattedrale e quelli che seguono dopo la morte del Vescovo, che era stato un tenace sostenitore della sua realizzazione , per i savonesi sono sempre piuttosto difficili. Se si può fare un paragone, siamo nella stessa situazione verificatasi alla fine del secolo precedente in cui la popolazione della città era ridotta a meno di 9000 abitanti (82). Il Bazzano osserva inoltre che durante il governo della Chiesa savonese da parte di Mons. Francesco Maria Spinola (che succede a Mons. Costa), dell'Ordine dei Teatini (83), il presule venne a trovarsi in forte disaccordo col governatore genovese marchese Bartolomeo di Passano, che pretendeva collocare la sua sedia nel presbiterio del Duomo, di fronte alla Cattedra Vescovile e di altezza uguale alla medesima. Per nulla intimorito dalle ammonizioni del Vescovo, il governatore usò la forza per riuscire nel suo intento e Mons. Spinola colpì d'interdetto il coro e l'altare maggiore. Il Senato genovese, che vergognosamente teneva bordone al prepotente governatore, nel 1642 esiliò da Savona il Vescovo, che si rifugiò nella vicina Albisola, dove, in quella Parrocchia, pose la Cattedra, svolgendo le funzioni come se fosse stato in cattedrale. I savonesi non si rassegnarono, minacciando di ribellarsi alla prepotenza e all'ingiustizia di cui erano vittime e mandarono una deputazione al Senato genovese affinché lasciasse tornare Mons.Spinola alla sua Sede. Vista la risolutezza delle nostre Genti, ben decise di far valere i loro diritti, il Senato della Serenissima accondiscese e Mons.Spinola il 6 Aprile 1655 poté tornare a Savona, accolto dal suono a festa di tutte le campane (84).
Non si può concludere questa parte riguardante la nuova Cattedrale di Savona, senza un cenno alle opere dei Della Rovere, negli anni precedenti quel periodo, iniziate da Francesco (poi Papa Sisto IV) ed alcune concluse, o nuove, dal nipote Cardinale Giuliano (poi Papa Giulio II). Dal punto di vista artistico e storico esiste abbondante materiale bibliografico di studiosi locali contemporanei a cui rimandiamo.
In quei secoli si alternano fasi di sviluppo ad anni pesantemente negativi, aggravati questi ultimi da epidemie con vittime ed eventi naturali negativi (terremoti, inondazioni, carestie, gelate, ecc.). Pertanto qui vogliamo solo porre in luce la funzione estremamente rilevante che le iniziative Roveresche svolsero in quei momenti per contribuire al superamento delle calamità e delle crisi cicliche che colpivano Savona e l'importanza che esse hanno ancora oggi nel porre la nostra Città in una posizione privilegiata che deve essere meglio valorizzata con il contributo di tutte le sue componenti, civili, religiose e culturali.
Fra gli elementi positivi, sono notevoli oltre agli ampi cantieri che andarono avanti in diversi anni per la nuova Cattedrale, anche i cantieri attivati dai Della Rovere, da cui, con termine moderno discese un "indotto", per diversi settori, di tutto rispetto. Ad esempio, il mausoleo in onore di Leonardo Della Rovere e Luchina Monleone, genitori di Sisto IV, fu commissionato per conto del pontefice il 29 dicembre 1481 agli scultori comaschi Giovanni e Michele D'Aria, che lo ultimarono nel 1483. Il progetto fu fornito da Andrea Bregno (1481-1503), scultore lombardo attivo a Roma, prediletto dal Pontefice, che già gli aveva commissionato i monumenti funerari dei suoi congiunti, Cardinale Raffaele e Cristoforo Della Rovere. In particolare, é il monumento romano per il Cardinale Pietro Riario, modello ispiratore di quello savonese, esemplato sul tipo dei "monumenti umanistici" ideati da Bernardo Rossellino e Desiderio da Settignano a Firenze nella prima metà del secolo, quale sintesi del nuovo equilibrio formale e dei valori di celebrazione ideale della Rinascenza (85). Da ricordare che ampi lavori di restauro, curati dalla Soprintendenza delle Belle Arti, sono stati ultimati proprio nel 1995.
Fra il 1495-96 il Cardinale Giuliano aveva intanto avviato la costruzione del suo vasto palazzo, nel centro della città, opera di Giuliano da Sangallo, il grande architetto fiorentino che lo aveva seguito nel suo esilio all'epoca del papa Borgia (Alessandro VI, spagnolo che, appena assunto al soglio pontificio, probabilmente ha fatto sparire tutto quello che avevano fatto i suoi predecessori italiani per aiutare Cristoforo Colombo nel suo viaggio verso il Nuovo Mondo) (86). L'importanza di questa "fabbrica", finora non tenuta nel debito conto dagli studiosi locali. é del massimo interesse, avendo costituito un fortissimo centro di attrazione artistica per una fitta schiera di artisti lombardi - per lo più provenienti dal grande "cantiere" della Certosa di Pavia - che le fonti archivistiche ci documentano essere presenti in quegli anni a Savona (87). Con un "indotto" anche in questo caso piuttosto rilevante.
Soltanto una piccola parte del patrimonio artistico presente nella vecchia Cattedrale poté essere recuperato. Il Varaldo nella nota 10 a pag. 147 della sua opera sopra citata (nota 87), osserva fra l'altro che nulla possiamo sapere degli affreschi di Marco d'Oggiono, scomparsi con le demolizione della Cattedrale, né dei vasti cicli di decorazione dei numerosi edifici sacri dell'area del Priamàr.......E conclude dicendo che di epoca napoleonica é invece l'emigrazione all'estero (Francia) di diverse opere d'arte (con l'indicazione dove sono attualmente localizzate). Passati due secoli dagli eventi napoleonici sarebbe interessante sapere se ne é stata richiesta la restituzione.
Di due importanti edifici attigui al nuovo Duomo: la Cappella Sistina e Palazzo Santa Chiara, oltre alle notizie che già si conoscevano, Guido Malandra più di venti anni fa ha ritrovato nuovi documenti che ci danno un'idea maggiormente precisa e documentata di quanto avvenuto. L'atto di commissione dei lavori marmorei per la cappella fabricanda, ivi incluso il mausoleo, affidati dai procuratori papali il 29 dicembre 1481 a Giovanni e Michele d'Aria, le successive quietanze parziali per spese di marmi, una proroga, ed infine l'atto di quietanza definitiva fra le parti dell'11 ottobre 1483 ed una serie di testimonianze rese ad futuram rei memoriam fra l'8 ed il 16 ottobre 1483 in parte nella stessa cappella ora già fabricata, precisano i limiti temporali della costruzione, il singolo apporto di ciascuno dei due fratelli scultori alle opere in marmo, descritte con una certa accuratezza, e addirittura rivelano, oltre a quelli dei d'Aria, i nomi di quanti, con funzioni diverse, hanno cooperato alla realizzazione della cappella...
Cinque atti di quietanza di Matteo de Bixono, magister picator sive pichapetra ad Urbano Vegerio, procuratore del cardinale Giuliano Della Rovere, coprono invece il periodo di costruzione della parte anteriore del palazzo dal 4 febbraio 1495, quando si parla ancora di domus construenda, al 17 maggio 1496 data in cui la facciata mensurata per Iulianum de Seingallo Florentinum magistrum petrarum et picatorem, appare terminata in opere lapidun e marmorum, con le colonne, l'architrave ed il cornicione (88).
12) - Conclusioni.
Attorno al 1000, la nascita della Chiesa savonese, si può inquadrare in un periodo dove si percepiva la necessità di una riforma religiosa. Mutamento di cui si resero interpreti, fra gli altri, i monaci della tradizione benedettina, presenti anche in molte zone della nostra Liguria con monasteri che svolgevano una considerevole azione sociale.
In quell'epoca, come sappiamo, a parte l'ingerenza nelle elezioni dei pontefici, era invalsa la prassi di conferire terre, funzioni amministrative e di governo - in altre parole feudi - a vescovi e abati per anulum et baculum (con anello e pastorale), cioé mediante i simboli religiosi del potere vescovile, di intervenire nelle loro elezioni; di nominarli di fatto o di confermarli formalmente.
Contro la decadenza del costume e della disciplina ecclesiastica, operò il movimento riformatore, che ebbe il suo centro nei monasteri benedettini riformati, ma che abbracciava anche larghe cerchie di fedeli, fino ad investire anche l'alto clero. E' da Cluny (che abbiamo già incontrato ai tempi del Beato Vescovo Ottaviano, pastore della nostra Chiesa), un convento fondato in Borgogna all'inizio del secolo X allo scopo di richiamare in vigore la stretta osservanza della regola benedettina dell'ora et labora, che prende avvio il moto di reazione contro la rilassatezza dei costumi e la decadenza della disciplina ecclesiastica, per estendersi man mano nel secolo XI, a tutta una rete di conventi sparsi in Francia, in Germania, in Italia, influenzando anche la fioritura di ordini religiosi riformati, come i Certosini e i Cistercensi in Francia, i Vallombrosani e i Camaldolesi in Italia (89).
La nuova Cattedrale nella zona del vecchio convento francescano, così come noi siamo abituati a vederla oggi, alla fine del secondo millennio, é intimamente legata nella storia e nella cultura, alla precedente sul Priamàr, forse ancora più vecchia del millennio che sta per finire (90). Oltre che luogo di culto, cattedra del Vescovo che ha il privilegio di indossare il Pallio Pontificale (concesso da Benedetto XV, per l'importanza di questa sede, a Mons. Scatti e a tutti i suoi successori), ha per noi savonesi anche il valore di un enorme patrimonio, che non potrà mai venir meno e che dovremo sempre, con orgoglio, ricordare.
Tra cielo e mare. tra azzurro ed infinito, tra fede ed arte, la bella Cattedrale dedicata a Santa Maria Assunta sulla rocca del Priamàr, continua nel tempo, fatto di secoli, il suo discorso fra storia e vita, nel respiro dell'umano divenire. La nuova Cattedrale, per le vicende di una Savona prostrata, scesa al piano, é pronta a continuare il suo linguaggio di raccoglimento e di preghiera, tra le suggestive ombre di tanti ricordi di sublimi bellezze dello spirito e della natura. Tratto di unione, tra il monte ed il piano, rimane l'eterno canto del mare, nella sua ricca e dinamica forza vitale per la città e i suoi abitanti.
Secondo Francesco Cesarini.
N O T E
(1) - Cfr. R.Comba, M.L.Salvadori, L'Indagine Storica, Vol. 1, 1150 -1700 Loescher Editore, Torino, 1990. F. Panzini, A Rogmann, Pagine di Critica Storica, Vol. 1 , Editrice Ferraro, Napoli1988. Gabriele De Rosa, Età Medioeva-le, Minerva Italica, Bergamo, 1994.
(2) - Cfr. Carlo M Cipolla, Storia Economica dell'Europa Pre-Industriale, Società Editrice Il Mulino, Bologna, 1990, pag. 61.
(3) - Cfr. Giampaolo Perugi, La Riforma Ecclesiastica, in "Storiografia 1, Medioevo", Orientamenti e pagine scelte, Zanichelli Bologna, 1988, pag. 203.
(4) - Solo per ricordare alcuni imperatori, dal 918 al 1024 regna la famiglia Sassone con Enrico I, Ottone I, Ottone II, Ottone III (reggenza di Teofano e Adelaide) ed Enrico II (ultimo dei Sassoni). Dal 1024 al 1125 regnano gli imperatori Salii con Corrado II, Enrico III, Enrico IV (inizia con la reggenza di Agnese, e l'episodio di Canossa), Enrico V (ultimo della Casa Salica). Dopo la parentesi di Lotario di Sassonia, dal 1138 al 1254 regnano gli Stanfer di Casa Sveva con Corrado III, Federico I Barbarossa, Enrico VI, Ottone IV e Filippo di Svevia, Federico II (deposto da Papa Innocenzo IV). Siamo così giunti al 1250. Cfr. S. Hellmann, Storia del Medioevo, Edizioni I Dioscuri, Genova, 1990.
(5) - Cfr. Nazareno Fabretti, I Vescovi di Roma, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo, 1987, pagg. 158 e seguenti.
(6) - Cfr. Giuliano Procacci, Storia degli Italiani, Vol. I, Edizioni Laterza, 1968, riproduzione dell'Unità, 1991, pag.7.
(7) - Cfr. Nicola Turchi, Storia delle Religioni, Vol. II, Sansoni Editore, Roma, 1954, pagg. 882 e 883.
(8) - Cfr. Roberto S. Lopez, La Nascita dell'Europa, Secoli V-XIV, Giulio Einaudi Editore, Torino, 1966, pag. 47.
(9) - Per tutte le questioni inerenti alle incursioni saracene si veda Bruno Luppi, I Saraceni in Provenza in Liguria e nelle Alpi Occidentali, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Museo Bicknell, Bordighera, 1973.
(10) - Cfr. Mario Scarrone, Gli Aleramici e gli insediamenti monastici nel Finale (con una breve introduzione alla storia medievale del marchesato carrettesco), in "La chiesa e il convento di Santa Caterina in Finalborgo", SAGEP Editrice, Genova, 1982, pag. 7.
(11) - Cfr. Fulvio Conti, Il Triangolo e il Berretto Frigio. La Massoneria e il Movimento Repubblicano a Spezia nel Secondo Ottocento, in Studi in memoria di Sandro Pertini, "Mondo Operaio e Politica nell'Ottocento Ligure", Marco Sabatelli Editore, Savona, 1996, pag.164.
(12) - Cfr. Maria Giuseppina Mistrangelo, Le Pievi della Diocesi di Savona, in Atti Società Savonese di Storia Patria, n.s. Vol. II, Stabilimento Tipografico Priamar, Savona, 1968, pagg. 25, 26 e 29.
(13) - Cfr. Valeria Polonio, La Chiesa Savonese nel XII Secolo, in "Savona nel XII Secolo e la Formazione del Comune 1191 - 1991", Convegno di Studi, Savona 26 Ottobre 1991, in A. e M. Società Savonese di Storia Patria, n.s.,Vol. XXX, Savona, 1994, pagg. 63 e 64.
Chi scrive ha presentato a questo Convegno una breve comunicazione intitolata: "Il Monte di Credito del Comune di Savona", Prima banca locale sotto controllo pubblico", che peraltro non figura negli Atti. Il materiale di questa comunicazione, considerevolmente ampliato con una successiva ricerca, é stato pubblicato in un piccolo volume dalla Casa Editrice Liguria, con il titolo: "Cenni sul debito pubblico nei primi secoli del libero Comune di Savona e la probabile esistenza del Banco Civico prima del Quattrocento", per gli studenti della Scuola Media "Paolo Boselli" di Savona, in occasione del cinquantenario di fondazione dell'Istituto.
(14) - Cfr. Romeo Pavoni, L'organizzazione del territorio nel Savonese: secoli X-XIII, in "Le Strutture del Territorio fra Piemonte e Liguria, dal X al XVIII secolo", a cura di Alessandro Crosetti, Società per gli Studi Storici, Archeologici ed Artistici della Provincia di Cuneo, Atti del Convegno organizzato a Carcare il 15 Luglio 1990, in Associazione con la Società Savonese di Storia Patria, Cuneo, 1992, pag. 69 e 70.
(15) - Cfr. Omero Colombardo, Cengio e i Signori Del Carretto, Libreria Editrice M. Iannuccelli, Cengio, 1983, pagg. 45 e 46.
(16) - Cfr. Romeo Pavoni, op.cit., pagg. 67 e 68.
(17) - Cfr. Carlo Varaldo, Ritrovamento Altomedioevale nell'Antica Cattedrale del Priamàr a Savona, in Rivista Ingauna e Intemelia, n.s., n. 1-3, Gennaio 1979, Dicembre 1980, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 1983, pag. 85.
(18) - Cfr. Carlo Varaldo, La Sede Vescovile di Savona nell'Alto Medioevo (Prospettive di Studio), in Quaderno Inserto del Letimbro, n. 4, 31 Gennaio 1981, pag.21.
(19) - Si veda a questo riguardo tutto il capitolo quinto "Il Vescovo e il Comune", della "Guida Storica Economica e Artistica di Savona", scritta nel 1874 da Nicolò Cesare Garroni, pubblicata da Gio Sambolino, riedizione anastatica Atesa Editrice, Bologna, 1986, pagg. 100 e seguenti.
(20) - Sono i possedimenti e diritti compresi tra San Pietro di Carpignana e Savona e dal mare al giogo, ivi compreso quanto possiede in Legino e Lavagnola fino al Priocco, eccetto la castellania di Quiliano, il feudo dei signori di Albisola e tutti i diritti che possiede in Savona, tranne quelli già trasmessi ad Ansaldo e Rubaldo Boccadorzo e Pellegrino Rosso, garantendo altresì la disponibilità della moglie Alda ad accettare tale vendita per la parte che la riguarda.
Cfr. a tale riguardo I Registri della Catena del Comune di Savona, Registro I, a cura di Dino Puncuh e Antonella Rovere, in Atti e Memorie della Società Savonese di Storia Patria, n.s. Vol. XXI, Savona, 1986, pagg. 71 e seguenti.
(21) - Cfr. D.Pio Giovanni Battista, Cronistoria dei Comuni dell'Antico Mandamento di Bossolasco con Cenni sulle Langhe, in "Il Ventilabro Uno", Giorgio Baruffaldi Libraio Editore in Cuneo, 1975, pag. 37.
(22) - Cfr. Franco Ferretti, Guido De Lomello Vescovo di Savona (1163-1184), in Atti e Memorie Società Savonese di Storia Patria, n.s., Vol. XX, Savona, 1986, pagg 47 e 48.
(23) - Cfr. Filippo Noberasco, Peste e Contagi in Savona, Tipografia Italiana, Savona, 1939, pagg. 4 e 5.
(24) - Cfr. Paolo Brezzi, Ritratto di Alessandro III, in Rivista di Storia Arte Archeologia, per le Province di Alessandria e Asti, Atti Convegno di studio "Popolo e Stato in Italia nell'Età di Federico Barbarossa, Alessandria e la Lega Lombarda", 6-7-8-9 Ottobre 1968, Deputazione Subalpina di Storia Patria, Torino, 1970, pagg. 184 e 185.
(25) - Cfr. Antonio Robello, Il Beato Ottaviano, Monaco Benedettino, Vescovo di Savona, Genova Sampierdarena, 1992, pagg. 72 e 73.
(26) - Cfr. Silvia Bottaro, Ferdinando Molteni, Il Beato Ottaviano di Savona, Storia, culto e iconografia di un vescovo medievale, Marco Sabatelli Editore, Savona, 1996, pag. 11.
(27) - Cfr. Vittorio Poggi, Albisola, appunti archeologici, storici e artistici, in Atti e Memorie della Società Storica Savonese, Vol. I, Tipografia D.Bertolotto & C. Savona, 1888, pagg. 118 e 119.
(28) - Cfr. Giovanni Vincenzo Verzellino, Memorie e uomini illustri della città di Savona, Arnaldo Forni Editore, Ristampa anastica, vol. I, pag. 158.
(29) - Cfr.Atti Società Savonese di Storia Patria, Il Priamar dal Secolo XI al Secolo XVI (Testimonianze di cronisti savonesi raccolte da Italo Scovazzi e G.B.Nicolò Besio), Vol. XXX, IL PRIAMAR, Tipografia Priamàr, Savona, 1959, pag. 25.
(30) - Cfr. Giovanni Gallotti, Chiese di Savona, Editrice Liguria, Savona, 1992, pag. 7.
(31) - Cfr. Carlo Varaldo, Rinaldo Massucco, La ricerca storico-archeologico-architettonica premessa di un corretto intervento sul Priamàr, Relazione in Atti Convegno di Studi "Il Priamàr, Prospettive di Recupero per la Città", Comune di Savona Assessorato alla Pubblica Istruzione, Savona, 14-15-16 Giugno 1979, pag.34.
(32) - Cfr. Massucco, Ricchebono, Tassinari, Varaldo, IL PRIAMAR, Sabatelli Editore, Savona, 1982, pag. 17.
(33) - Cfr. Pasquale Gabbaria Mistrangelo (a cura di), La Fortezza del Priamàr a Savona, Biblioteca UIA, Musei per le comunità, Centro Editoriale dell'Università Internazionale dell'Arte di Firenze, Firenze, 1988, pag. 15.
(34) - Cfr. Nazareno Fabretti, I Vescovi di Roma, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo (MI), 1987, pag.242.
(35) - Cfr. Filippo Noberasco, citato da Giovanni Farris, in Giometria De Figure Quadre, di Giovanni Agostino Abate, Marco Sabatelli Editore, Savona, 1992, pag. 7.
(36) - Cfr. Angela Maria De Giorgio, Gli statuti quattrocenteschi della Consorzia della Madonna nella Cattedrale di Savona, in Atti e Memorie Societa Savonese di Storia Patria, n.s. Vol. XXXI, Savona, 1995, pagg. 94 e 95.
(37) - Cfr. Gian Luigi Bruzzone, Il più antico inventario (1136) della Masseria della Cattedrale di Santa Maria in Savona, in Atti Accademia Ligure di Scienze e Lettere, Vol. XLIX, 1992, (Ed.1993), sommario e pagg.266-267.
(38) - Cfr. Atti Società Savonese di Storia Patria, IL PRIAMAR, op.cit. pag.35.
(39) - Cfr. Atti Società Savonese di Storia Patria, IL PRIAMAR, op.cit. pag.35.
(40) - Cfr. Nino Lamboglia, Istituto Internazionale di Studi Liguri, I Monumenti Medioevali della Liguria di Ponente, Istituto Bancario San Paolo di Torino, Torino, 1970, pagg. 167 e 168.
(41) - Per maggiori particolari su questo territorio alle spalle di Savona, cfr. S.F.Cesarini, La Valle del Letimbro, Quaderni di ricerca dell'Amministrazione Provinciale di Savona, Grafiche F.lli Spirito, Savona, 1987.
(42) - Cfr. Giulio Fiaschini, Savona: destino di una città minore tra medioevo ed età moderna, in "La Madonna di Savona", Cassa di Risparmio di Savona, Marco Sabatelli Editore, Savona, 1985, pag.78.
(43) - Cfr. Marco Ricchebono, Carlo Varaldo, Savona, Sagep Editrice, Edizione speciale patrocinata dalla Cassa di Risparmio di Savona, Genova, 1982, pag.82.(18).
(44) - Cfr. Carlo Varaldo, 1536, un anno nella crisi: società ed economia a Savona nell'anno dell'Apparizione, in "La Madonna di Savona", Cassa di Risparmio di Savona, Marco Sabatelli Editore, Savona, 1985, pag. 99.
(45) - Cfr. Filippo Noberasco, Le Sinodi diocesane savonesi e la storia del costume, Tipografia Savonese, Savona, 1939, pagg. 7 e 8.
(46) - Cfr. Bruno Barbero, Giovanni Coccoluto, Nazzario Fancello, Rinaldo Massucco, Marco Ricchebono, Mario Scarrone, Carlo Varaldo, Il Complesso Monumentale della Cattedrale di Savona (Guida Storico Artistica), Editore "Il Letimbro", Stabilimento Priamàr, Savona, 1974, pagg. 5, 6 e 7.
(47) - Cfr. Atti Società Savonese di Storia Patria, Il Priamàr nei Documenti Genovesi (Contributo di Maria Margherita Martinengo), Vol. XXX, IL PRIAMAR, Tipografia Priamar, Savona, 1959, pag.84.
(48) - Cfr. Rinaldo Massucco, Le vicende del Priamàr nelle Cronache. La distruzione del quartiere di S.Maria e la costruzione della fortezza sul Priamàr,
in "Giovanni Agostino Abate, una Fonte per la Storia di Savona nel XVI Secolo", Studi in occasione del quinto centenario della nascita (1495-1995), a cura di Claudio Paolocci e Ferdinando Molteni, Genova, 1995, pagg. 157 e 158.
(49) - Cfr. Rinaldo Massucco, Maria Margherita Martinengo, opere citate, pagg. 159 e 83.
(50) - Una rappresentazione sacra scritta da don Giovanni Margara, per ricordare la vita di questo Vescovo, si é svolta nella cattedrale di Savona sabato 28 Settembre 1996, con lettura di un ottimo testo sulla vita del Beato e partecipa-zione del gruppo storico de "A Campanassa".
(51) - Cfr. Nello Cerisola, Storia di Savona, Editrice Liguria di Norberto Sabatelli, Savona, 1982, pag. 266.
(52) - Cfr. Leonardo Botta, La Riforma Tridentina nella Diocesi di Savona, parte I, Notizie Biografiche sui Vescovi, in Atti Società Savonese di Storia Patria, Vol. XXXIV, Savona, Tipografia Priamar, 1962, pagg. 26 e 27.
(53) - Eleggendo a successore di Adriano VI il cardinale "romano de Roma" Alessandro Farnese, sessantasettenne, di ricca e potente famiglia, di grinta dura e di cultura aperta, sembra che i cardinali, in certo modo, vogliano farsi perdonare l'infortunio del pontificato dell'olamdese Adriano VI. Fin da giovane Alessandro Farnese ha preferito la vita gaudente, d'altro canto normale per tutti i figli delle grandi famiglie aristocratiche. Discepolo di Pomponio Leto a Roma e a Firenze, finiti gli studi sceglie la vita diplomatica, anche perché curioso di conoscere il mondo e di frequentare ambienti diversi. Ha una donna dalla quale gli nascono quatttro figli. Nel 1513 si "converte" e sceglie la vita ecclesiastica. Presto vescovo, prima di Cornareto e Montefiascone, poi di Parma, di Tuscolo, di Benevento, di Ostia....Cardinale nel 1493; grande mecenate e benemerito d'aver avviato il Concilio di Trento, la svolta copernicana della Chiesa. Così Nazareno Fabbretti, I Vescovi di Roma, Breve Storia dei Papi, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo (MI), 1987, pagg. 250 e 252.
(54) - Cfr. Leonardo Botta, op. cit, pagg. 26 - 43.
(55) - Cfr. Thoralf T. Thielen, Cos'é un concilio ecumenico ? Edizioni Paoline, Pescara, 1961, pag. 112.
(56) - Cfr. Filippo Noberasco, Italo Scovazzi, Storia di Savona, nuova edizione ampliata da Italo Scovazzi e successivamente ordinata da Nicolò Besio, aggiornamento bibliografico a cura della Società Savonese di Storia Patria, Vol. II, Marco Sabatelli Editore, Savona, 1976, pag. 12.
(57) - Cfr. Poggio Poggi, Il Brandale, in Atti R.Deputazione di Storia Patria, Sezione di Savona, vol. XVIII, Savona, Tipografia Savonese, 1936, pagg. 37 e 38.
(58) - Cfr. Carlo varaldo, La Tipografia Urbana di Savona nel Tardo Medioevo, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Museo Bicknell, Bordighera, 1975, pagg. 35, 38 e 39.
(59) - Cfr. Leonardo Botta, La Riforma Tridentina nella Diocesi di Savona, Parte II, L'Opera di Riforma, in Atti Società Savonese di Storia Patria, Vol.XXXV, Savona, Tipografia Priamar, 1963, pagg. 96 e seguenti.
(60) - Cfr. Lorenzo Vivaldo, La descrizione dell'antico Duomo di Savona in un documento dell'Archivio Vescovile, in Atti Società Savonese di Storia Patria, n.s. Vol. IV, Savona, 1970-1971, pagg. 306-308.
(61) - Cfr. Rinaldo Massucco, L'estremo tentativo di salvare il Quartiere del Priamàr, in Atti Società Savonese di Storia Patria, n.s. Vol. IV, Savona, 1970-1971, pagg. 309-313.
(62) - Cfr. Rinaldo Massucco, Per la ricostruzione della topografia savonese antica: la Chiesa di San Domenico il vecchio, in Atti Società Savonese di Storia Patria, n.s. Vol. IV, Savona, 1970-1971, pagg. 283-286.
(63) - Cfr. Mario Fadda, La primitiva chiesa ed il convento di San Domenico edificati alle falde della Rocca del Priamàr di Savona, in "Il IV Centenario della chiesa di S.Domenico in Savona (1567-1967)", Editrice Liguria, Savona, 1967, pagg. 49 e 50.
(64) - Cfr. Giovanni Battista Nicolò Besio, Evoluzione Storico-Topografica di Savona, Savona, Palagi Smilace, 1963, pagg. 79-81.
(65) - Cfr. Carlo Varaldo, Insediamenti Religiosi e Problemi Urbanistici nella Savona Post-Tridentina, in Atti Società Savonese di Storia Patria. n.s. Vol. XIII, III Convegno Storico Savonese "Arte a Savona nel Seicento", parte seconda, Savona, 1979, pagg. 50 e 51.
(66) - Cfr. Marco Ricchebono, L'Architettura religiosa del Seicento a Savona. Considerazioni Preliminari, in Atti III Convegno Storico Savonese, Parte Secon-da, A. e M. Società Savonese di Storia Patria, n.s. Vol.XIII, Savona, 1979, pagg. 63 e seguenti
(67) - Cfr. Ferdinando Molteni, I Liguri di Dio, Daner Edizioni Savona e Vallec-chi Editore Firenze, 1995, pagg. 61 e seguenti.
(68) - Cfr. Giorgio Rossini, Le fortificazioni genovesi a Vado dal XVI Secolo: un capitolo di archittettura militare, in A e M. Società Savonese di Storia Patria, n.s. Vol. XIV, Savona, 1980, pagg. 107 e seguenti.
(69) - Cfr. Giovanni Gallotti, op.cit., pagg. 11.
(70) - Cfr. R.Massucco, M.Ricchebono, B.Barbero, Il Complesso del Duomo di Savona, in "Savona Appunti di Storia ed Arte", a cura della Società Savonese di Storia Patria e della Società "A. Campanassa", dispense ciclostilate.
Si tratta delle lezioni svolte nella primavera del 1974 al corso per guide turistiche di Savona, organizzato dalle due Società culturali.
(71) - Cfr. Italo Scovazzi, Filippo Noberasco, Storia di Savona, Vol. II, Tipografia Italiana, Savona, 1927, pag. 221.
(72) - AA .VV., Il Complesso monumentale della Cattedrale di Savona, op.cit., pagg. 3, 4 e 7.
(73) - Cfr. G.A.Rocca, Le Chiese e gli spedali della Città di Savona non più esistenti, coi tipi di B.Canovetti, Lucca, 1872, pagg. 51 e52.
(74) - Cfr. Nello Cerisola, Storia di Savona, Editrice Liguria, Savona, 1982, pag. 288.
(75) - Cfr. Romilda Saggini, L'Antica Consorzia di Nostra Signora della Colonna, Marco Sabatelli Editore, Savona, 1994.
(76) - Cfr. Italo Scovazzi, Filippo Noberasco, Storia di Savona, Vol. III, Tipografia Italiana, Savona, 1928, pagg. 132 e 133.
(77) - Cfr. Giorgio Rossini, Architettura di Palazzo ed Architettura di Villa a Savona fra Cinque e Seicento, in Atti III Convegno Storico Savonese, parte seconda, A. e M. Società Savonese di Storia Patria, n. s. Vol. XIII, Savona, 1979, pag. 104.
(78) - Cfr. Franco Ferretti, I Monaci di Fruttuaria nel Savonese, in A. e M. Società Savonese di Storia Patria, n.s. Vol. XV, Savona, 1981, pagg. 29 e 30.
(79) - Cfr. G.B. Nicolò Besio, Savona e il Centro Storico. Siag Editore, Valenti Editore, Genova, 1980, pagg. 32 e 33.
(80) - Per eventuali approfondimenti, rimandiamo all'interessante saggio di Marco Ricchebono, Il Palazzo del Monte di Pietà, un frammento di storia urbana savonese, in "Savona nel Quattrocento e l'Istituzione del Monte di Pietà", Cassa di Risparmio di Savona, Marco Sabatelli Editore, Savona, 1980.
(81) - Cfr. Carlo Varaldo, Il Centro Storico di Savona nella sua evoluzione, in "savona, Appunti di Storia ed Arte", ciclostilato, op.cit., pag. 35.
(82) - Cfr. Filippo Noberasco, Gli Scrittori della Città di Savona, (secc. XIV - XVII), parte prima, in A. e M. Società Savonese di Storia Patria, Vol. III, Tipografia Savonese, Savona, 1925, pag. 168 (30).
(83) - Ordine di chierici regolari fondato nel 1524 da S.Gaetano di Thiene, dal sacerdote Bonifacio Colli e da mons. G.P.Carafa, vescovo di Chieti (lt.Teate, donde il nome) che fu poi Paolo IV, ed approvato nel 1529 da Clemente VII. Ha per scopo l'istruzione religiosa del popolo, l'assistenza degli ammalati e l'assistenza spirituale del clero. Sono attualmente 125, con case a Roma e fuori. (Da: "Enciclopedia del Cristianesimo", diretta da Mons.Silvio Romani, Casa Editrice Tariffi, Roma, 1947, pag. 1278).
(84) - Cfr. Giuseppe Emanuele Bazzano, La Sede Vescovile di Savona e i Vescovi della Diocesi, (finisce con Mons.Giuseppe Salvatore Scatti), in A.e M. Società Savonese di Storia Patria, Vol. VIII, Savona, 1925, pag. 89.
(85) - Cfr. Rosalina Collu, Il Mausoleo Della Rovere, in "Itinerari Rovereschi, Savona nei secoli XV e XVI", Comune di Savona, Regione Liguria, Società Savonese di Storia Patria, coordinamento Silvia Bottaro, Tipografia Priamar, Savona, 1985, pagg. 42 e 43. Più recentemente si veda anche SavonArte, numero unio,supplemento de l'Agenda,15 Novembre 1995.
(86) - Cfr. Secondo Francesco Cesarini, Aspetti Finanziari e Bancari dell'Impre-sa Colombiana, Libreria Editrice M.Jannuccelli, Cengio, 1994.
(87) - Cfr. Carlo Varaldo, I D'Aria e i Mausolei "Rovereschi" nella Savona Rinascimentale, in A.e M. Società Savonese di Storia Patria, n.s., Vol. VIII, Savona, 1974, pag. 145.
(88) - Cfr. Guido Malandra, Documenti sulla Cappella Sistina e sul Palazzo Della Rovere a Savona, in A. e M. Società Savonese di Storia Patria, n.s., Vol. VIII, Savona, 1974, pag. 136.
(89) - Cfr. Gabriele De Rosa, Età Medievale, Minerva Italica, Bergamo, Elemond Editori Associati, 1990, pagg. 174 e 175.
(90) - La primitiva Cattedrale, che contese forse a Vado la sede vescovile, era sul Monte di San Giorgio o nel sito della Cattedrale di Santa Maria posteriore al Mille? Vi sono poche speranze di risolvere il problema per via archeologica, nello stato attuale in cui é ridotta la Cattedrale, con la roccia quasi affiorante, e data la totale scomparsa del Castello di San Giorgio. (Così Nino Lamboglia, Gli Scavi nella Fortezza del Priamàr negli anni 1969-1971, in "Miscellania di Storia Savonese", Università di Genova, Collana Storica di Fonti e Studi diretta da Geo Pistarino, a cura della Cassa di Risparmio di Savona, Genova, 1978, pag. 14.
Nel primo millennio della Chiesa Savonese.
LA DISTRUZIONE DELLA VECCHIA CATTEDRALE E LA COSTRUZIONE DELLA NUOVA.
(Note Storiche)
Savona, Febbraio 1999.
INDICE SOMMARIO
Prefazione....................................................................... pag. 2
1) - Introduzione e breve inquadramento storico................ " 4
2) - La sede vescovile di Savona.......................................... " 6
3) - La riduzione territoriale della diocesi mentre dagli
Aleramici si affermano i Del Carretto.......................... " 7
4) - La Cattedrale sul Priamàr e i primi vescovi................. " 9
5) - Cenni sul vecchio Priamàr............................................. " 12
6) - La situazione di Savona nei primi secoli del 1000........ " 14
7) - La Chiesa di Savona durante il predominio genovese.. " 18
8) - Topografia trecentesca e nuovo centro religioso......... " 20
9) - Il lungo travaglio per la nuova Cattedrale................... " 24
10) - Il Vescovo Pietro Francesco Costa............................ " 29
11) - Le nuove difficoltà politiche non bloccano importanti
costruzioni.................................................................... " 31
12) - Conclusioni................................................................... " 33
Note.............................................................................. " 34
Prefazione
La storia della nostra Cattedrale è segnata dalle sue origini da gravi sofferenze e pesanti tensioni sociali ed ecclesiali.
Innanzitutto alle sue spalle c'è la distruzione, ad opera dei Genovesi, della prestigiosa e splendida città medievale che dominava il Priamàr.
Tutta una città, con i suoi tesori di arte, di cultura, di vita religiosa annientata dall'oggi al domani nel tentativo di cancellarne la dignità, oltre e ancor prima l'esistenza.
Una violenza terribile che però non sortisce l'effetto di cancellare l'orgoglio e la dignità dei Savonesi, certamente sorretti, nell'opera di ricostruzione, da un forte spirito di fede religiosa che ha contrassegnato la storia di quei tempi difficili.
Poi, una volta trasferita la sede della cattedrale presso la chiesa francescana, si scatenano ben poco nobili tensioni in ambito ecclesiastico tra i francescani ed il clero secolare ed occorre l'intervento autorevole del Papa per decretare l'allontanamento dei Francescani dalla loro sede, permettere la demolizione della loro chiesa e la costruzione in loco della nuova cattedrale.
Ci sono riportati episodi che mostrano come la fede di allora sia arrivata ad esprimersi anche in maniera molto contraddittoria e ben poco esemplare; per non parlare di coloro che, in qualità di pastori, avrebbero dovuto rendere buona testimonianza al Vangelo ed invece hanno seminato disordini e discordie tra i fedeli.
Sofferenze, tensioni, contraddizioni; episodi di eroismo e nel contempo di ben poca carità cristiana. Il tutto fa da sottofondo alla nascita della nostra Cattedrale, simbolo visibile e tangibile della realtà ben più grande che rappresenta: la Chiesa, comunità di battezzati in Gesù Cristo.
Nulla di più significativo e di più naturale. E' una storia antichissima e sempre attuale.
La Chiesa vive nel mondo, a suo stretto contatto, anzi immersa nelle vicende anche contraddittorie e talvolta meschine della realtà di ogni giorno.
E' proprio in questa piena immersione nella storia che porta il suo annuncio di eterno; nelle miserie di questa storia porta la ricchezza del suo destino e della sua natura anche divina.
Credo che dobbiamo esprimere gratitudine al dott. Cesarini, per aver raccolto pazientemente le notizie di questa storia tutta nostra, perché in tal modo ci é offerto non solo un documento interessante in cui addentrarci con le nostre curiosità storiche, ma, per chi desidera e per chi lo sa cogliere, é dato anche uno strumento di riflessione su quella antica, peccatrice e splendida realtà che é la Chiesa di Gesù Cristo quale si é formata e vive a Savona.
Giovanni Margara.
1) - Introduzione e breve inquadramento storico.
L'epoca storica attorno alla fine del primo millennio, che qui vogliamo studiare, si pone tra l'alto e il basso Medioevo, in un periodo di espansione sia delle istituzioni religiose sia di quelle civili: quando, con la lotta per le investiture e con il sorgere dei Comuni mutarono i primi germi fecondi dell'età nuova sul terreno della cultura, della politica, dello sviluppo sociale ed economico.
Non si può parlare di una pura età di transizione, quasi in attesa dell'età moderna. Vecchio pregiudizio, di cui peraltro la storiografia ha fatto da tempo giustizia, perché si tratta di una grande stagione storica in cui l'umanità ha cominciato ad assaporare considerevoli traguardi.
Alla base di una maggiore coltivazione di terre vergini e della creazione di nuovi insediamenti, c'é un incremento demografico prolungato e durevole che stimola la produzione e la commercializzazione dei prodotti agricoli. L'aumento della popolazione affonda le proprie radici nella ripresa economica e produttiva dell'XI Secolo e si può valutare solo in modo approssimativo (1).
All'inizio del secondo millennio la storia economica evidenzia fra l'altro l'importanza delle strutture religiose nelle varie regioni europee, per scopi non soltanto spirituali, ma anche di aiuto alle popolazioni, nei vari comparti necessari alle condizioni di vita. Nei secoli precedenti il X furono forse più frequenti i periodi in cui prevalse il tesoreggiamento (nel senso di accantonamento di risorse, una specie di rispamio moderno). Nei secoli X - XII, invece, furono più frequenti i periodi in cui prevalse il fenomeno opposto. In Italia nei secoli X - XI vescovi e monasteri spesero i loro tesori nella lotta per le investiture. Oltralpe, vescovi ed abati fecero lo stesso a favore dei vari movimenti di riforma della Chiesa. In tutta Europa, durante i secoli X -XII, una vera febbre di costruzioni religiose accelerò la mobilizzazione di tesori accumulati nei secoli precedenti (2).
Intorno all'anno 1000 papato e impero sono le due grandi quinte entro le quali si svolge la vicenda della storia medievale europea. Per la verità, dopo Gregorio Magno, il grande papa che regnò fra la fine del 500 e l'inizio del 600, pochi furono i papi che, per bontà, santità e autorevolezza, si avvicinarono a Lui; ed anche gli imperatori, dopo Carlo Magno, che nell'800 ricevette da Papa Leone III il diadema dell'incoronazione ufficiale, ebbero figure di poco rilievo. Alla fine del primo millennio cominciano secoli bui, soprattutto per la Chiesa di Roma, perché sul trono di Pietro si succedono, per quasi due secoli, papi indegni.
Mentre localmente inizia il primo millennio della nostra Chiesa, nel corso del X secolo il cristianesimo, in generale, attraversò una grave crisi che ci riguarda solo di riflesso. Giampaolo Perugi, citando autorevoli studiosi, rileva che in quel periodo l'ingerenza dei laici nella vita della Chiesa era capillare ed assillante. "Lo sviluppo del patronato e del conferimento di benefici ad opera di patroni laici, l'intromissione nelle elezioni dei vescovi (che verrà perseguita dai potenti di turno anche nei secoli seguenti, fino al periodo napoleonico e forse anche dopo), le dinastie episcopali dei membri sposati delle grandi famiglie laiche, le violenze contro i chierici e le chiese, la prassi della commenda di abbazie a beneficio dei laici, costituivano altrettanti aspetti di questa subordinazione della Chiesa al mondo laico" (3).
Si può dire che nell'istituzione papale il buio fitto comincia praticamente nell'ultima parte del primo millennio, con il macabro "Concilio del cadavere", per condannare da morto Papa Formoso, scomunicato da vescovo e assolto poi da Papa Marino I, che gli spiana la strada alla Tiara, per morire infine forse avvelenato. Continua poi un'impressionante escalation di papi indegni, nominati in gran parte dagli imperatori di Germania (4) o da congreghe di nobili romani. Dire simoniaci sembra ben poca cosa nei confronti di tutte le altre nefandezze di cui si macchiano questi papi, molti dei quali sono anche uccisi da chi li aveva fatti eleggere. La storia si complica poi con gli antipapi nominati dagli imperatori quando, per circoscanze diverse, non riuscivano ad influire sulla nomina del papa regolare. In queste circostanze vi sono papi regolari che diventano antipapi o viceversa. Papi che durano pochi mesi o poche settimane, che non si sa come muoiono o da dove vengano; si sa solo che sono voluti dal partito filogermanico. Vi sono papi molto giovani, gaudenti senza alcun ritegno. Alcuni non sono nemmeno sacerdoti: vengono ordinati preti e vescovi nello stesso giorno della designazione papale, sempre d'intesa con l'imperatore. Alcuni sono deposti, altri assassinati. Abbiamo anche papi cacciati a furor di popolo. Uno si vende il pontificato, altri abdicano.....e lo scandalo continua. Salvo qualche rara eccezione, "il buio diventa sempre più buio" osserva Nazareno Fabretti (5).
Finalmente comincia, però, ad intravedersi un certo cambiamento, o meglio una certa volontà di cambiamento. Col Concilio Lateranense del 1059 convocato da Papa Niccolò II, ai Cardinali viene riservata l'elezione del Papa, sottraendola così al clero e al popolo romano e alle pressioni che su questi ultimi venivano abitualmente esercitate dal potere laico ed imperiale (6).
Il buio fitto viene interrotto con un grande papa che regna dal 1073 al 1085: Gregorio VII, il monaco Ildebrando di Soana che ha deciso di dedicare completamente la sua vita alla Chiesa, studiando nella celebre Abbazia di Cluny. Appena eletto Papa, il suo primo pensiero fu quello di portare avanti la riforma nei costumi del clero, e, con tutti quei mezzi energici di cui egli sapeva disporre, riuscì a togliere, o almeno a frenare, i più gravi abusi degli uomini di chiesa e a rimettere in onore il celibato ecclesiastico. In tale opera riformatrice incontrò enormi difficoltà, ma con il suo carattere fermo e la costante volontà seppe portare avanti la riforma.
Il più terribile avversario di questo Papa, fu come noto, Enrico IV , imperatore di Germania, il quale, alle intimazioni di desistere dall'accordare la investitura dell'anello e del pastorale a certi suoi cortigiani indegni, rispose con rifiuti e con violenze sacrileghe. Gregorio VII non cedette mai alle prepotenze di quel monarca; e finalmente, forte dell'appoggio dei principi di Germania e dei popoli tedeschi e italiani, sicuro di difendere la causa del diritto e della più sacra delle libertà, scagliò la scomunica contro Enrico e sciolse i suoi sudditi dal giuramento di fedeltà. Enrico allora ottenne a prezzo di umiliazioni il perdono del fiero pontefice; ma la sua penitenza a Canossa fu assoluta ipocrisia. Dopo Canossa, radunò infatti conciliaboli contro Gregorio VII, fece eleggere un antipapa e marciò su Roma. Costrinse ad andare in esilio il Papa che rimase però sempre fermo nel compimento dei suoi doveri di pontefice romano, sempre inflessibile nella difesa dei diritti della Chiesa;Gregorio VII morì perseguitato, esule, martire della tirannide imperiale, ma con la coscienza di aver compiuta la sua missione sulla terra. La Chiesa lo venera come Santo.
La riforma continua, poi, con un altro Concilio Lateranense (quello del 1123, convocato da Papa Callisto II) che mette termine alla Lotta delle Investiture. Ma il cammino é ancora lungo. Nei pontificati successivi, la volontà di riforma subisce infatti un drastico rallentamento, o meglio si arresta del tutto, mentre preti, vescovi e monaci non solo sono sposati, nonostante vigesse già l'obbligo del celibato, ma anche concubini, con figli illegittimi. Con un nuovo Concilio Lateranense del 1215, celebrato sotto il pontificato del grande Innocenzo III (1198-1216), le cose cominciano a cambiare veramente, riprendendo la via tracciata da Gregorio VII.
La cattedra di Pietro passa comunque indenne anche nel mare tempestoso di questi secoli, segno evidente che c'é un qualcosa di soprannaturale che la protegge.
2) - La sede vescovile di Savona.
Mentre a Roma il cammino della storia segna per il papato quegli eventi che sopra abbiamo fugacemente ricordato, a Savona, dove la sede vescovile era giunta, come abbiamo visto da Vado sul finire del 1000, gli avvenimenti sono di segno opposto, nel senso che alla guida della chiesa locale si succedono vescovi più sensibili alla vita religiosa e particolarmente legati alle strutture locali (A Campanassa ha ricordato alcuni di quei vescovi con le figure sul vaso del Confuoco 1996, fatto dal ceramista Mirco Occelli). Nei primi due secoli del secondo millennio i vescovi savonesi si dedicano, fra l'altro, ad arricchire la Cattedrale sul Priamàr, chiamando ad operarvi artisti autorevoli.
Lo storico Franco Calcagno, in un suo saggio su "Il Letimbro" dell'8/8/1997, ha ricordato il riconoscimento e le conferme avute con i diplomi rilasciati dagli imperatori di Germania Ottone III ed Enrico II (vedi nota 4), per i possedimenti della Chiesa savonese, verso la fine del primo millennio. La giurisdizione del Vescovo savonese era in allora molto più ampia di quella attuale. Infatti i diplomi imperiali riconobbero e confermarono ai vescovi savonesi al di là del crinale appenninico, un complesso patrimoniale formato dalle pievi di Cairo, Cortemilia, Gottasecca, Millesimo, Monesiglio, Sale Langhe, e da chiese, inclusi i beni e le spettanze delle une e delle altre, e infine da possessi terrieri, talora organizzati in curtes, nelle Langhe e nella Valle Bormida.
I fatti relativi alla Chiesa savonese e su cui ci soffermeremo maggiormente in seguito, avvengono, all'incirca, nel periodo della Controriforma. Al dilagare del Protestantesimo la Chiesa cattolica, che già da un secolo, come sopra accennato, aveva sentito l'urgente bisogno di iniziare la riforma interna nel campo disciplinare e di opporre alle nuove idee che scalzavano il dogma ecclesiologico con le dottrine del libero esame e della Grazia, oppose l'argine di un concilio generale convocato da Paolo III a Trento (su cui torneremo), città intermedia tra i paesi dell'impero tedesco e l'Italia. Il Concilio si aprì il 13 Dicembre 1545 e si chiuse, dopo due interruzioni, il 4 Dicembre 1563, sotto Pio IV. Si svolse in venticinque sessioni che trattarono tutte le questioni della fede e della morale: Simbolo di Fede, Sacra Scrittura, peccato e giustificazione, Sacramenti in generale e in particolare, riforma del clero secolare (vescovi, parroci) e regolare, governo delle diocesi, istituzione dei seminari. Grande parte nell'opera della Controriforma ebbe in Germania la Compagnia di Gesù, specialmente ad opera di san Pietro Canisio, mentre in Italia corifeo della Controriforma cattolica fu l'austero e zelante san Carlo Borromeo, nipote di Pio IV (7), arcivescovo di Milano, da cui, come già accennato, dipendevano anche le diocesi liguri.
Dal punto di vista culturale, una grossa funzione civilizzatrice fu anche quella svolta dal Monachesimo. Votate al lavoro manuale o intellettuale come alla preghiera, le comunità monastiche furono a lungo le sole eredi dello spirito d'ordine e d'organizzazione latino, i soli agglomerati capaci d'ingrandirsi e di moltiplicarsi in mezzo alla dispersione e alla confusione generale (8).
Per quanto riguarda i nostri territori, la fondazione dei monasteri, con le numerose loro dipendenze e possedimenti, disseminati un po' dovunque nelle località più disparate della grande Marca Aleramica, si dimostrò ben presto una soluzione felice. Le fondazioni monastiche da parte di Aleramo iniziano presto nella parte settentrionale della sua marca, già liberata dal dominio saraceno (9) e ormai al sicuro. Mentre perduravano le operazioni militari, e prima ancora di ricevere l'investitura imperiale, Aleramo fonda, l'11 Agosto 961, l'Abbazia di Grazzano sul Po. I monasteri vengono in seguito fondati gradatamente sempre più verso sud, specialmente nelle valli del Monferrato e delle Langhe, dove maggiore era la necessità per le più estese devastazioni subite, fino ad avvicinare i loro possedimenti al mare per una facile via di commercio. Sulla Riviera, quasi in sincronismo colle fondazioni aleramiche nel Monferrato e nella valle del Tanaro, aveva già provveduto il Vescovo di Savona Bernardo, fondando, il 3 Marzo 992, il Monastero benedettino di S.Eugenio de Insula Liguriae, dotandolo di chiese e possedimenti sulla costa e nelle valli interne (10).
I monasteri entrarono nel mirino della massoneria fin dai tempi delle prime logge. Ad esempio quella di Luni, in provincia di La Spezia, si distinse per uno spiccato senso anticlericale, che manifestò nel 1865, allorché inviò al Parlamento un indirizzo nel quale sosteneva la necessità di abolire il Monachesimo e di incamerare tutti i beni ecclesiastici (11).
Oltre ai monasteri, dalle prime notizie che si hanno circa l'organizzazione della Chiesa a Savona, gli storici sono concordi nell'affermare che l'originaria sede vescovile era nella Vada Sabatia. I limiti su cui essa estendeva la propria giurisdizione: erano ad est il Torrente Lerone, presso Cogoleto; ad ovest il Torrente Pora, presso Finale; ed a sud il mare. La vita stessa della diocesi rimane avvolta nella più completa oscurità per parecchi secoli. Il principale mutamento é dato dal trasferimento della sede episcopale di San Giovanni Battista di Vado a Santa Maria di Castello, sorta già nel secolo IX sul Priamàr. Tale fatto si verificò in relazione alla decadenza di Vado nei secoli IX e X ed al suo totale misconosci-mento da parte di Savona.
3) - La riduzione territoriale della diocesi mentre dagli Aleramici
si affermano i Del Carretto.
Nella configurazione della Diocesi, un altro notevole mutamento si verificò durante la prima metà del secolo XIII. Nel 1239 venne infatti separata da essa la chiesa di Noli, che fu avocata provvisoriamente a sé dal Pontefice Gregorio IX e poi eretta in diocesi indipendente (12).
Una dettagliata analisi sulla Chiesa savonese nel XII secolo é stata fatta da Valeria Polonio a cui rimadiamo. Preme però sottolineare che, a parte le sporadiche notizie di età antica e altomedievale, Savona si affaccia alla storia in maniera definita e continuativa all'ombra del vescovo; e, bisogna aggiungere, all'ombra dell'impero. I sovrani di casa sassone - forse già Ottone I o certamente ottone II - si interessano all'episcopato savonese. Vi é una certa corrispondenza tra vescovo e sovrano e qui sta la matrice di un duplice fenomeno, destinato a segnare le vicende savonesi per un paio di secoli, sia pure in termini che si adegueranno al mutare dei tempi: da un lato l'incremento di un solido patrimonio episcopale, sorretto da buoni elementi di capacità temporale; dall'altro il solidale affiancamento dei vescovi alle vicende della città (13).
Nei primi secoli del secondo millennio cominciano i periodi bui del papato ed anche l'Italia é ormai diventata da tempo feudo della corona germanica che fa sentire su tutto, compresa la vita religiosa, il suo potere assoluto.
Fra il primo e il secondo millennio il periodo di transizione é piuttosto lungo perché cambiano non solo le condizioni di vita, ma anche il sistema amministrativo locale. Non é da credere che vi fosse una netta separazione e un costante contrasto fra la società cittadina e la società rurale. Esse erano integrate economicamente e collegate socialmente. I nobili di Savona e Noli, come quelli di Genova e di Albenga, possedevano allodi, livelli e feudi nel territorio della Marca Aleramica e avevano relazioni di interesse e di parentela con i marchesi e i loro vassalli. Comune a tutti era lo sfruttamento economico del territorio. Come a Genova e ad Albenga, il ceto dirigente e mercantile si identificava con i possessori fondiari, inseriti nel sistema feudale, la cui stabilità era rappresentata dai marchesi. Sistema unico, ma componenti diverse: una di queste era la società cittadina, indubbiamente elemento dinamico. Il problema pertanto non é quello di una contrapposizione, ma di una graduale ridifinizione del ruolo spettante alle varie parti, fino a che i successivi aggiustamenti non sfoceranno nell'instaurazio-ne di un nuovo sistema sociale ed economico che, in un certo senso può dirsi rivoluzionario.
La frammentazione dell'antico territorio vadense, non fu determinata soltanto dall'ascesa delle aristocrazie savonesi e nolesi, ma anche dalle divisioni che si verificarono fra i vari rami aleramici (14). Possiamo considerare Enrico il Guercio, Marchese di Savona (figlio, con altri sei fratelli, del famoso Bonifacio, Marchese del Vasto), come l'iniziatore della grande famiglia dei Del Carretto, casato che si può presumere si sia sviluppato nelle nostre zone attorno all'anno 1179 (o 1186). Il Marchese Ottone del Carretto, figlio primogenito di Enrico il Guercio (con quattro successivi fratelli), probabilmente assunse l'indicazione "Del Carretto", quando nella zona omonima (periferica, in quello che é oggi il Comune di Cairo Montenotte), trasferì la sua famiglia in seguito alla vendita delle terre, nella fascia costiera, ai Consoli del Comune di Savona, avvenuta come noto il 10 Aprile 1191 (15). A questa data si fa risalire la nascita del Comune.
Il trasferimento della sede Vescovile da Vado a Savona avvenne comunque attraverso alterne vicende. Gli Aleramici, che già nel 991, in occasione della fondazione di Spigno (Abbazia di San Quintino), avevano espressamente ricordato il Vescovo di Vado, evidentemente non riconoscevano l'importanza acquisita da Savona e le negavano la dignità di sede comitale e vescovile, quindi di città. Le tensioni con i nobili savonesi si facevano dunque sentire. Il vescovo, sebbene il suo trasferimento a Savona non avesse nociuto ai buoni rapporti con i marchesi, ritenne opportuno abbandonare temporaneamente il titolo di savonese e riassumere quello di vadense in occasione di una controversia, sottoposta al giudizio del placito marchionale, con gli uomini di Noli. Questa, del 23 Febbraio 1004, é l'ultima testimonianza di una Diocesi e di un Comitato di Vado. D'ora innanzi si tratterà sempre di Diocesi e di Comitato o Marca di Savona (16).
Attorno alla citata affermazione del Verzellino che pone nel 992 il trasferimento della sede vescovile da Vado a Savona, si é aperto un approfondimento fra storici, perché alcuni pongono l'avvenuto trasferimento addirittura a un secolo prima. Carlo Varaldo, in un saggio pubblicato sulla Rivista Ingauna e Intemelia, circa un pezzo di rilievo marmoreo rinvenuto nel corso di scavi sul Priamàr, nell'area dove sorgeva la vecchia Cattedrale, dopo averlo descritto accuratamente, ponendolo in relazione ad altri reperti analoghi, ritrovati in altri luoghi, osserva che la sua presenza acquista così valore di testimonianza sui primi lavori di riorganizzazione della cittadella del Priamàr e ci suggerisce di anticipare alla prima metà del IX secolo quel ritorno definitivo in Savona della popolazione sabazia che si voleva, finora, datare solo nella seconda metà di quello stesso secolo. Col ritorno di tale popolazione e la costruzione o ricostruzione della Cattedrale, di cui il "rilievo" ritrovato é preziosa testimonianza, si trasferisce in Savona anche il vescovo che nell'867 conservava ancora, per quanto forse già insediato a Savona, il titolo di vadensis episcopus, mentre vent'anni dopo, nell'887, abbiamo la prima esplicita attestazione di venerabilis episcopus saonensis Romolo, nel placito astigiano del conte Oldorico, in cui é ricordato anche il castrum fortificato sul Priamàr (17).
Sempre dal Varaldo, le osservazioni sviluppate richiamando i più antichi scrittori che si sono occupati dell'argomento (a partire dallo Zuccarello nel suo lavoro manoscritto del 1533), pongono quale primo vescovo Giovanni I che avrebbe retto la chiesa savonese per venticinque anni, a partire dal 967. Tesi questa assai vicina a quella sostenuta, tre secoli prima, dal Sindaco del Comune di Noli, Giovanni Ugolino, che, nel 1262, richiesto sulla data dell'insediamento del primo Vescovo rispondeva " iam sunt anni 300, de pluribus non credi". Anche per Noli, quindi, la sede vescovile savonese era nata nella seconda metà del X secolo, nel momento in cui l'impero avviava, con gli Ottoni, una vigorosa politica di restaurazione del potere centrale e, parallelamente, la Chiesa riorganizzava il suo sistema diocesano (18).
Gli storici, compreso il Varaldo, sono comunque concordi nell'affermare che la definitiva approvazione del passaggio della sede vescovile da Vado a Savona avvenne solo alla fine del X secolo ad opera del papa Gregorio V (Brunone di Carinzia, figlio del duca Ottone, cugino dell'imperatore Ottone III, che lo stima e medita per lui una sicura carriera). Infatti viene eletto papa a soli 24 anni, il 3 Maggio 996 e incoronato il 21, (da Nazareno Fabbretti, I Vescovi di Roma, Edizioni Paoline, 1987, pag. 138), e quindi si può ritenere il già visto 992 come l'anno del passaggio.
Ottone III, imperatore del Sacro Romano Impero della nazione germanica, con i diplomi imperiali degli anni 998 e 999, e successivamente Enrico II (dopo la parentesi di Arduino, marchese d'Ivrea, creato Re d'Italia, a seguito della rivolta dei vassalli che si erano ribellati all'impero, e che viene però sconfitto e si ritira nel Monastero di Fruttaria nel Canavese) col diploma imperiale del 1014, confermano i privilegi e le terre spettanti alla Chiesa di S.Maria sul Priamàr e al Vescovo di Savona (19).
4) - La Cattedrale sul Priamàr e i primi verscovi.
Nel frattempo, alla guida della Chiesa savonese si succedono vescovi che provvedono all'abbellimento della Cattedrale sul Priamàr e i marchesi Del Carretto comprendono che i tempi stanno mutando velocemente; così assecondano il cambiamento cedendo le loro terre al nascente Comune di Savona, con contratti di compravendita. L'atto pubblico più importante di questo periodo, che consacra ufficialmente il nuovo orientamento é, come sopra accennato, quello del 10 Aprile 1191, con cui "Odo de Carreto, Dei gratia Saone marchio", vende una parte considerevole delle sue terre ai Consoli del Comune di Savona (20).
Nei "Registri della Catena del Comune di Savona", si trovano poi indicati nella loro stesura completa, altri importanti atti, come ad esempio quello del 18 Novembre 1191, con cui Enrico VI, su richiesta di Ambrogio, vescovo di Savona, prende sotto la sua protezione la città di Savona, confermando ai cittadini possessi e diritti, in particolare la vendita effettuata da Ottone del Carretto, del 10 Aprile 1191 (pag. 14, op.cit. nella seconda parte di nota 20); o quello del 14 Aprile 1193, con cui Guglielmo de Turre e Soldano di Alba, procuratori di Enrico del Carretto, rilasciano quietanza al Comune di Savona di 5.000 lire di genovini per la vendita di Quiliano (pag. 17, op.cit. nella seconda parte di nota 20).
Interessante notare, come rileva don Pio Giovanni Battista che i due fratelli Ottone ed Enrico del Carretto succedettero al padre Enrico il Guercio in piena rivoluzione sociale. Il soffio di libertà, che ardente cominciò a spirare sotto il mite regime temporale dei vescovi nel secolo XI, doveva a poco a poco scuotere tutto l'ordinamento politico delle città, castelli, ville, borghi e corti e preparare il terreno alla costituzione dei liberi comuni (21).
Nei primi anni di vita del libero Comune di Savona, molto spesso, il Vescovo partecipa con i consoli alla stipulazione dei principali atti cittadini; molti dei quali vengono rogati nella Chiesa di San Pietro il Vecchio, vicino alla Torre del Brandale, o in Piazza del Brandale (platea Brandalis). Il Vescovo funge anche da mediatore per la stipulazione di convenzioni, senza il pagamento di particolari diritti (in allora molto in uso) con gli "uomini" di Comuni vicini per l'utilizzo dei boschi o delle vie di comunicazione. Ultimata la stipulazione della convenzione, con la solennità degli abiti pontificali, riceve poi in Vescovato le parti contraenti che gli rendono omaggio.
Vi é ora da accennare che, con tutta probabilità, sulla cattedra vescovile savonese, nel corso della seconda parte del XII secolo, sedette un vescovo scismatico, nominato dall'Imperatore Federico I detto il Barbarossa, che a seguito del grave dissidio col Papa legittimo Alessandro III, aveva fatto eleggere l'antipapa Vittore IV. La nomina di questo vescovo, probabilmente si deve ad un doppio ordine di fattori: nel respingere da parte dei savonesi la sudditanza a Genova, gli stessi si erano posti nell'orbita imperiale; inoltre il capostipite dei Del Carretto, il Marchese di Savona Enrico, uomo fedele all'imperatore, per suo conto aveva svolto importanti incarichi diplomatici. Si tratta del Vescovo Guido De Lomello (1163-1184), che peraltro la tradizione savonese ricorda come uomo di santa vita, tanto da essere considerato Santo. E qui appare una curiosa analogia con il Beato Ottaviano, il vescovo savonese morto nel 1133, che nel precedente scisma di Anacleto aveva parteggiato per Papa Innocenzo. Questo fatto induce al sospetto che Guido De Lomello si sia adoperato per l'unità della Chiesa cattolica, evitando di aderire al proseguimento dello scisma dopo la morte di Vittore IV (22 Aprile 1164), quando cioè Rinaldo di Dassel, arcicancelliere e arcivescovo di Colonia, impose come antipapa Guido da Crema, col nome di Pasquale III. E' verosimile che Guido De Lomello avesse compreso la scarsa affidabilità della chiesa scismatica e l'orientamento del suo popolo savonese tendente ad un ritorno all'obbedienza religiosa alla santa romana Chiesa, anche sull'esempio di Genova, che al ritorno in Italia di Alessandro III riprese subito a sostenerne le parti. Non é da escludere che il Vescovo Guido, quando fu inviato a Savona, fosse poco più che trentenne, avendo alle spalle buoni studi giuridici. Gran parte del clero e del popolo savonese deve aver accettato di buon grado la designazione imperiale, appoggiata dal marchese Enrico (22). Circa la santità di questo Vescovo, una testimonianza in tal senso si ha anche da parte di Filippo Noberasco che, in un suo studio sulla peste e sui contagi nel Savonese, cita cronisti del tempo e documenti d'archivio. Nel 1010 fame e peste imperversarono tanto che la gente era sepolta spesso ancor viva. Savona ne sofferse molto, come nel 1028, in cui morirono metà dei cittadini. Minor danno subì, forse, nel 1094. Ma fu tremendo il 1181 e le cronache ricordano l'opera immensamente caritatevole del vescovo cittadino beato Guido da Lomello (23).
Il Papato sta attraversando un periodo molto difficile. Nei primi due secoli del secondo millennio, dal 999 al 1198, nonostante il pontificato di Alessandro III (il senese Rolando Bandinelli) che durò 22 anni, si succedono ben 34 Papi e 10 antipapi. Le diverse obbedienze fra papi e antipapi provocano poi una quantità di complicazioni amministrative, una dispersione nelle rendite dei beni ecclesiastici, un disorientamento negli animi, una facilità alla disobbedienza. La stessa nomina di Papa Alessandro III, che in un primo tempo non aveva accettato la designazione da parte di una maggioranza netta, permise agli avversari, in minoranza, di fare un gesto di forza, proclamando eletto il loro candidato (Ottaviano da Montecchio), col nome di Vittore IV (che in realtà, come osserva Nazareno Fabbretti, op.cit. pag. 338, é Vittore V, essendoci stato l'antipapa Vittore IV, Ruggero Gregorio Conti nel 1138). Il cardinale Bandinelli - che non era ancora stato canonicamente eletto al momento in cui l'altro si era insediato, ma solo designato dalla maggioranza - vedendo che non c'erano più speranze di mettere fine all'incidente si decise di farsi proclamare papa e rivestire il manto, che era l'insegna più caratteristica del grado, assumendo il nome di Alessandro III (24). Fu comunque un Papa energico che seppe tener testa molto bene alle pretese imperiali di interferire nella Chiesa in ogni modo possibile, designando fra l'altro vescovi e papi.
L'accenno fatto sopra al Santo Vescovo di Savona Ottaviano, che già abbiamo incontrato nello svolgimento di questo lavoro, deve essere brevemente ripreso, perché due recenti opere sulla sua vita (dopo quella del secolo scorso dovuta a don Queirolo), permettono di approfondire meglio le condizioni di Savona in quel periodo, nel complesso piuttosto disagiate. Pestilenze e carestie di alternavano con una certa frequenza. Le migliori possibilità di vita riguardavano il ceto nobiliare, le cui famiglie disponevano di ampie estensioni terriere da cui si ricavavano redditi discreti; ma coloro che lavoravano la terra, solitamente, riuscivano solo a trarne il necessario per vivere, dati i frequenti rischi nell'andamento stagionale. Erano in buone condizioni anche gli artigiani (comprendendo in questa categoria tutti coloro che producevano un qualcosa, come ad esempio, ferrai, panettieri, lanieri, falegnami, ecc.), i mercanti e i rappresentanti delle varie "arti", ciascuna delle quali era riunita nella "corporazione", con un proprio statuto che doveva essere seguito diligentemente, pena l'espulsione che poteva provocare la mancanza del lavoro.
Già si é accennato allo stretto collegamento fra il Vescovo e l'Autorità locale civile. Il rapporto fra i savonesi ed un Vescovo come Ottaviano, diventa ogni giorno più intenso. E' un popolo che, oltre al lavoro, al pane quotidiano, alle possibilità di vita, cerca soprattutto la libertà. Creare un libero Comune: ecco quello che chiedono i savonesi al tempo di Ottaviano (25).
C'é stato un tempo durante il quale le due anime di questa città, quella civile e quella religiosa, hanno saputo convivere in modo fecondo. Un tempo durante il quale la comunità che si raccoglieva sotto la torre del Comune al rintocco della Campanassa era la stessa che, chiamata a raccolta dal campanile di Santa Maria Assunta, si stringeva intorno alla cattedra del vescovo cittadino, e i Savonesi avevano trovato in un unico simbolo, più potente della torre del Comune e financo più attraente della stessa Cattedrale, la propria ragion d'essere: il santo corpo del beato Ottaviano (26).
5) - Cenni sul vecchio Priamàr.
E' noto come verso la fine del primo millennio, nell'intento di arginare la potenza e l'ambizione dei conti e dei marchesi, gli imperatori pensarono di contrapporre all'autorità comitale e marchionale quella dei vescovi, a cui perciò furono larghi di privilegi e di prerogative temporali. L'antagonismo degenerò ben presto in conflitto, e intorno ai vescovi, che rappresentano in quel momento storico la protesta e la reazione della forza morale contro la violenza armata dei feudatari, il principio della libertà contro il dispotismo, si strinse il popolo, ossia la moltitudine degli oppressi anelante di scuotere il giogo degli oppressori. Nel nostro territorio, capoluogo del comitato e sede del conte e del vescovo era Vado: ma il fermento della reazione apiscopale aveva come centro il castello di Savona, sulla rocca del Priamàr, ben protetto con fossato e difeso da mura (27).
Il trasferimento della sede vescovile da Vado a Savona sul Priamàr, avvenne per opera del Vescovo don Bernardo (eletto nel 992 e morto nel 999). Si può dire pertanto che stia compiendosi il primo millennio della Chiesa savonese, al cui ricordo "A Campanassa" dedicherà particolare attenzione.
Sulla Rocca del Priamàr, accanto al castello, era già stata eretta una Chiesa Cattedrale, secondo il Verzellino ".....da vescovi di gran valore e bontà; alcuni dei quali sono tenuti santi, ed altri beati, altri furono arcivescovi e cardinali, altri salirono al sommo pontificato" (28), denominata in un primo tempo Santa Maria di Priamare e poi Santa Maria di Castello, dedicata all'Assunta (la cui festa si celebra come noto il 15 Agosto).
Della Cattedrale sul Priamar ne parla diffusamente il volume intitolato appunto "IL PRIAMAR", pubblicato nel 1959 dalla Società Savonese di Storia Patria, sotto gli auspici della Cassa di Risparmio di Savona, nel capitolo secondo: Il Priamar dal Secolo XI al Secolo XVI (testimonianze di cronisti savonesi raccolte da Italo Scovazzi e G.B.Nicolò Besio). Nulla ripugna a credere che entro il recinto del Castello si ergesse ab antiquo un tempio pagano, i cui resti e le cui appartenenze sarebbero, in seguito allo stabilimento del Cristianesimo in Liguria, passati al patrimonio della Chiesa Romana confiscato e poi restituito dai re Longobardi. E' tradizione raccolta dai più antichi e accreditati storiografi di Savona che la Cattedrale di Santa Maria di Castello sia stata eretta sui ruderi di un tempio romano (29).
Il Gallotti, nel suo recente volume sulle Chiese di Savona pone l'erezione della Cattedrale tra l'825 e l'887. L'antico Duomo di Savona si trovava nel vecchio centro della città.... ed era insieme all'annesso Palazzo Vescovile, l'edificio di maggiore importanza per la città (30). Il Vescovo Bernardo e i suoi successori, compreso il Beato Ottaviano, contribuirono molto ad arricchire e ornare artisticamente la Cattedrale sul Priamàr. Opera che, si può dire, continuò praticamente fino al 1500, quando iniziarono le distruzioni dei genovesi. La ricchezza delle opere fatte é testimoniata dalla descrizione giunta fino a noi del Notaio Ottobono Giordano (riportata alle pagg. 31-34 del volume citato in nota 31).
Chi oggi visita il Priamàr deve fare uno sforzo mentale non indifferente per immaginare cosa fosse, come si presentasse quella collina prima che Genova vi imponesse, a partire dal 1542, la vasta costruzione militare attualmente esistente: quasi un promontorio proteso sulla piana alluvionale e sul mare, articolato in tre alture e collegato alle propaggini collinari a nord attraverso una sottile dorsale, interamente ricoperto di edifici che raggiungevano, in alcune zone, una particolare densità (31).
Opere recenti di studiosi savonesi, sono concordi nel sottolineare in tutte le sue componenti l'importanza della vita sociale, che si svolgeva sul Priamàr e la rilevanza della vita religiosa che aveva il suo fulcro attorno al Duomo. La Cattedrale e il Palazzo vescovile alla fine del XV secolo e agli inizi del Cinquecento, per impulso dei due papi savonesi Sisto IV e Giulio II, beneficiarono di vasti miglioramenti. Intorno all'ottavo decennio del Quattrocento, l'antico battistero ottagonale veniva incluso nel perimetro della chiesa, dando origine ad una prima grande cappella laterale sinistra , cui ne verrà affiancata una seconda nel 1485 proprio all'ingresso dell'edificio. L'interno verrà abbondantemente trasformato e arricchito di preziose opere d'arte. Così pure il palazzo vescovile avrà una nuova facciata e una loggetta rivolta verso il retrostante giardino e la città al piano (32).
Qui rinacque la città medievale che dall'alto del colle si sviluppò progressivamente al piano, attorno all'insenatura portuale, fin da allora fulcro vitale dell'economia savonese. La Cattedrale di Santa Maria di Castello con il palazzo vescovile e la sede del Capitolo dei canonici ne fecero una vera e propria cittadella religiosa, ulteriormente valorizzata, in questa veste, dagli insediamenti religiosi basso-medioevali (chiesa e convento domenicano, i dieci oratori dei Disciplinati, il monastero delle Recluse, l'Ospedale Grande di Misericordia, quello di S.Paolo e quello dei Calegari) che presero il posto delle primitive residenze dell'aristocrazia comunale, di cui i documenti della fine del XII secolo ricordano numerose torri (33).
Attraverso la Cattedrale sul Priamàr e i vari conventi fiorenti in città fra il 400 e il 500, la Chiesa savonese partecipa in modo diretto all'affermazione e ai successi di Savona. Questi hanno il loro culmine con i due Pontificati Rovereschi, specie il secondo, quello di Giulio II dal 1503 al 1513. Il Papa guerriero che non sa stare senza menare le mani perché guida di persona a cavallo il proprio esercito a difesa della sua potestà temporale (34), ma fortunatamente Savona lo conosce sotto un'altra luce.
Grazie a Gio Agostino Abate, cronista savonese, nato nel 1495 (recentemente si é ricordato il quinto centenario della nascita), che espletò per il Comune di Savona numerose mansioni pubbliche, abbiamo molte notizie su quel periodo. Ricoperse le cariche di razionale, di Anziano, di massaro e fu membro di svariate commissioni. Anima ardente e fiera, nel 1508 e nel 1515, difese la città sua contro le prepotenze genovesi, da provetto tirator di balestra ch'egli era: nel 1522 fu castellano di S.Giorgio (35).
Fra gli altri, hanno commentato le sue "Cronache Savonesi dal 1500 al 1570", Giulio Fiaschini e Carlo Varaldo nel volume su "La Madonna di Savona", pubblicato dalla Cassa di Risparmio di Savona, per mezzo di Marco Sabatelli nel 1985; mentre Guido Mazzitelli ha curato la pubblicazione di un volume sulle "Cronache", edito sempre da Marco Sabatelli nel 1990. Il commento di questi autorevoli cultori di storia locale é estremamente utile per comprendere meglio le vicende del XVI secolo, così ricco per Savona di eventi lieti e tristi, che ancora oggi, in parte, sembrano avere qualche riflesso sulla nostra vita sociale ed economica.
E' anche significativo rilevare come la situazione della Chiesa savonese, nata su solide basi e condotta da uomini che salirono all'onore degli altari, come il Vescovo Ottaviano, sia strettamente interconnessa con le vicende della città. Dagli atti e dai documenti conservati negli archivi, si rileva infatti che il Vescovo é quasi sempre presente, accanto ai Consoli del Comune, alle stipulazioni più importanti.
6) - La situazione di Savona nei primi secoli del 1000.
Le confraternite, associazioni di laici per l'esercizio di opere di pietà e di carità, contribuiscono ad allargare l'attività della chiesa verso il sociale. Nell'antica Cattedrale del Priamar esiste anche la "Consorzia di Santa Maria" (é uno dei pochi casi di Confraternita femminile). Il testo dello statuto é del 1452, ma l'esistenza documentata della Consorzia può essere ascritta almeno al secolo XIII, avendo riguardo al riferimento contenuto nell'elenco delle indulgenze, ad opera di ciscun papa ed in particolare a Clemente IV, primo papa elargitore di indulgenze a questa Consorzia, il cui pontificato si colloca appunto tra il 1265 e il 1268 (36).
Un codice trecentesco custodito nell'Archivio Vescovile di Savona, riguardante il più antico inventario (1336) della Masseria della Cattedrale di Santa Maria in Savona, consente non solo di avere un'idea quantitativa degli arredi liturgici - in particolare degli argenti, dei paramenti e dei volumi - della Cattedrale paleocristiana di Santa Maria in Savona, distrutta nel 1543, ma di farsi un'idea della civiltà ligure del basso Medio Evo, evoluta e raffinata, fervida di traffici e ricca di fede.
Caso strano, ma non insolito, questo manoscritto é del tutto inedito. Antichità intriseca a parte, esso é il primo inventario significativo di Savona, il primo (se non unico) documento rimasto della Masseria della Cattedrale sul Priamar, e gli elenchi degli arredi, corredati sovente da generosi particolari, non sono certo inutili, sia per lumeggiare le suppellettili e la liturgia d'una cattedrale (e di conseguenza d'una diocesi) d'alta origine, sia - in discorso più esteso - per contribuire ad una panoramica delle diocesi settentrionali in un periodo tutt'altro che marginale nel divenire storico, relativo all'Europa come al Papato.
Cosa molto importante per lo scopo che si prefigge questa nota, il documento fa inoltre intuire aspetti di vita quotidiana nelle sue variegate situazioni di costume, di tenore socio-economico, di raffinatezza e benessere di una città affacciata sul mare, Savona, fiorente di traffici e commerci, con interessi economici su molte coste dell'universo mediterraneo e del Mar Nero, al vertice della sua potenza (e consapevole di ciò) alla vigilia dell'immane catastrofe dell'epidemia pestilenziale. Al tramonto in altre parole, di un'epoca giacché é convincente collocare con la grande peste il termine simbolico dell'Evo Medio (37).
Dopo l'affermazione savonese, lo sviluppo e l'importanza del comparto portuale, produttore di ricchezza e di lavoro, nella prima parte del 500, arrivano per Savona tempi molto tristi. La storia é nota: la Serenissima Repubblica aristocratica di Genova non tollera più la rivale Savona e decide di annientarla definitivamente. I punti salienti dell'azione sono: la distruzione delle mura, la demolizione parziale delle torri (compresa quella del Brandale, che sarà ripristinata solo quattro secoli dopo proprio dall'Associazione "A Campanassa"), l'interramento del porto e l'abbattimento di tutto ciò che é stato costruito nei secoli sul Priamar, compresa ovviamente la Cattedrale, per fare posto alla fortezza.
L'ultimo atto, di estremo dolore per i savonesi, avviene il 24 Aprile 1543: il Vescovo, rivestito dei paramenti sacri, nella pienezza del suo sacerdozio, circondato dai sacerdoti, dal Capitolo della Cattedrale e da un Popolo che piangendo di dolore fa ala al Suo passaggio, certamente sotto la protezione dei suoi predecessori Santi che hanno retto la cattedra savonese, stringendo al petto il Santissimo lo trasporta piangendo alla Chiesa di San Pietro il vecchio, altro luogo di culto molto caro ai savonesi perché in quella Chiesa, il 10 Aprile 1191 é stato stipulato l'atto che sanciva la nascita del libero Comune, vicino alla torre del Brandale che sta per essere parzialmente abbattuta, come tutte le altre torri della città. E' l'ultimo atto, subito seguito dall'ordine dell'Autorità civile, rappresentata dal Podestà genovese, per vietare ai fedeli di entrare nel vecchio Duomo. Nel 1590 l'antica Cattedrale era ancora in piedi nella parte muraria, ma destinata ad usi sordidi e a caserma di soldati (38). La sua distruzione materiale, non cancellerà però mai dalla mente dei savonesi il ricordo di quei fatti tragici e tristi, tramandati da padre in figlio, ormai entrati e ben presenti nella storia della nostra città, testimoniando nei secoli la scemenza e la cattiveria degli uomini.
La sede della Cattedrale, come accennato, passò dapprima alla vetusta Chiesa di San Pietro il vecchio presso il Brandale, ma essendo essa troppo angusta, per bolla di Paolo IV, il 9 Settembre 1556, fu trasferita nel minoritico di San Francesco (su cui torneremo). Era questa una chiesa antica anch'essa, fondata nel 1259. D'un romanico puro, con campanile alto e snello, era assai capace, ricca di 11 altari, di sculture, di affreschi tre e qattrocenteschi. Deteriorata però dai secoli, necessitava di restauri costosissimi, onde si pensò essere migliore avviso demolirla per dare alla città una nuova Cattedrale grande e degna (39).
Mettono emozione le parole del Lamboglia, quando descrive quegli eventi. Le storie del secolo XVI ci narrano in termini vivi e ancora attuali le vicende e i lutti dei cittadini savonesi, costretti ad abbandonare nello spazio di 24 ore la parte più sacra della loro città, sede del Vescovo, della Cattedrale, di numerose chiese ed oratori, del primitivo castello e di edifici pubblici e privati, già difesa da poderose mura, per trasformarla in un unico fortilizio rivolto innanzi tutto contro la città stessa.....Di fatto scomparve allora la Savona monumentale dei secoli XI, XII e XIII, e se ne trovano oggi soltanto i resti, rasi al suolo o quasi, sotto le macerie e sotto gli impianti militari che hanno profondamente trasformato il terreno. La più antica acropoli rivolta ad Oriente e a guardia del porto, il Castello di S.Giorgio, orgoglio e difesa della Savona medioevale e probabile sede del primitivo oppido dei Liguri Sabazi e del castello bizantino, fu addirittura tagliata ed asportata. La Cattedrale di S.Maria, con sadismo o cinismo religioso incredibile in pieno Rinascimento, fu spogliata, diroccata e rasa al suolo, e solo recentemente, con l'aiuto di una pianta anteriore alla distruzione e mediante lo scavo, é stato possibile ricostruirne i limiti e fissarne la posizione; essa conserva elementi medioevali soltanto nell'abside, che aveva in origine forma poligonale, con una cripta a balconata aperta sul mare; ma un fortino tedesco dell'ultima guerra, installato proprio al centro e al posto dell'altare, ha completato la distruzione e reso più difficile scoprirne le fasi più antiche, mentre la fase ultima dell'edificio distrutto, a tre navate, appartiene al secolo XV (40).
Gli storici ci hanno già descritto la crisi di estrema gravità che, in seguito a quei fatti, colpì Savona in tutti i settori. I savonesi in quel momento erano soli, ma un fatto miracoloso, avvenuto pochi anni prima nella Valle del Letimbro (41), di cui era stato protagonista uno di loro, scelto dai disegni divini fra i più umili: Antonio Botta, poi proclamato beato a furor di popolo, contribuiva all'inizio del loro riscatto.
Scrive il Fiaschini che lo spettacoloso concorso delle folle miracolate e postulanti, il culto che si sviluppò, dando origine ad un santuario mariano famoso, appartengono a una storia che non é più solo di Savona e che non é più solo storia. I Savonesi ritrovarono al Santuario un polo di aggregazione sociale: e la chiesa che immediatamente sorse, fu voluta a furor di popolo.......quasi a sostituire idealmente la splendida Cattedrale che stava per essere perduta (42).
La crisi nella quale Savona rimarrà fossilizzata per quasi tre secoli é peraltro evidente dall'andamento demografico, in continua inarrestabile contrazione: 18-20.000 abitanti nei primi anni del 500 nel centro urbano; 14.000 nel 1569; 9000 nel 1594; 8.339 nel 1629; 6205 nel 1667; in netto contrasto con l'andamento demografico dell'intero dominio genovese che cresce, invece, fra il 1535 ed il 1608 di oltre il 30% (43). Con tutti i problemi che ne conseguono, di questo quadro sono un'eloquente testimonianza gli stessi atti del Consiglio Grande della città che, con sempre maggiore frequenza deve far fronte a gravi problemi di sopravvivenza, distribuendo quantitativi di pane ai poveri e cercando di venir incontro alle sempre più impellenti necessità della popolazione, come tanto spesso si sente ripetere negli atti ufficiali (44).
Nel pieno di questa situazione, i savonesi pensano sempre ad avere una nuova Cattedrale. L'8 Aprile 1585 infatti il Consiglio Grande deliberava all'unanimità di erigere una nuova Cattedrale, con un primo stanziamento di 20.000 lire genovesi, da versarsi nell'arco di 10 anni. Dopo il difficilissimo lavoro preparatorio del Vescovo G.B. Centurione che resse la Chiesa savonese solo per tre anni, dal 1584 al 1587, il 19 Luglio 1589 il nuovo Vescovo Pietro Francesco Costa poteva iniziare, a due anni dal suo ingresso in diocesi, la grande impresa, e portarla a compimento, fra enormi difficoltà e immensi sacrifici. Fu questo il Vescovo più dinamico della serie, che rifuse l'episcopio, contribuendo del suo, con 2000 scudi d'oro, riordinò il capitolo, favorì gli ospedali e fece doni al duomo. Durante il suo pontificato, dal 1587 al 1624, seguirono la fondazione dei Minimi, dei Gesuiti, degli Scolopi (45).
Per sottolineare l'intima interconnessione esistente fra la popolazione, la vecchia Cattedrale sul Priamar e la nuova da costruire (dopo il funzionamento provvisorio della Chiesa di San Francesco il vecchio), bisogna dire che a sostenere interamente il peso per la nuova chiesa della diocesi fu la città, che vediamo tutta protesa in questo grande sforzo, pur toccando in quegli anni, come già accennato, il più drammatico momento della sua storia, dopo il tracollo del 1528, che l'aveva portata ad una disastrosa situazione economica. Pare che per la demolizione di San Francesco il vecchio e per l'erezione della nuova Cattedrale si spendessero 150.000 lire genovesi, delle quali 50.000 pagate dal Comune di Savona, e le rimanenti procurate dal Vescovo, per lo più tramite le pie offerte dei cittadini. Il 25 Aprile 1605, venti anni dopo la delibera del Consiglio Grande, il Vescovo Costa, dopo il canto solenne del Te Deum, consacrava la nuova Cattedrale che prendeva il posto di quella sul Priamar distrutta dai genovesi (46).
Nessun documento ci attesta l'iniziale ampiezza del recinto della Fortezza; pare però che in un primo momento essa abbracciasse soltanto l'area del Castel Nuovo e quella del Castello di S.Maria con la Cattedrale, anche se naturalmente molto più vasta era l'area in cui ogni costruzione fu demolita, per creare attorno alle fortificazioni un'area di rispetto e sicurezza; nel 1550 veniva iniziata la demolizione dell'annesso castello di S. Giorgio e tale notizia potrebbe far pensare ad un progetto di ampliamento in tale direzione delle fortificazioni (47)
E' difficile pensare che i lavori della nuova fortezza proseguissero al di fuori di un preesistente progetto globale; più facile é invece immaginare che le autorità genovesi volutamente non fornissero ai savonesi informazioni complete sui programmi previsti, preferendo attuare un provvedimento dopo l'altro, a stillicidio, anche per evitare qualunque possibile manifestazione di protesta. Evidentemente le autorità genovesi (e tra esse il genovese podestà di Savona) temevano qualche disordine popolare qualora i savonesi avessero percepito in modo chiaro e globale l'entità delle distruzioni che le nuove opere dovevano necessariamente arrecare alla città, per ottenere una fortezza "inespugnabile". Probabilmente, quindi, fu una scelta ben determinata quella di fornire le notizie sui lavori di demolizione necessari solo all'ultimo momento, edificio dopo edificio, senza che mai vi fosse alcuna certezza, ma lasciando forse solo delle speranze, che puntualmente dovevano essere deluse (48).
Già abbiamo accennato sopra come i savonesi si sottoposero a pesanti sacrifici per finanziare la costruzione della nuova Cattedrale. E' interessante ora osservare che anche le demolizioni del Priamàr, praticamente furono finanziate dalla città. Risulta infatti che in quell'anno (1542) a Savona fu aumentata considerevolmente la gabella del vino, i cui proventi garantirono la restituzione di un prestito ottrenuto dal Banco di San Giorgio per la costruzione della fortezza (49).
7) - La Chiesa savonese durante il predominio di Genova.
Purtroppo mentre la Repubblica Aristocratica di Genova attuava il suo piano contro Savona, eliminando anche importanti luoghi di culto per far posto alla fortezza sul Priamàr, il governo dei vescovi savonesi é piuttosto blando, per non dire inesistente, perché per molti anni, ad intervalli consistenti di tempo, si limitano a prendere le rendite della diocesi, ma spesso non risiedono a Savona, lasciando al loro posto "luogotenenti" non sempre inclini alle cose spirituali..
La difesa, ammesso che qualcosa in quella situazione si potesse ancora fare, pesa quindi in maniera quasi completa sull'Autorità civile e sul Consiglio degli Anziani la cui sede é nel Palazzo del Brandale o dell'Anziania.
In gran parte si succedono sulla cattedra del Beato Ottaviano (50) prelati che vivono a Roma o altrove e che considerano il vescovado di Savona come una delle tante cariche, più o meno redditizie, e che lasciano la guida della diocesi, in mano ad un vicario generale, spesso non all'altezza del compito e comunque sempre privo dell'autorità che gli sarebbe stata necessaria, in un momento, come sopra accennato, che ve ne sarebbe stato estremo bisogno per tutelare la Chiesa savonese. Ai vescovi della casata Della Rovere subentrano, nel corso del secolo XVI, i genovesi Fieschi: Giacomo, Nicolò e Giovanni Ambrogio, fratelli del primo che era appena ventenne ed ha tutta una sua storia particolare (51).
Prima di proseguire, con l'aiuto di Mons. Leonardo Botta, é necessario soffermare brevemente l'attenzione su questa Famiglia patrizia genovese, discendente da un ramo cadetto che aveva il feudo di Savignone. Il padre dei vescovi: Ettore Fieschi, ebbe un certo rilievo nella storia di Genova: lo troviamo nel 1529 tra i 17 capitani eletti per la custodia della città. Nel 1538 fu uno dei quattro ambasciatori mandati da Papa Paolo III in Piacenza; aveva sposato una Maria, figlia di Gio Ambrogio Fieschi, da cui aveva avuto altri sei figli oltre ai tre già visti.
Molti erano già stati gli ecclesiastici nella grande famiglia Fieschi: Ettore ebbe forse un fratello vescovo e cardinale, Nicolò. Non ci fa pertanto meraviglia, conoscendo le tristi usanze di quei tempi che, da uomo avveduto ed esperto, preoccupato pure di dare una sistemazione decorosa alla numerosa prole, abbia procurato pingui benefici ai tre figlioli suddetti. Ettore Fieschi, da molti atti, ci appare uomo assai attento alla parte finanziaria degli affari ecclesiastici dei suoi tre figli vescovi che seguiva attentamente, amministrando e indirizzando (52). Quindi praticamente la diocesi di Savona era nelle mani di un un autorevole patrizio genevese, proprio nel periodo che Genova assoggettava Savona in tutti i modi possibili. E' detto tutto !
Dopo i papi savonesi, Paolo III, Alessandro Farnese di ricca e potente famiglia romana, che regnò per 15 anni dal 1534 al 1549, (53), il 22 Ottobre 1537 nomina amministratore del Vescovado di Savona Giacomo Fieschi, dandogli tutte le facoltà del vero vescovo, in attesa che, arrivato all'età di 27 anni, potesse ricevere la consacrazione episcopale (che poi non si sa neppure con certezza se l'ha ricevuta perché é morto piuttosto giovane). Sarebbe estremamente interessante approfondire come si comportò questo Vescovo senza aver ricevuto l'ordinazio-ne. Alla cura della Diocesi nella parte spirituale fu provveduto con la nomina di un vicario generale nella persona di Domenico Grimaldi, il quale ebbe anche funzioni di vescovo suffraganeo (oggi diremmo ausiliare), come già il vescovo Bernardo Rogerio con il cardinale Agostino Spinola, vescovo di Savona dal 1528 al 1537. Il Rogerio aveva poi in Savona un suo vicario generale e vescovo suffraganeo che era il canonico Bartolomeo Zabrera (o Chiabrera). Possiamo domandarci se non avrebbe potuto rimanere il Rogerio o il Zabrera che già conoscevano l'ambiente: ma sappiamo che quella del vicario generale e vescovo suffraganeo era una incombenza che si assumeva a servizio di questo o quel padrone, non a servizio di una diocesi; e quando il vescovo moriva o era trasferito, il successore si cercava un altro uomo: forse doveva far la scelta tra più aspiranti.
Il Grimaldi non aveva diritto di attingere ai redditi della mensa vescovile di Savona. Doveva provvedere a se stesso con lo stipendio che gli passava il magnifico signor Ettore, il quale dovette avere sul vicario generale e vescovo qualche potere di alta direzione generale, quasi funzione di ispettore o sovrintendente........., situazione davvero penosa e umiliante. Sono sufficienti questi episodi per darci un'idea delle relazioni che correvano tra il magnifico genitore del vescovo e il suo vicario. Altri fatti simili si troveranno col vescovo Nicolò Fieschi, fratello di Giacomo (sulla cattedra di Savona dal 1546 al 1564). Ciò permette di renderci conto delle ragioni per cui i vicari generali erano spesse volte inerti e privi di iniziativa: oltre alle considerazioni generali sui "vescovi suffraganei" c'é per Savona questa particolare situazione: l'indebita ingerenza nelle cose spirituali di un laico, interessato e avido, che vigila su un vescovado e su una diocesi di cui il ventenne titolare non ha alcuna cura.
Morto Nicolò Fieschi, Pio IV (Giovannangelo Medici che regna dal 1559 al 1565), nomina vescovo di Savona il fratello Gio Ambrogio Fieschi che prende possesso della cattedra il 20 Novembre 1564. Il nuovo vescovo finalmente risiede nella sua diocesi per quasi tutto il tempo. Nonostante molta simpatia per gli scudi e i ducati, il Papa dovette avere stima di lui e lo mandò poi nunzio a Torino, conservandogli il titolo di vescovo di Savona, il 10 Maggio 1585, cioè nove anni dopo la sua rinuncia al vescovado di Savona. Nel Febbraio dell'anno seguente era già morto, all'età forse di 55 anni, mentre a Savona già gli erano succeduti tre vescovi. (54).
Già con l'ultimo vescovo Fieschi il Concilio di Trento (diciannovesimo nella storia della Chiesa), indetto da Papa Paolo III, che si svolse dal 1545 al 1563, con due interruzioni dal 1549 al 1551 e dal 1552 al 1562 (55), iniziò a far sentire la sua opera riformatrice anche nella Chiesa savonese, ma questi vescovi, nel complesso dei loro interventi rimasero spesso abbastanza staccati e indifferenti da quanto avveniva nella città, con un comportamento molto diverso rispetto a quello dei vescovi che diressero la Chiesa savonese, nei primi due secoli del secondo millennio.
Genova era sempre vigile e attenta. Forse non si fidava neppure dei vescovi Fieschi. Dopo l'apparizione della Madonna nella Valle del Letimbro, con la larga diffusione del culto che si ebbe abbastanza presto, Genova dapprima sospettò e fece arrestare e inquisire il Botta, temendo che il moto religioso, in un popolo domato solo da otto anni, potesse complicarsi in moto politico; poi, con astuzia, diresse e protesse quel fervore di fede, necessario sfogo e conforto di tanti dolori (56). Dagli storici non si hanno notizie di un intervento del vescovo in difesa della diocesi di Savona.
Da un punto di vista strettamente topografico bisogna osservare che, fino alle distruzioni genovesi, vi fu uno stretto collegamento fra il centro dell'attività civile in "Platea Brandalis", e il centro dell'attività religiosa che si svolgeva nella cattedrale sul Primàr. Varie principali arterie affluivano alla Piazza del Brandale il cui lato destro era dato dalla romanica chiesa di S.Pietro. Questa piazza era destinata alle adunanze popolari e qui si stipulavano gli atti di maggiore interesse pubblico. Nella chiesa di S.Pietro "in ecclesia S.ti Petri in pubblico parlamento) si stipularono le convenzioni fra i Savonesi e gli uomini di Sestri Ponente nel 1177 (ed altre) e quelle tra i Marchesi di Savona Enrico. Giacomo, Ponzio (e Oddone), compresa la "Compagna" di Savona nel 1185 (e l'atto di acquisto delle terre dell'istituendo Comune nel 1191). Dalla piazza di S.Pietro si dipartiva la Via Chiappinata (l'attuale Via Riario) che, salendo gradatamente, portava al vecchio Duomo in Castello, sulla rocca del Priamàr. Al principio di detta via vi era la Porta del Bagno, della quale sussistono tuttora tracce dei due suoi archi a sesto acuto (uno per l'entrata e l'altro per l'uscita), poggianti su tre piloni esagonali. Su questa Porta sorse più tardi il palazzo Riario, dei potenti nipoti di Papa Sisto IV, Sussistono tuttora dietro l'Anziania i ruderi in pietra da taglio della Torre Riario (57).
Importanti considerazioni, che aiutano a meglio comprendere la situazione di quel periodo, sono contenute nell'opera di Carlo Varaldo su "La Topografia Urbana di Savona nel Tardo Medioevo". Mentre la parte del Priamàr, per gli stessi edifici che ospitava, era una zona "privilegiata", come pure lo era l'aristocratica Chiappinata (che già abbiamo incontrato), le pendici sud-occidentali del Priamàr assumevano un carattere decisamente popolare e costituivano, con il simile caso di Monticello, le due aree emarginate della città, sfruttate per insediamenti di tipo industriale: concerie di pellami sul primo, officine di filatoi sul Monticello.
8) - Topografia trecentesca e nuovo centro religioso.
Scendendo dalla Chiappinata, dopo aver superato gli ospedali Grande della Misericordia, di S.Giacomo e Cristoforo, e di S.Paolo sulla sinistra, ed il Castello Nuovo in alto sulla destra, iniziava la teoria delle case private lungo i due lati della strada. Sulla destra, in particolare, comparivano le rovine di alcuni edifici abbattuti a seguito di lavori al forte: é il primo atto di distruzione dell'abitato da parte di Genova, che anticiperà le ben più vaste demolizioni seguenti.
La piazza del Brandale manteneva sempre la funzione di centro "direzionale" della città, come punto di riferimento dell'attività politica cittadina, non tante per la piazza in se stessa, ma per i palazzi che la circondavano sui vari lati: la torre del Brandale con l'annesso Palazzo degli Anziani, ed il trecentesco Palazzo del Podestà adibito a sede giudiziaria (Palazzo di Giustizia o delle Cause) e in cui si tenevano le sedute del Consiglio Grande (58).
Questa sorta di legame topografico, se così lo possiamo chiamare, fra la vecchia Cattedrale e la zona più importante della città, in presenza anche di attività economiche, come sopra accennato, venne poi in gran parte meno con la costruzione della nuova Cattedrale, dove prima esisteva il Convento Francescano.
Vale la pena a questo punto, prima di passare ad una breve storia lungo l'arco di due secoli di vita della nuova Cattedrale di Savona, fino al periodo napoleonico (che vedremo nella terza parte di questo lavoro), approfondire meglio gli avvenimenti riguardanti il passaggio dal Priamàr (con la distruzione della chiesa precedente di cui sono affiorate in questi anni le vestigia che vanno meglio conservate e protette), alla nuova costruzione, dove si trova attualmente, guarda caso con una ulteriore distruzione, solo parzialmente giustificata: quella del Convento Francescano. Leonardo Botta ci dice che, per chiarire fatti rimasti oscuri, forse vi sarebbero ulteriori ricerche da fare su questo periodo, ma per questa nota é più che sufficiente fare riferimento in parte al suo dettagliato e impegnativo studio
Dopo l'ordine del Podestà, già accennato, di chiudere la vecchia Chiesa, i savonesi non si dettero mai per vinti e cominciarono a "supplicare" il Senato genovese (ormai padrone di tutto) per avere un nuovo Duomo. Qui ci si attendeva che si rivolgessero al Vescovo o al Vicario Generale, ma non sapevano bene se esistevano. L'unica speranza é il magnifico signor Ettore Fieschi (già incontrato); e quell'inciso "padre del nostro Vescovo assente" ha un certo sapore di condanna. Ci si può quindi domandare se il Vescovo Giacomo Fieschi fece qualcosa per salvare la sua cattedrale ? E' questo il momento in cui risulta più che altrove l'assenza del Vescovo dalla sua città: forse non avrebbe potuto neppure lui alleviare la condanna dei savonesi, ma avrebbe potuto per lo meno soffrire con loro.
Ettore Fieschi da Genova rispose ai savonesi che mandassero una missione al Senato per farne formale richiesta. Così avvenne. Il concetto era che se i genovesi avevano distrutto la Cattedrale, toccava ora a loro procurarne una in cambio. Ma i genovesi non sono ovviamente dello stesso parere; faranno in modo che Savona abbia la sua cattedrale, ma a spese di qualche altro; di fatto dei frati Francescani Conventuali.
Le trattative dovettero essere assai complesse, con almeno tre principali attori: i savonesi appoggiati da Ettore Fieschi, che chiedevano semplicemente una cattedrale; i Genovesi che volevano uscirne senza troppa spesa; i Frati Francescani con i loro potenti appoggi, che cercavano di salvare il Convento di Savona. Continua a non comparire il Vescovo; anche il secondo Fieschi, Nicolò é assente da Savona, e vi giungerà solo nel 1559.
Dopo lunghe trattative e proposte dei frati per lasciare la chiesa del Convento da usarsi anche come Cattedrale; il Senato genovese infine si convinse che, esclusa l'ipotesi di una ricostruzione ex novo della cattedrale, sia da parte dei genovesi che dei savonesi, non c'era altro da fare che espropriare i frati conventuali, e fece al Papa una richiesta in tal senso.
Papa Paolo IV (Gianpietro Carafa, napoletano verace e impulsivo, fa una fine piuttosto amara, come scrive Nazareno Fabbretti: quando muore nel 1559 il popolo ne impedisce i funerali solenni; la statua del Papa spietato vien fatta a pezzi in Campidoglio e i frammenti buttati nel Tevere, op.cit. in nota 4, pag.257), con la Bolla "Inter Ceteras" del 22 Giugno 1556, dava la grande decisione: assolveva il Senato della Repubblica di Genova per avere "propria temeritate" demolito la Cattedrale di Savona; dichiarava estinto e soppresso l'Ordine Francescano nella chiesa di San Francesco in Savona; erigeva questa chiesa in cattedrale; applicava ad essa e ad uso del vescovo e dei canonici tutti i beni immobili e mobili, con redditi, lasciti, legati, già appartenenti alla chiesa e convento francescani; questi ultimi non dovevano assolutamente molestare nè il vescovo nè i canonici. Il 3 Ottobre 1556 I Fieschi vengono da Genova, con regolare "trasferta" pagata dai massari del nostro Duomo, prendono possesso della nuova cattedrale (59) e comincia la nuova costruzione, sulla cui storia, meglio accenneremo in seguito.
I savonesi hanno sempre avuto nostalgia del quartiere del Priamàr e in particolare del Duomo antico, nel quale si riassumevano le vicende del libero comune, dalle origini fino al pieno splendore del Rinascimento. Oltre alla descrizione della vecchia Chiesa dataci dal notaio Ottobono Giordano a cui si é accennato in precedenza, Mons. Lorenzo Vivaldo, in una sua nota del 1970, dà notizia di un'altra descrizione del presbiterio contenuta nella deposizione di Antonio Piana, cittadino di Savona, in un documento conservato nell'Archivio della Curia Vescovile. Descrizione del massimo interesse, corredata da uno schizzo del Cancelliere Gioanne Pellero. Alla luce di questa deposizione e del disegno è forse più facile interpretare la descrizione di Ottobono Giordano, da cui si evidenzia che lo stesso ha lasciato un pò correre la fantasia, anche se nelle linee essenziali la descrizione é simile a quella del Piana. Purtroppo delle cose belle indicate oggi rimane solo una ben pallida memoria (60).
Prima di giungere alla distruzione materiale di quanto nei secoli prima si era costruito sulla Rocca del Priamàr si tentò di evitarla in ogni modo possibile. Rinaldo Massucco dà notizia di una lettera che si trova nell'Archivio di Stato di Genova, non inventariata, sotto la dicitura Scritture diverse fra Genova e Savona, indirizzata al Senato Genovese, con cui gli Ambasciatori cercano di evitare la distruzione del quartiere migliore della città e traspare qua e là un'imprevedibile profondità di pensiero nell'esame dei rapporti fra Savona e Genova. Già allora, verso la metà del XVI secolo, i savonesi formulavano la diagnosi di tutti i mali che travagliavano la vita dell'inquieto stato genovese e ne suggerivano i rimedi; é singolare che già allora si evidenziassero le profonde diversità fra Genova e Venezia, l'una ormai avviata sulla via del declino politico ed economico, l'altra destinata ad una prosperità sempre crescente (61).
Bisogna osservare che il Priamàr era molto di più di come veniva in allora comunemente inteso, ed è inteso ancora oggi, cioè limitato alla sola zona della fortezza. Il quartiere si estendeva, da una parte, in direzione di Albissola, su tutte quelle aree divenute nell'800 industriali e dall'altra, verso il Brandale, dove vi erano molti insediamenti residenziali e religiosi. Sempre Rinaldo Massucco, da tempo autorevole studioso di questo territorio, ci parla, fra l'altro della Chiesa di San Domenico il vecchio, fondata insieme con il convento nel 1306 dai Padri Giacomo de' Cesoli e Pietro Castagna, distrutta dai genovesi nel 1544. Per la quarta volta attraverso scavi effettuati dall'Istituto Internazionale di Studi Liguri sono affiorate alcune strutture dell'importante complesso, oggi visibili (62). Speriamo che in seguito questi scavi possano essere ulteriormente ripresi perché certamente potranno mettere in evidenza ulteriori elementi della vecchia Savona, compresi tratti di mura ancora precedenti a quelle distrutte dai genovesi che risalgono alla città bizantina del VI - VII secolo d. C. delle quali le fonti storiche non avevano fino ad ora riferito e che testimoniano l'importanza raggiunta da Savona prima della famosa distruzione di Rotari, avvenuta nel 643 d.C. Sono affiorate poi anche le strade medievali di S.Domeico e della Foce, resti delle abitazioni private con i laboratori per la concia delle pelli. Tutta questa zona deve essere oggi totalmente preservata per motivi di alto interesse culturale respingendo, se del caso, strane idee che qualche volta forse potrebbero venir fuori per coprire tutto e per farne un parcheggio, a cui ovviamente si può dare regolare attuazione, spostandolo in altra zona vicina che non ha reperti di carattere archeologico.
Il Fadda, parlando della chiesa e del convento dei Domenicani, accenna a "dimensioni spaziose". L'attiguo oratorio, quale luogo di preghiera e di riunione di laici del Terz'Ordine pare sia stato fondato qualche decennio dopo e sia stato poi riformato da S. Vincenzo Ferreri con nuovi statuti nel 1405. Allorché, nel 1544 la Repubblica di Genova ebbe completata la grandiosa fortezza che comprendeva ed abbracciava nel suo ambito tutta la prominenza rocciosa del Priamàr, le SS. Ill.me della Serenissima dominante stimarono che anche il complesso della chiesa e del convento domenicani dovesse nuocere alla efficienza difensiva della nuova fortezza e ne decretarono la demolizione, non già affinché sulla sua area dovessero sorgere altri apprestamenti militari, ma perché esso costituiva un pericoloso ingombro inserito tra le possenti fortificazioni di S.Giorgio e del Priamàr. Fu così che i savonesi, dopo aver visto distrutto il loro magnifico Duomo, inglobato nella cinta della nuova fortezza, furono anche, con nuovo cocente dolore, privati di questa chiesa, la seconda in bellezza e grandezza dopo il Duomo e furono per di più privati di un cospicuo centro religioso e culturale quale era quello della numerosa comunità domenicana (63).
Vi é da osservare che proprio nel XVI secolo, ricordato come quello delle distruzioni, diversi abbellimenti della Cattedrale furono fatti nello stesso secolo, poco tempo prima. Seguendo infatti la cronologia storico-topografica di Giovanni Battista Nicolò Besio, si deve fra l'altro ricordare che:
* Il 30 Gennaio 1500, Anselmo de Fornari ed Elia Rocchi si impegnano ad eseguire il monumentale coro ligneo;
* Nel 1517, Albertino da Lodi affresca il coro dell'antica Cattedrale e la Masseria del Duomo affida a Gian Michele Pantaleoni l'esecuzione del leggio del coro stesso e della cattedra episcopale;
* Il 23 Gennaio 1519, Battista Del Carretto, Antonio de Girardi e Taddeo di Pisa, Massari della Cattedrale, si accordano con Gabriele da Cuneo e con Michele Carlone, piccapietra, cittadini e abitanti in Savona, per il lastricamento dell'interno della Basilica, con quadrelli in marmo bianco e pietra nera di Promontorio o di Alassio (64).
Il 500 è comunque un secolo del tutto particolare, dopo le distruzioni genovesi inizia infatti nell'ultimo decennio una trasformazione dell'assetto urbano che continuerà nella prima parte del 600. Oltre al cantiere della fortezza che continuava ad allargare la sua superficie a scapito del sempre più ridotto abitato, è dovuta alla profonda spinta innovativa del Concilio Tridentino che ha avuto a Savona forte incidenza. Non dobbiamo infatti dimenticare che Savona dipendeva allora, e continuò a dipendere fino al 1806, dall'arcidiocesi di Milano, ove l'opera di S.Carlo Borromeo, nella linea di un'autentica attuazione delle direttive tridentine era fra le più efficaci ed avanzate. I maggiori mutamenti del tardo Cinquecento e della prima metà del Seicento sono da ascriversi pertanto a costruzioni religiose di chiese edificate ex novo o modificate per adattarle ai nuovi dettami conciliari (65).
Prima di toccare l'argomento riguardante la costruzione della nuova Cattedrale, con attenzione anche per gli aspetti economici, spesso trascurati perché il discorso storico fatto fino ad oggi ha riguardato in prevalenza le componenti artistiche e religiose, converrà soffermare l'attenzione sul complesso francescano esistente prima nello stesso luogo, praticamente quasi totalmente demolito per fare posto al nuovo Duomo. Luogo che, tralasciando altre considerazioni, sembrò essere ai nostri padri, in qualche modo, sotto la benevolenza divina, come sta a dimostrare il miracolo della Colonna, avvenuto nel corso dei lavori e su cui torneremo.
9) - Il lungo travaglio per la nuova Cattedrale.
Abbiamo già detto che, dopo la distruzione della Cattedrale sul Priamàr, le funzioni di Chiesa Vescovile furono trasferite nella Chiesa di San Pietro il Vecchio, posta in "Platea Brandalis", a destra del Palazzo dell'Anziania (guardando l'attuale portone d'ingresso del Palazzo stesso), leggermente spostata più in basso verso il mare, con ingresso però dalla parte opposta (verso quella che un tempo si chiamava Via dei Nattoni, oggi Via Pia, se ne vede ancor oggi il fastigio da Via Sansoni). Il complesso é oggi incorporato in una costruzione preesistente adibita ad abitazioni ed esercizi commerciali. Pur essendo una chiesa molto importante, dove, alla presenza del Vescovo, nei primi secoli del libero Comune, come già accennato, venivano stipulati gli atti più importanti, fin dai primi momenti si capì, per un complesso di circostanze (spazio limitato, necessità di lavori, ecc.) che quella era una sistemazione del tutto provvisoria.
Scrive infatti il Ricchebono che se l'utilizzo della chiesa di S.Pietro del Brandale come cattedrale può considerarsi un fatto contingente, dovuto alla necessità di reperire in breve tempo una sede per le funzioni, in seguito alla forzata chiusura al culto della vecchia Cattedrale sul Priamàr - e la scelta del S.Pietro, di troppo ridotte dimensioni, va forse vista come riconoscimento alla sua "antichità", in attesa di una sistemazione migliore - l'uso della chiesa francescana, ottenuto nel 1556 dopo una lunga lite con i frati (argomento su cui torneremo) ai quali era stato confiscato l'intero complesso, fu inteso, almeno per un certo tempo, come uno stanziamento stabile. Ciò é dimostrato dai lavori fatti, non tutti di semplice adattamento, quale la costruzione della Masseria nel 1575 e certo in previsione di mantenere il vecchio edificio. La crisi economica in cui si dibatteva la città, a cui forse va unito lo scarso interesse dei vescovi ( già rilevato), che fino a Domenico Grimaldi compreso, non risiedevano mai a Savona, non permise per quasi tutta la seconda metà del secolo di pensare ad erigere una nuova chiesa (66). Ovviamente nella storia dei Vescovi di Savona, non fu sempre così, perché, come già abbiamo accennato, vi furono, nella prima parte del millennio, degli uomini santi che diedero il meglio di se stessi al prossimo e alla Chiesa savonese. Oltre al Beato Ottaviano che già abbiamo incontrato, vanno ricordati, ad esempio, i Santi Vescovi Amico, Guido e Alberto, che tra l'XI e il XIII secolo, sedettero sulla cattedra savonese: di essi Ferdinando Molteni, in una sua recente opera, dà ampia relazione (67).
La crisi a cui si accennava sopra era, in gran parte, dovuta alle distruzioni attuate dai genovesi - abbondantemente descritte nella storiografia savonese - che, per diversi decenni, fecero sentire la loro influenza negativa in tutti i settori dell'attività savonese. Una inversione di tendenza comincia a delinearsi successivamente con l'apparizione della Madonna nella Valle del Letimbro e si affermerà meglio verso la fine del Cinquecento, per continuare, attraverso alterne vicende, anche dopo.
Savona era venuta a trovarsi al centro della necessità genovese di fortificare tutta la costa fino a Vado, in seguito alle incursioni barbaresche lungo le coste del Mediterraneo. A più riprese pirati e corsari si erano spinti sulle coste italiane dalle loro basi tunisine per depredare e ridurre in schiavitù le popolazioni colte di sorpresa. La baia di Vado era località prediletta dai corsari, non solo perché al centro di una zona ricca di colture e di varie ville, ma anche perché, efficacemente protetta da insidiosi e frequenti venti di ponente e di libeccio da una montagna sul lato sud-ovest, offriva un valido rifugio alle flotte sorprese dai fortunali. Al caposaldo difensivo costituito dalla fortezza costruita sul Priamàr si aggiungono, nel 1569, il fortino sulla spiaggia e la torre a Capo Vado. Che la fortezza di Savona e le opere militari di Vado facessero parte di un unico sistema di difesa e segnalazione lo si può chiaramente dedurre, dall'inizio di lavori per la costruzione di un forte, denominato San Marcello, sulla collina della Braia presso il borgo delle Fornaci, con cui si fece in modo di completare la linea difensiva (68).
Ma ciò che colpisce fu che le maggiori distruzioni attuate per lasciare il posto alle opere militari, furono quelle di Savona, mentre, in direzione di Vado, le difese vennero costruite senza effettuare prima pesanti distruzioni di opere civili. Evidentemente il disegno strategico fu del tutto particolare e basato anche sul fatto che molte contribuzioni vennero imposte alle popolazioni che, per ironia della sorte, subivano le beffe e i danni maggiori. Ci si può chiedere se, da un punto di vista strategico, la fortezza di Savona doveva essere costruita proprio sul Priamàr, o se il sistema difensivo leggermente spostato avrebbe potuto assolvere alle stesse funzioni se posto in prossimità della spiaggia e in zone pianeggianti. Uno studio a questo riguardo potrebbe essere approfondito, cercando di esaminare anche meglio la parte che ebbero in tutto questo i "collaborazionisti" locali.
Constatata l'insufficienza della Chiesa di S.Pietro in "Platea Brandalis", il complesso destinato a diventare parte della nuova Cattedrale, fu quello di San Francesco, che si fregiava da alcuni secoli, di una antica e nobile fama (69). Vediamo brevemente la situazione alla luce di alcune note storiche e seguendo il lavoro di Massucco, Ricchebono e Barbero (dispense ciclostilate alcuni anni or sono).
Nel 1251 terminava la seconda guerra tra Savona e Genova: come conseguenza, due anni dopo, nel 1253, le mura cittadine venivano abbattute, come era stato pattuito nel trattato di pace stipulato a Varazze. Negli anni successivi Savona poteva però ricostruire la propria cinta muraria che veniva ampliata. Per la zona che ci riguarda possiamo ritenere che le mura anteriori al 1251 scorressero lungo l'asse di Via Aonzo e che la nuova cinta seguisse invece, approssimativamente, il percorso dell'attuale Via Manzoni.
Già nel 1253 i Francescani si erano stabiliti a Savona, nel Borgo Superiore, dove avevano iniziato a costruire una prima chiesa e convento, ma i lavori non erano stati ultimati, probabilmente anche a causa della guerra in corso tra Savona e Genova e per le frequenti inondazioni del Torrente Letimbro. L'ampliamento della cinta muraria fornì l'occasione ai Francescani di fondare, nel 1259, una nuova chiesa e convento, nello spazio prima libero da costruzioni, adibito ad orti e vigne, tra la vecchia cinta muraria e la nuova. Nel 1268, circa, la chiesa era quasi ultimata , mentre i lavori per il convento furono assai più lunghi; pare che vi si lavorasse ancora nella prima metà del Trecento. Nei primi decenni del Quattrocento si ebbero grandi restauri e probabilmente qualche ricostruzione, ma solo nell'ultimo quarto del XV secolo iniziò una serie di lavori che trasformarono radicalmente l'originaria struttura. L'avvio ai lavori fu dato da Papa Sisto IV della Rovere, savonese, che fece costruire su un lato del chiostro una Cappella per ospitare le spoglie dei suoi genitori (la "Cappella del Papa" o "Cappella Sistina"). Lo stesso Sisto IV fece pure ricostruire il primo chiostro francescano e destinò un lascito per la riedificazione del secondo. Dopo la sua morte, i lavori furono fatti proseguire dal nipote, il cardinale Giuliano della Rovere (futuro Papa Giulio II), e interessarono non solo il secondo chiostro, ma anche parti cospicue del convento: possiamo infatti attribuire a tale periodo l'interessante soffitto ligneo a cassettoni, con sottostante fregio affrescato, venuto alla luce durante i lavori di restauro dell'autunno 1973.
La situazione rimase stabile fino alla seconda metà del XVI secolo, in quanto, a parte l'esecuzione di alcuni affreschi, non abbiamo notizie di ulteriori lavori fatti al complesso francescano. Frattanto il Consiglio Grande di Savona, il Vescovo e i Canonici inviarono suppliche al Senato Genovese per ottenere quale nuova Cattedrale la chiesa di S.Francesco che, per la sua posizione e grandezza era la più adatta allo scopo. Nonostante la tenace e ben comprensibile opposizione francescana, nel 1556 giunse un "breve" papale che sollevava i Genovesi da ogni responsabilità per aver chiuso al culto nel 1543 la Cattedrale del Priamàr e istituiva la nuova Cattedrale e la nuova sede episcopale nella chiesa francescana e nel convento. Si ebbero quindi vari lavori di adattamento del complesso alle nuove funzioni cui doveva assolvere, ma non vi furono sostanziali modifiche. Nel 1589 si decideva, però, di costruire una nuova chiesa che rispondesse maggiormente alle esigenze di una cattedrale: nello stesso anno se ne iniziava la costruzione partendo dall'abside. Per proseguire i lavori fu necessario procedere all'abbattimento dell'antica chiesa di S.Francesco. Nel 1602 il nuovo Duomo, come già accennato, era ultimato nella parte muraria e nel 1605 venne consacrato. Tra il 1600 e il 1613 veniva eretto il campanile e solo attorno al 1840 si innalzò la cupola, opera dell'architetto savonese Giuseppe Cortese (70). Presso il Palazzo del Brandale, sede attuale dell'Associazione "A Campanassa" si conserva la lapide tombale di Giuseppe Cortese, già posta sulla sua tomba al cimitero della Foce, ritrovata nel 1980 in uno scantinato della Parrocchia di San Domenico e donata all'Associazione dal Parroco del tempo Canonico Giuseppe Bruzzone.
I frati non si rassegnarono molto facilmente alla perdita della loro chiesa e del loro convento che, nel corso del XV secolo toccarono il massimo splendore. Vi si mantenevano allora circa 30 padri e vi fioriva un nobile studio, sostenuto da una ricca biblioteca. Uomini insigni vi vestirono il saio: fra Filippo Busserio, missionario e viaggiatore in Oriente, oratore, scrittore caro a principi e pontefici; fra Lorenzo Guglielmo Traversagni, insigne teologo e poeta; fra Marco Vegerio, poi Vescovo di Noli, segnalatosi al Concilio di Basilea, maestro di Francesco della Rovere; Francesco di Mangano e Nicola Carrettino, acutissimi teologi; Francesco della Rovere, poi Papa Sisto IV; Pietro Riario, creato Cardinale dallo zio Sisto IV; Marco Vegerio, poi Vescovo di Senigallia e cardinale, teologo e scrittore. Il Convento era presente anche nella vita della città. Ad esempio, la tregua del 19 Febbraio 1415 tra le due logge del Brandale e della Maddalena, cioè tra i due ordini popolare e nobile, si stipulò con i rappresentanti delle due parti, raccolti nel refettorio dei frati di S. Francesco (71).
Le vicende che avevano portato alla posa della prima pietra della nuova Cattedrale (19 Luglio 1589) non erano state delle più tranquille e facili; anzi quel giorno di Luglio, tanto solennemente celebrato, era il risultato di lunghe e difficili trattative che avevano visto momenti di particolare durezza, per non parlare di veri e propri scontri, fra l'ordine francescano da un lato e i vescovi e il capitolo savonesi dall'altro.
La ruggine, se così possiamo chiamarla , fra l'ordine francescano e il clero secolare era piuttosto vecchia. Risulta infatti che, già prima del 1266, alcune pie persone s'erano scelte la sepoltura in San Francesco, suscitando le gelosie del clero secolare, che emanò feroci ordinanze: si negassero i Sacramenti a quelli che volevano essere sepolti in detta chiesa, non si suonassero le campane per il loro funerale, che nessun prete dovesse accompagnare la salma, e si sarebbe andati oltre se il Pontefice Clemente IV, con sua Bolla da Viterbo, del 6 Luglio 1269, non avesse condannato il contegno del clero savonese (72).
G. A. Rocca scrive che la chiesa (con annesso convento), fabbricata dopo la metà del secolo XIII (1263) aveva diciannove altari, ed era stata ampliata ed abbellita a cura dei savonesi papi Sisto IV, Giulio II e cardinali Pietro Riario e Marco Vegerio. I Francescani vi si trasferirono dal convento che avevano abbandonato sito fuori delle mura, nel Borgo di S.Giovanni. Quando fu il momento di essere trasferiti per far posto alla nuova Cattedrale nell'ottobre 1550: "Siccome i frati non volevano uscirne, mentre inneggiavano in chiesa i primi vespri che precedono la festa del loro istitutore, furono posti soldati ad impedire l'entrata in convento, e ne fur tolti e presi senza alcun nostro demerito, la vigilia di S. Francesco al vespro, la Chiesa, il Convento et dogni altra cosa spogliati affatto, espulsi dalla città et ridotti ad nihilum". Così si legge scritto da uno di essi, Antonio Serveto da Savona, nel primo registro della Parrocchiale di Lavagnola, alla cui reggenza furono chiamati nel 1577 da Gregorio XIII e ne presero possesso nel Giugno 1578, essendo stato fabbricato il convento che fu unito alla Canonica (73). Il possesso della Parrocchia di Lavagnola da parte dei Francescani fu interrotto dalla Repubblica Ligure con la legge di soppressione del 17 Marzo 1799 (Gallotti, op.cit. pag. 225).
I Savonesi riuscirono, all'inizio del 1600, ad avere la loro nuova Cattedrale, più ampia anche se certamente meno preziosa della precedente sul Priamàr. E' interessante rilevare che l'edificio della vecchia chiesa sul Priamàr, benché chiuso al culto, come accennato, dal 1543, resistette fino al 1595 prima di essere diroccato; quasi ad attendere che i Savonesi potessero sostituire, con una nuova, la loro vecchia Cattedrale.
Le difficoltà per reperire i fondi necessari furono enormi: il Comune, dopo il primo stanziamento di 20.000 lire, come già abbiamo visto, era stato autorizzato a fare prestiti e a vendere icone sacre della Cattedrale: tra queste, quella del Foppa acquistata per 500 lire dalla Confraternita di S.Maria di Castello (che ne é ancora oggi la proprietaria), ma, nel 1607, doveva ancora rimborsare, sul prestito di dieci anni prima, 5.500 lire anticipate in proprio dagli ufficiali del nuovo tempio.
Il Vescovo, oltre alla sua parte personale, della quale non conosciamo l'entità, riuscì ad ottenere cospicue e numerose offerte da parte dei fedeli, ed alcune migliaia di lire attraverso la concessione a ricche famiglie del giuspatronato sulle Cappelle. E' certo comunque che la maggior parte dell'onere finanziario venne coperto con le generose offerte della popolazione savonese, divenute più consistenti soprattutto dopo l'episodio della "Madonna della Colonna", del 14 Marzo 1601 e definito subito miracoloso (74). A seguito di questo evento, così confermato da apposita Commissione, la cui documentazione si conserva nell'Archivio Diocesano di Savona, la vecchia Consorzia di Santa Maria, nella Cattedrale del Priamàr, cambiò nome e venne chiamata "Consorzia di Nostra Signora della Colonna", tuttora presente nel Duomo di Savona (75).
Non solo i Savonesi, come si é accennato, dovettero accollarsi tutte le spese per la costruzione della nuova Cattedrale senza alcun aiuto esterno, nonostante che la precedente fosse stata distrutta dai Genovesi, ma nella prima parte del Cinquecento furono poste a loro carico, senza alcuna giustificazione plausibile, molte spese riguardanti la costruzione delle fortificazioni. Genova non dominava solo politicamente, imponendo un podestà di famiglia genovese che aveva potere di autorizzare o respingere non solo, ma imponeva gabelle il cui ricavato andava a favore della Repubblica aristocratica.
Il 14 Dicembre 1528 venne sospesa la trattazione di ogni causa civile e si fece incetta di denaro da ogni parte per le spese ed imposizioni di guerra, per i tributi e per tutte le altre necessità. Il Comune di Savona fu costretto a vendere dei beni per far fronte a queste imposizioni. I Savonesi furono smunti sino al midollo. Dovettero sborsare a rate dodicimila scudi, mille all'anno, "per pagamento de le tre nave che fondono genoezi in lo porto de Saona l'ano de 1525 eciam per pagare li guastatori chi ruinino lo molo a dito tempo" e, suprema beffa, dovettero rimborsare ad Andrea Doria, che, più tardi, nel 1532, volle per sé il feudo di Vezzi, le spese delle galere per il male che fece alla città. Inoltre fu sequestrato il prodotto della gabella del sale e sospeso il contributo delle castellanie. E nel 1542 i Genovesi sequestrarono e inasprirono in Savona l'importante gabella del vino. Richieste di indenizzazione venivano da ogni parte: il Comune era sempre condannato a pagare. Nel 1534 furono abolite le monete di Savona con l'uso di esse (76). A tutto ciò vanno aggiunte le attività contro Savona dei vari collaborazionisti (presenti in tutte le epoche storiche) con i delatori che indicavano ai Genovesi le ricchezze della famiglie locali.
10) - Il Vescovo Pietro Francesco Costa.
Durante il secolo XVI, la città non espande la propria area edilizia al di fuori della cerchia urbana, ma si conserva all'interno di essa non occupando neppure totalmente l'area disponibile, come risulta dagli spazi ancora esistenti sul Monticello e verso la piana del Letimbro, fra il complesso del Duomo e la porta San Giovanni. Il perdurare dello stato di belligeranza con Genova, ed il calo demografico conseguente a varie epidemie scoppiate durante i secoli precedenti, hanno condizionato l'attività edilizia (77). La costruzione della nuova Cattedrale , verso la fine del secolo, fu il maggiore intervento registratosi in quel periodo, completato inoltre, per alcune pertinenze e per i rifinimenti interni, nei secoli successivi, diluendo così nel tempo la mancanza di disponibilità finanziarie. Negli anni si provvedeva intanto a trasferire all'interno della nuova Cattedrale tutto ciò che si era potuto recuperare dalla vecchia, fino ad allora custodito in luoghi diversi e chiese della città.
Per notizia, é bene ricordare che della vecchia chiesa di San Giorgio, pure questa sul Primàr, e distrutta anch'essa dai Genovesi nel 1543, non fu invece recuperato quasi nulla. La chiesa era custodita dai Monaci di Fruttuaria, che ne avevano acquistato l'integrale proprietà in seguito alla sentenza pronunciata il 27 Aprile 1160 dal Vescovo savonese Mainardo. Pure diversi secoli prima della distruzione del Priamàr la sua storia é significativa. Tra gli espropri operati dal Comune di Genova per costruire il castello nuovo sulla parte orientale del Priamàr, vi furono anche le pertinenze della chiesa di S.Giorgio: l'area del cimitero e poi "domus et alia officina eidem ecclesia pertinentis, nec non et alia terra iuxta muros dicti castri in qua erant plurima edificia civium Saone, que dirui fecit Comune Janue". L'abate di Fruttuaria Oberto II protestò vivamente e si oppose all'arbitrio del Comune genovese, ma per diverse ragioni dev'essere stato indotto ad accettare una transazione piuttosto che invocare la protezione della Santa Sede, dando avvio ad una causa di difficile esito. Con l'accordo del 20 Novembre 1254 il Comune di Genova, pagando un indennizzo di 600 lire genovesi (é forse una delle poche volte che pagò un indennizzo), acquisiva il diritto di usufruire dei beni occupati, salva la proprietà ed il dominio spettanti al monastero, proprietà e dominio che però non avrebbero interferito con la disponibilità per la costruzione del nuovo castello. L'accordo doveva venir ratificato dal vescovo e dal Capitolo della chiesa savonese, cosa che avvenne il 13 Gennaio 1255, La chiesa che in quel momento non fu distrutta (lo sarà successivamente), ma, rinserrata entro la muraglia difensiva del nuovo castello, non venne più frequentata come un tempo e lentamente decadde (78).
Tutta la zona attorno all'attuale Cattedrale, come si rileva chiaramente dalle tavole riportate nell'opera citata in nota 7 di questo paragrafo, compresa fra le attuali Vie Manzoni, Santa Maria Maggiore, Verzellino e Ambrogio Aonzo, da molti secoli é stata destinata ad insediamenti religiosi. Fra l'altro i Francescani, dopo che furono mandati a Lavagnola, non si rassegnarono ad abbandonarla definitivamente (come invece avviene oggi), e costruirono (1631-1655) in Piazza della Maddalena un'altra Chiesa con annesso convento, strutture che vennero poi adibite ad abitazioni private (Casa Boselli). Qui, vi sono attualmente alcune strutture riconoscibili (79).
Il complesso delle strutture religiose (Cattedrale, Vescovado, Chiostro, Sistina, Oratorio di N.S. del Castello), ad est, nella parte orientale, in passato come attualmente, é strettamente interconnesso con il Palazzo del Monte di Pietà (in Via A.Aonzo), contenente affreschi dell'epoca (la costruzione si può porre nel XIV secolo, con diversi ampliamenti e ristrutturazioni, fatti in maniera più consistente verso la fine del XVI secolo), dal cui studio non si può prescindere per l'importanza che questo insediamento ha sempre avuto nei pressi della zona destinata ad infrastrutture religiose (80).
Considerata la poca distanza che separa il tutto dalla zona del Brandale, centro della vita amministrativa del libero comune (con la Torre e il Palazzo dell'Anziania), siamo nel cuore della vecchia Savona, le cui vestigia vanno ad ogni costo preservate e fatte conoscere. La Consulta Savonese delle Associazioni Culturali (Campanassa, Storia Patria, Istituto Internazionale Studi Liguri), ha preso recentemente al riguardo una precisa posizione che ci auguriamo possa essere tenuta in considerazione dall'attuale Amministrazione Comunale.
Gli storici hanno sempre cercato di evidenziare l'evoluzione secolare di questa parte della città. Il Quattrocento é, a questo proposito estremamente significativo. Durante tutto il secolo si cerca di attuare un perfezionamento interno ed esterno degli edifici. I lavori, in pratica, si indirizzano su rifacimenti e restauri dei palazzi, per meglio adeguarli alle necessità ed al gusto del tempo. Unico nuovo inserimento, é il Palazzo che Giuliano da Sangallo, il grande architetto del Rinascimento toscano, innalzerà per il Cardinale Giuliano della Rovere. il futuro Papa Giulio II, sul finire del Quattrocento, fra le attuali Via Pia e Piazza del Duomo (81).
A ridosso del centro medioevale attorno al porto di Savona, nella zona sommariamente descritta, ma caratterizzata in passato da studi aprofonditi e specifici, facilmente accessibili, viene così a porsi la costruzione della nuova Cattedrale, ottimamente descritta anche nelle sue strutture interne attuali, dall'opera ripetutamente citata del 1974, dovuta ad autori diversi e qualificati, a cui eventualmente si rimanda per ulteriori approfondimenti. Riteniamo invece doveroso concludere questa parte con un cenno ulteriore al Vescovo ligure Pietro Francesco Costa, nominato pastore della Chiesa Savonese da Papa Sisto V (un francescano che regna per 15 anni, lascia numerose opere, riforma gli ordini religiosi e il clero e, come monarca temporale, qualche volta usa anche la mannaia e la forca).
Il nostro Vescovo é un patrizio di Albenga che, per la costruzione della nuova chiesa diocesana, come già accennato, ci mette anche quanto ha del suo patrimonio personale e della sua famiglia. Insieme alla Cattedrale, fa ristrutturare e riparare decorosamente anche il Palazzo Vescovile, rifinito ed abbellito in gran parte così come lo vediamo oggi. Per il governo spirituale della diocesi convoca diversi Sinodi. Papa Paolo V (il Cardinale Camillo Borghese, di Roma) lo nomina anche Nunzio Apostolico alla corte dei Savoia in Torino, regnando il Duca Carlo Emanuele I. Ma il Costa non vuole abbandonare la "sua" Chiesa e conserva ancora il vescovado di Savona (agli occhi di tutti, credenti e non, il suo comportamento é molto diverso dai predecessori genovesi, nella prima parte dello stesso secolo). Nel 1624, dopo tanto lavoro per la nostra Chiesa e tante difficoltà affrontate con assoluta fiducia nella provvidenza, oppresso dagli anni e dalle fatiche si ritira in Albenga, dove muore nel 1625 all'età di 81 anni. Nell'animo dei savonesi il nome di questo presule é ormai scolpito a lettere indelebili.
11) - Le nuove difficoltà politiche non bloccano importanti
costruzioni.
Gli anni successivi alla consacrazione della nuova Cattedrale e quelli che seguono dopo la morte del Vescovo, che era stato un tenace sostenitore della sua realizzazione , per i savonesi sono sempre piuttosto difficili. Se si può fare un paragone, siamo nella stessa situazione verificatasi alla fine del secolo precedente in cui la popolazione della città era ridotta a meno di 9000 abitanti (82). Il Bazzano osserva inoltre che durante il governo della Chiesa savonese da parte di Mons. Francesco Maria Spinola (che succede a Mons. Costa), dell'Ordine dei Teatini (83), il presule venne a trovarsi in forte disaccordo col governatore genovese marchese Bartolomeo di Passano, che pretendeva collocare la sua sedia nel presbiterio del Duomo, di fronte alla Cattedra Vescovile e di altezza uguale alla medesima. Per nulla intimorito dalle ammonizioni del Vescovo, il governatore usò la forza per riuscire nel suo intento e Mons. Spinola colpì d'interdetto il coro e l'altare maggiore. Il Senato genovese, che vergognosamente teneva bordone al prepotente governatore, nel 1642 esiliò da Savona il Vescovo, che si rifugiò nella vicina Albisola, dove, in quella Parrocchia, pose la Cattedra, svolgendo le funzioni come se fosse stato in cattedrale. I savonesi non si rassegnarono, minacciando di ribellarsi alla prepotenza e all'ingiustizia di cui erano vittime e mandarono una deputazione al Senato genovese affinché lasciasse tornare Mons.Spinola alla sua Sede. Vista la risolutezza delle nostre Genti, ben decise di far valere i loro diritti, il Senato della Serenissima accondiscese e Mons.Spinola il 6 Aprile 1655 poté tornare a Savona, accolto dal suono a festa di tutte le campane (84).
Non si può concludere questa parte riguardante la nuova Cattedrale di Savona, senza un cenno alle opere dei Della Rovere, negli anni precedenti quel periodo, iniziate da Francesco (poi Papa Sisto IV) ed alcune concluse, o nuove, dal nipote Cardinale Giuliano (poi Papa Giulio II). Dal punto di vista artistico e storico esiste abbondante materiale bibliografico di studiosi locali contemporanei a cui rimandiamo.
In quei secoli si alternano fasi di sviluppo ad anni pesantemente negativi, aggravati questi ultimi da epidemie con vittime ed eventi naturali negativi (terremoti, inondazioni, carestie, gelate, ecc.). Pertanto qui vogliamo solo porre in luce la funzione estremamente rilevante che le iniziative Roveresche svolsero in quei momenti per contribuire al superamento delle calamità e delle crisi cicliche che colpivano Savona e l'importanza che esse hanno ancora oggi nel porre la nostra Città in una posizione privilegiata che deve essere meglio valorizzata con il contributo di tutte le sue componenti, civili, religiose e culturali.
Fra gli elementi positivi, sono notevoli oltre agli ampi cantieri che andarono avanti in diversi anni per la nuova Cattedrale, anche i cantieri attivati dai Della Rovere, da cui, con termine moderno discese un "indotto", per diversi settori, di tutto rispetto. Ad esempio, il mausoleo in onore di Leonardo Della Rovere e Luchina Monleone, genitori di Sisto IV, fu commissionato per conto del pontefice il 29 dicembre 1481 agli scultori comaschi Giovanni e Michele D'Aria, che lo ultimarono nel 1483. Il progetto fu fornito da Andrea Bregno (1481-1503), scultore lombardo attivo a Roma, prediletto dal Pontefice, che già gli aveva commissionato i monumenti funerari dei suoi congiunti, Cardinale Raffaele e Cristoforo Della Rovere. In particolare, é il monumento romano per il Cardinale Pietro Riario, modello ispiratore di quello savonese, esemplato sul tipo dei "monumenti umanistici" ideati da Bernardo Rossellino e Desiderio da Settignano a Firenze nella prima metà del secolo, quale sintesi del nuovo equilibrio formale e dei valori di celebrazione ideale della Rinascenza (85). Da ricordare che ampi lavori di restauro, curati dalla Soprintendenza delle Belle Arti, sono stati ultimati proprio nel 1995.
Fra il 1495-96 il Cardinale Giuliano aveva intanto avviato la costruzione del suo vasto palazzo, nel centro della città, opera di Giuliano da Sangallo, il grande architetto fiorentino che lo aveva seguito nel suo esilio all'epoca del papa Borgia (Alessandro VI, spagnolo che, appena assunto al soglio pontificio, probabilmente ha fatto sparire tutto quello che avevano fatto i suoi predecessori italiani per aiutare Cristoforo Colombo nel suo viaggio verso il Nuovo Mondo) (86). L'importanza di questa "fabbrica", finora non tenuta nel debito conto dagli studiosi locali. é del massimo interesse, avendo costituito un fortissimo centro di attrazione artistica per una fitta schiera di artisti lombardi - per lo più provenienti dal grande "cantiere" della Certosa di Pavia - che le fonti archivistiche ci documentano essere presenti in quegli anni a Savona (87). Con un "indotto" anche in questo caso piuttosto rilevante.
Soltanto una piccola parte del patrimonio artistico presente nella vecchia Cattedrale poté essere recuperato. Il Varaldo nella nota 10 a pag. 147 della sua opera sopra citata (nota 87), osserva fra l'altro che nulla possiamo sapere degli affreschi di Marco d'Oggiono, scomparsi con le demolizione della Cattedrale, né dei vasti cicli di decorazione dei numerosi edifici sacri dell'area del Priamàr.......E conclude dicendo che di epoca napoleonica é invece l'emigrazione all'estero (Francia) di diverse opere d'arte (con l'indicazione dove sono attualmente localizzate). Passati due secoli dagli eventi napoleonici sarebbe interessante sapere se ne é stata richiesta la restituzione.
Di due importanti edifici attigui al nuovo Duomo: la Cappella Sistina e Palazzo Santa Chiara, oltre alle notizie che già si conoscevano, Guido Malandra più di venti anni fa ha ritrovato nuovi documenti che ci danno un'idea maggiormente precisa e documentata di quanto avvenuto. L'atto di commissione dei lavori marmorei per la cappella fabricanda, ivi incluso il mausoleo, affidati dai procuratori papali il 29 dicembre 1481 a Giovanni e Michele d'Aria, le successive quietanze parziali per spese di marmi, una proroga, ed infine l'atto di quietanza definitiva fra le parti dell'11 ottobre 1483 ed una serie di testimonianze rese ad futuram rei memoriam fra l'8 ed il 16 ottobre 1483 in parte nella stessa cappella ora già fabricata, precisano i limiti temporali della costruzione, il singolo apporto di ciascuno dei due fratelli scultori alle opere in marmo, descritte con una certa accuratezza, e addirittura rivelano, oltre a quelli dei d'Aria, i nomi di quanti, con funzioni diverse, hanno cooperato alla realizzazione della cappella...
Cinque atti di quietanza di Matteo de Bixono, magister picator sive pichapetra ad Urbano Vegerio, procuratore del cardinale Giuliano Della Rovere, coprono invece il periodo di costruzione della parte anteriore del palazzo dal 4 febbraio 1495, quando si parla ancora di domus construenda, al 17 maggio 1496 data in cui la facciata mensurata per Iulianum de Seingallo Florentinum magistrum petrarum et picatorem, appare terminata in opere lapidun e marmorum, con le colonne, l'architrave ed il cornicione (88).
12) - Conclusioni.
Attorno al 1000, la nascita della Chiesa savonese, si può inquadrare in un periodo dove si percepiva la necessità di una riforma religiosa. Mutamento di cui si resero interpreti, fra gli altri, i monaci della tradizione benedettina, presenti anche in molte zone della nostra Liguria con monasteri che svolgevano una considerevole azione sociale.
In quell'epoca, come sappiamo, a parte l'ingerenza nelle elezioni dei pontefici, era invalsa la prassi di conferire terre, funzioni amministrative e di governo - in altre parole feudi - a vescovi e abati per anulum et baculum (con anello e pastorale), cioé mediante i simboli religiosi del potere vescovile, di intervenire nelle loro elezioni; di nominarli di fatto o di confermarli formalmente.
Contro la decadenza del costume e della disciplina ecclesiastica, operò il movimento riformatore, che ebbe il suo centro nei monasteri benedettini riformati, ma che abbracciava anche larghe cerchie di fedeli, fino ad investire anche l'alto clero. E' da Cluny (che abbiamo già incontrato ai tempi del Beato Vescovo Ottaviano, pastore della nostra Chiesa), un convento fondato in Borgogna all'inizio del secolo X allo scopo di richiamare in vigore la stretta osservanza della regola benedettina dell'ora et labora, che prende avvio il moto di reazione contro la rilassatezza dei costumi e la decadenza della disciplina ecclesiastica, per estendersi man mano nel secolo XI, a tutta una rete di conventi sparsi in Francia, in Germania, in Italia, influenzando anche la fioritura di ordini religiosi riformati, come i Certosini e i Cistercensi in Francia, i Vallombrosani e i Camaldolesi in Italia (89).
La nuova Cattedrale nella zona del vecchio convento francescano, così come noi siamo abituati a vederla oggi, alla fine del secondo millennio, é intimamente legata nella storia e nella cultura, alla precedente sul Priamàr, forse ancora più vecchia del millennio che sta per finire (90). Oltre che luogo di culto, cattedra del Vescovo che ha il privilegio di indossare il Pallio Pontificale (concesso da Benedetto XV, per l'importanza di questa sede, a Mons. Scatti e a tutti i suoi successori), ha per noi savonesi anche il valore di un enorme patrimonio, che non potrà mai venir meno e che dovremo sempre, con orgoglio, ricordare.
Tra cielo e mare. tra azzurro ed infinito, tra fede ed arte, la bella Cattedrale dedicata a Santa Maria Assunta sulla rocca del Priamàr, continua nel tempo, fatto di secoli, il suo discorso fra storia e vita, nel respiro dell'umano divenire. La nuova Cattedrale, per le vicende di una Savona prostrata, scesa al piano, é pronta a continuare il suo linguaggio di raccoglimento e di preghiera, tra le suggestive ombre di tanti ricordi di sublimi bellezze dello spirito e della natura. Tratto di unione, tra il monte ed il piano, rimane l'eterno canto del mare, nella sua ricca e dinamica forza vitale per la città e i suoi abitanti.
Secondo Francesco Cesarini.
N O T E
(1) - Cfr. R.Comba, M.L.Salvadori, L'Indagine Storica, Vol. 1, 1150 -1700 Loescher Editore, Torino, 1990. F. Panzini, A Rogmann, Pagine di Critica Storica, Vol. 1 , Editrice Ferraro, Napoli1988. Gabriele De Rosa, Età Medioeva-le, Minerva Italica, Bergamo, 1994.
(2) - Cfr. Carlo M Cipolla, Storia Economica dell'Europa Pre-Industriale, Società Editrice Il Mulino, Bologna, 1990, pag. 61.
(3) - Cfr. Giampaolo Perugi, La Riforma Ecclesiastica, in "Storiografia 1, Medioevo", Orientamenti e pagine scelte, Zanichelli Bologna, 1988, pag. 203.
(4) - Solo per ricordare alcuni imperatori, dal 918 al 1024 regna la famiglia Sassone con Enrico I, Ottone I, Ottone II, Ottone III (reggenza di Teofano e Adelaide) ed Enrico II (ultimo dei Sassoni). Dal 1024 al 1125 regnano gli imperatori Salii con Corrado II, Enrico III, Enrico IV (inizia con la reggenza di Agnese, e l'episodio di Canossa), Enrico V (ultimo della Casa Salica). Dopo la parentesi di Lotario di Sassonia, dal 1138 al 1254 regnano gli Stanfer di Casa Sveva con Corrado III, Federico I Barbarossa, Enrico VI, Ottone IV e Filippo di Svevia, Federico II (deposto da Papa Innocenzo IV). Siamo così giunti al 1250. Cfr. S. Hellmann, Storia del Medioevo, Edizioni I Dioscuri, Genova, 1990.
(5) - Cfr. Nazareno Fabretti, I Vescovi di Roma, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo, 1987, pagg. 158 e seguenti.
(6) - Cfr. Giuliano Procacci, Storia degli Italiani, Vol. I, Edizioni Laterza, 1968, riproduzione dell'Unità, 1991, pag.7.
(7) - Cfr. Nicola Turchi, Storia delle Religioni, Vol. II, Sansoni Editore, Roma, 1954, pagg. 882 e 883.
(8) - Cfr. Roberto S. Lopez, La Nascita dell'Europa, Secoli V-XIV, Giulio Einaudi Editore, Torino, 1966, pag. 47.
(9) - Per tutte le questioni inerenti alle incursioni saracene si veda Bruno Luppi, I Saraceni in Provenza in Liguria e nelle Alpi Occidentali, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Museo Bicknell, Bordighera, 1973.
(10) - Cfr. Mario Scarrone, Gli Aleramici e gli insediamenti monastici nel Finale (con una breve introduzione alla storia medievale del marchesato carrettesco), in "La chiesa e il convento di Santa Caterina in Finalborgo", SAGEP Editrice, Genova, 1982, pag. 7.
(11) - Cfr. Fulvio Conti, Il Triangolo e il Berretto Frigio. La Massoneria e il Movimento Repubblicano a Spezia nel Secondo Ottocento, in Studi in memoria di Sandro Pertini, "Mondo Operaio e Politica nell'Ottocento Ligure", Marco Sabatelli Editore, Savona, 1996, pag.164.
(12) - Cfr. Maria Giuseppina Mistrangelo, Le Pievi della Diocesi di Savona, in Atti Società Savonese di Storia Patria, n.s. Vol. II, Stabilimento Tipografico Priamar, Savona, 1968, pagg. 25, 26 e 29.
(13) - Cfr. Valeria Polonio, La Chiesa Savonese nel XII Secolo, in "Savona nel XII Secolo e la Formazione del Comune 1191 - 1991", Convegno di Studi, Savona 26 Ottobre 1991, in A. e M. Società Savonese di Storia Patria, n.s.,Vol. XXX, Savona, 1994, pagg. 63 e 64.
Chi scrive ha presentato a questo Convegno una breve comunicazione intitolata: "Il Monte di Credito del Comune di Savona", Prima banca locale sotto controllo pubblico", che peraltro non figura negli Atti. Il materiale di questa comunicazione, considerevolmente ampliato con una successiva ricerca, é stato pubblicato in un piccolo volume dalla Casa Editrice Liguria, con il titolo: "Cenni sul debito pubblico nei primi secoli del libero Comune di Savona e la probabile esistenza del Banco Civico prima del Quattrocento", per gli studenti della Scuola Media "Paolo Boselli" di Savona, in occasione del cinquantenario di fondazione dell'Istituto.
(14) - Cfr. Romeo Pavoni, L'organizzazione del territorio nel Savonese: secoli X-XIII, in "Le Strutture del Territorio fra Piemonte e Liguria, dal X al XVIII secolo", a cura di Alessandro Crosetti, Società per gli Studi Storici, Archeologici ed Artistici della Provincia di Cuneo, Atti del Convegno organizzato a Carcare il 15 Luglio 1990, in Associazione con la Società Savonese di Storia Patria, Cuneo, 1992, pag. 69 e 70.
(15) - Cfr. Omero Colombardo, Cengio e i Signori Del Carretto, Libreria Editrice M. Iannuccelli, Cengio, 1983, pagg. 45 e 46.
(16) - Cfr. Romeo Pavoni, op.cit., pagg. 67 e 68.
(17) - Cfr. Carlo Varaldo, Ritrovamento Altomedioevale nell'Antica Cattedrale del Priamàr a Savona, in Rivista Ingauna e Intemelia, n.s., n. 1-3, Gennaio 1979, Dicembre 1980, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 1983, pag. 85.
(18) - Cfr. Carlo Varaldo, La Sede Vescovile di Savona nell'Alto Medioevo (Prospettive di Studio), in Quaderno Inserto del Letimbro, n. 4, 31 Gennaio 1981, pag.21.
(19) - Si veda a questo riguardo tutto il capitolo quinto "Il Vescovo e il Comune", della "Guida Storica Economica e Artistica di Savona", scritta nel 1874 da Nicolò Cesare Garroni, pubblicata da Gio Sambolino, riedizione anastatica Atesa Editrice, Bologna, 1986, pagg. 100 e seguenti.
(20) - Sono i possedimenti e diritti compresi tra San Pietro di Carpignana e Savona e dal mare al giogo, ivi compreso quanto possiede in Legino e Lavagnola fino al Priocco, eccetto la castellania di Quiliano, il feudo dei signori di Albisola e tutti i diritti che possiede in Savona, tranne quelli già trasmessi ad Ansaldo e Rubaldo Boccadorzo e Pellegrino Rosso, garantendo altresì la disponibilità della moglie Alda ad accettare tale vendita per la parte che la riguarda.
Cfr. a tale riguardo I Registri della Catena del Comune di Savona, Registro I, a cura di Dino Puncuh e Antonella Rovere, in Atti e Memorie della Società Savonese di Storia Patria, n.s. Vol. XXI, Savona, 1986, pagg. 71 e seguenti.
(21) - Cfr. D.Pio Giovanni Battista, Cronistoria dei Comuni dell'Antico Mandamento di Bossolasco con Cenni sulle Langhe, in "Il Ventilabro Uno", Giorgio Baruffaldi Libraio Editore in Cuneo, 1975, pag. 37.
(22) - Cfr. Franco Ferretti, Guido De Lomello Vescovo di Savona (1163-1184), in Atti e Memorie Società Savonese di Storia Patria, n.s., Vol. XX, Savona, 1986, pagg 47 e 48.
(23) - Cfr. Filippo Noberasco, Peste e Contagi in Savona, Tipografia Italiana, Savona, 1939, pagg. 4 e 5.
(24) - Cfr. Paolo Brezzi, Ritratto di Alessandro III, in Rivista di Storia Arte Archeologia, per le Province di Alessandria e Asti, Atti Convegno di studio "Popolo e Stato in Italia nell'Età di Federico Barbarossa, Alessandria e la Lega Lombarda", 6-7-8-9 Ottobre 1968, Deputazione Subalpina di Storia Patria, Torino, 1970, pagg. 184 e 185.
(25) - Cfr. Antonio Robello, Il Beato Ottaviano, Monaco Benedettino, Vescovo di Savona, Genova Sampierdarena, 1992, pagg. 72 e 73.
(26) - Cfr. Silvia Bottaro, Ferdinando Molteni, Il Beato Ottaviano di Savona, Storia, culto e iconografia di un vescovo medievale, Marco Sabatelli Editore, Savona, 1996, pag. 11.
(27) - Cfr. Vittorio Poggi, Albisola, appunti archeologici, storici e artistici, in Atti e Memorie della Società Storica Savonese, Vol. I, Tipografia D.Bertolotto & C. Savona, 1888, pagg. 118 e 119.
(28) - Cfr. Giovanni Vincenzo Verzellino, Memorie e uomini illustri della città di Savona, Arnaldo Forni Editore, Ristampa anastica, vol. I, pag. 158.
(29) - Cfr.Atti Società Savonese di Storia Patria, Il Priamar dal Secolo XI al Secolo XVI (Testimonianze di cronisti savonesi raccolte da Italo Scovazzi e G.B.Nicolò Besio), Vol. XXX, IL PRIAMAR, Tipografia Priamàr, Savona, 1959, pag. 25.
(30) - Cfr. Giovanni Gallotti, Chiese di Savona, Editrice Liguria, Savona, 1992, pag. 7.
(31) - Cfr. Carlo Varaldo, Rinaldo Massucco, La ricerca storico-archeologico-architettonica premessa di un corretto intervento sul Priamàr, Relazione in Atti Convegno di Studi "Il Priamàr, Prospettive di Recupero per la Città", Comune di Savona Assessorato alla Pubblica Istruzione, Savona, 14-15-16 Giugno 1979, pag.34.
(32) - Cfr. Massucco, Ricchebono, Tassinari, Varaldo, IL PRIAMAR, Sabatelli Editore, Savona, 1982, pag. 17.
(33) - Cfr. Pasquale Gabbaria Mistrangelo (a cura di), La Fortezza del Priamàr a Savona, Biblioteca UIA, Musei per le comunità, Centro Editoriale dell'Università Internazionale dell'Arte di Firenze, Firenze, 1988, pag. 15.
(34) - Cfr. Nazareno Fabretti, I Vescovi di Roma, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo (MI), 1987, pag.242.
(35) - Cfr. Filippo Noberasco, citato da Giovanni Farris, in Giometria De Figure Quadre, di Giovanni Agostino Abate, Marco Sabatelli Editore, Savona, 1992, pag. 7.
(36) - Cfr. Angela Maria De Giorgio, Gli statuti quattrocenteschi della Consorzia della Madonna nella Cattedrale di Savona, in Atti e Memorie Societa Savonese di Storia Patria, n.s. Vol. XXXI, Savona, 1995, pagg. 94 e 95.
(37) - Cfr. Gian Luigi Bruzzone, Il più antico inventario (1136) della Masseria della Cattedrale di Santa Maria in Savona, in Atti Accademia Ligure di Scienze e Lettere, Vol. XLIX, 1992, (Ed.1993), sommario e pagg.266-267.
(38) - Cfr. Atti Società Savonese di Storia Patria, IL PRIAMAR, op.cit. pag.35.
(39) - Cfr. Atti Società Savonese di Storia Patria, IL PRIAMAR, op.cit. pag.35.
(40) - Cfr. Nino Lamboglia, Istituto Internazionale di Studi Liguri, I Monumenti Medioevali della Liguria di Ponente, Istituto Bancario San Paolo di Torino, Torino, 1970, pagg. 167 e 168.
(41) - Per maggiori particolari su questo territorio alle spalle di Savona, cfr. S.F.Cesarini, La Valle del Letimbro, Quaderni di ricerca dell'Amministrazione Provinciale di Savona, Grafiche F.lli Spirito, Savona, 1987.
(42) - Cfr. Giulio Fiaschini, Savona: destino di una città minore tra medioevo ed età moderna, in "La Madonna di Savona", Cassa di Risparmio di Savona, Marco Sabatelli Editore, Savona, 1985, pag.78.
(43) - Cfr. Marco Ricchebono, Carlo Varaldo, Savona, Sagep Editrice, Edizione speciale patrocinata dalla Cassa di Risparmio di Savona, Genova, 1982, pag.82.(18).
(44) - Cfr. Carlo Varaldo, 1536, un anno nella crisi: società ed economia a Savona nell'anno dell'Apparizione, in "La Madonna di Savona", Cassa di Risparmio di Savona, Marco Sabatelli Editore, Savona, 1985, pag. 99.
(45) - Cfr. Filippo Noberasco, Le Sinodi diocesane savonesi e la storia del costume, Tipografia Savonese, Savona, 1939, pagg. 7 e 8.
(46) - Cfr. Bruno Barbero, Giovanni Coccoluto, Nazzario Fancello, Rinaldo Massucco, Marco Ricchebono, Mario Scarrone, Carlo Varaldo, Il Complesso Monumentale della Cattedrale di Savona (Guida Storico Artistica), Editore "Il Letimbro", Stabilimento Priamàr, Savona, 1974, pagg. 5, 6 e 7.
(47) - Cfr. Atti Società Savonese di Storia Patria, Il Priamàr nei Documenti Genovesi (Contributo di Maria Margherita Martinengo), Vol. XXX, IL PRIAMAR, Tipografia Priamar, Savona, 1959, pag.84.
(48) - Cfr. Rinaldo Massucco, Le vicende del Priamàr nelle Cronache. La distruzione del quartiere di S.Maria e la costruzione della fortezza sul Priamàr,
in "Giovanni Agostino Abate, una Fonte per la Storia di Savona nel XVI Secolo", Studi in occasione del quinto centenario della nascita (1495-1995), a cura di Claudio Paolocci e Ferdinando Molteni, Genova, 1995, pagg. 157 e 158.
(49) - Cfr. Rinaldo Massucco, Maria Margherita Martinengo, opere citate, pagg. 159 e 83.
(50) - Una rappresentazione sacra scritta da don Giovanni Margara, per ricordare la vita di questo Vescovo, si é svolta nella cattedrale di Savona sabato 28 Settembre 1996, con lettura di un ottimo testo sulla vita del Beato e partecipa-zione del gruppo storico de "A Campanassa".
(51) - Cfr. Nello Cerisola, Storia di Savona, Editrice Liguria di Norberto Sabatelli, Savona, 1982, pag. 266.
(52) - Cfr. Leonardo Botta, La Riforma Tridentina nella Diocesi di Savona, parte I, Notizie Biografiche sui Vescovi, in Atti Società Savonese di Storia Patria, Vol. XXXIV, Savona, Tipografia Priamar, 1962, pagg. 26 e 27.
(53) - Eleggendo a successore di Adriano VI il cardinale "romano de Roma" Alessandro Farnese, sessantasettenne, di ricca e potente famiglia, di grinta dura e di cultura aperta, sembra che i cardinali, in certo modo, vogliano farsi perdonare l'infortunio del pontificato dell'olamdese Adriano VI. Fin da giovane Alessandro Farnese ha preferito la vita gaudente, d'altro canto normale per tutti i figli delle grandi famiglie aristocratiche. Discepolo di Pomponio Leto a Roma e a Firenze, finiti gli studi sceglie la vita diplomatica, anche perché curioso di conoscere il mondo e di frequentare ambienti diversi. Ha una donna dalla quale gli nascono quatttro figli. Nel 1513 si "converte" e sceglie la vita ecclesiastica. Presto vescovo, prima di Cornareto e Montefiascone, poi di Parma, di Tuscolo, di Benevento, di Ostia....Cardinale nel 1493; grande mecenate e benemerito d'aver avviato il Concilio di Trento, la svolta copernicana della Chiesa. Così Nazareno Fabbretti, I Vescovi di Roma, Breve Storia dei Papi, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo (MI), 1987, pagg. 250 e 252.
(54) - Cfr. Leonardo Botta, op. cit, pagg. 26 - 43.
(55) - Cfr. Thoralf T. Thielen, Cos'é un concilio ecumenico ? Edizioni Paoline, Pescara, 1961, pag. 112.
(56) - Cfr. Filippo Noberasco, Italo Scovazzi, Storia di Savona, nuova edizione ampliata da Italo Scovazzi e successivamente ordinata da Nicolò Besio, aggiornamento bibliografico a cura della Società Savonese di Storia Patria, Vol. II, Marco Sabatelli Editore, Savona, 1976, pag. 12.
(57) - Cfr. Poggio Poggi, Il Brandale, in Atti R.Deputazione di Storia Patria, Sezione di Savona, vol. XVIII, Savona, Tipografia Savonese, 1936, pagg. 37 e 38.
(58) - Cfr. Carlo varaldo, La Tipografia Urbana di Savona nel Tardo Medioevo, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Museo Bicknell, Bordighera, 1975, pagg. 35, 38 e 39.
(59) - Cfr. Leonardo Botta, La Riforma Tridentina nella Diocesi di Savona, Parte II, L'Opera di Riforma, in Atti Società Savonese di Storia Patria, Vol.XXXV, Savona, Tipografia Priamar, 1963, pagg. 96 e seguenti.
(60) - Cfr. Lorenzo Vivaldo, La descrizione dell'antico Duomo di Savona in un documento dell'Archivio Vescovile, in Atti Società Savonese di Storia Patria, n.s. Vol. IV, Savona, 1970-1971, pagg. 306-308.
(61) - Cfr. Rinaldo Massucco, L'estremo tentativo di salvare il Quartiere del Priamàr, in Atti Società Savonese di Storia Patria, n.s. Vol. IV, Savona, 1970-1971, pagg. 309-313.
(62) - Cfr. Rinaldo Massucco, Per la ricostruzione della topografia savonese antica: la Chiesa di San Domenico il vecchio, in Atti Società Savonese di Storia Patria, n.s. Vol. IV, Savona, 1970-1971, pagg. 283-286.
(63) - Cfr. Mario Fadda, La primitiva chiesa ed il convento di San Domenico edificati alle falde della Rocca del Priamàr di Savona, in "Il IV Centenario della chiesa di S.Domenico in Savona (1567-1967)", Editrice Liguria, Savona, 1967, pagg. 49 e 50.
(64) - Cfr. Giovanni Battista Nicolò Besio, Evoluzione Storico-Topografica di Savona, Savona, Palagi Smilace, 1963, pagg. 79-81.
(65) - Cfr. Carlo Varaldo, Insediamenti Religiosi e Problemi Urbanistici nella Savona Post-Tridentina, in Atti Società Savonese di Storia Patria. n.s. Vol. XIII, III Convegno Storico Savonese "Arte a Savona nel Seicento", parte seconda, Savona, 1979, pagg. 50 e 51.
(66) - Cfr. Marco Ricchebono, L'Architettura religiosa del Seicento a Savona. Considerazioni Preliminari, in Atti III Convegno Storico Savonese, Parte Secon-da, A. e M. Società Savonese di Storia Patria, n.s. Vol.XIII, Savona, 1979, pagg. 63 e seguenti
(67) - Cfr. Ferdinando Molteni, I Liguri di Dio, Daner Edizioni Savona e Vallec-chi Editore Firenze, 1995, pagg. 61 e seguenti.
(68) - Cfr. Giorgio Rossini, Le fortificazioni genovesi a Vado dal XVI Secolo: un capitolo di archittettura militare, in A e M. Società Savonese di Storia Patria, n.s. Vol. XIV, Savona, 1980, pagg. 107 e seguenti.
(69) - Cfr. Giovanni Gallotti, op.cit., pagg. 11.
(70) - Cfr. R.Massucco, M.Ricchebono, B.Barbero, Il Complesso del Duomo di Savona, in "Savona Appunti di Storia ed Arte", a cura della Società Savonese di Storia Patria e della Società "A. Campanassa", dispense ciclostilate.
Si tratta delle lezioni svolte nella primavera del 1974 al corso per guide turistiche di Savona, organizzato dalle due Società culturali.
(71) - Cfr. Italo Scovazzi, Filippo Noberasco, Storia di Savona, Vol. II, Tipografia Italiana, Savona, 1927, pag. 221.
(72) - AA .VV., Il Complesso monumentale della Cattedrale di Savona, op.cit., pagg. 3, 4 e 7.
(73) - Cfr. G.A.Rocca, Le Chiese e gli spedali della Città di Savona non più esistenti, coi tipi di B.Canovetti, Lucca, 1872, pagg. 51 e52.
(74) - Cfr. Nello Cerisola, Storia di Savona, Editrice Liguria, Savona, 1982, pag. 288.
(75) - Cfr. Romilda Saggini, L'Antica Consorzia di Nostra Signora della Colonna, Marco Sabatelli Editore, Savona, 1994.
(76) - Cfr. Italo Scovazzi, Filippo Noberasco, Storia di Savona, Vol. III, Tipografia Italiana, Savona, 1928, pagg. 132 e 133.
(77) - Cfr. Giorgio Rossini, Architettura di Palazzo ed Architettura di Villa a Savona fra Cinque e Seicento, in Atti III Convegno Storico Savonese, parte seconda, A. e M. Società Savonese di Storia Patria, n. s. Vol. XIII, Savona, 1979, pag. 104.
(78) - Cfr. Franco Ferretti, I Monaci di Fruttuaria nel Savonese, in A. e M. Società Savonese di Storia Patria, n.s. Vol. XV, Savona, 1981, pagg. 29 e 30.
(79) - Cfr. G.B. Nicolò Besio, Savona e il Centro Storico. Siag Editore, Valenti Editore, Genova, 1980, pagg. 32 e 33.
(80) - Per eventuali approfondimenti, rimandiamo all'interessante saggio di Marco Ricchebono, Il Palazzo del Monte di Pietà, un frammento di storia urbana savonese, in "Savona nel Quattrocento e l'Istituzione del Monte di Pietà", Cassa di Risparmio di Savona, Marco Sabatelli Editore, Savona, 1980.
(81) - Cfr. Carlo Varaldo, Il Centro Storico di Savona nella sua evoluzione, in "savona, Appunti di Storia ed Arte", ciclostilato, op.cit., pag. 35.
(82) - Cfr. Filippo Noberasco, Gli Scrittori della Città di Savona, (secc. XIV - XVII), parte prima, in A. e M. Società Savonese di Storia Patria, Vol. III, Tipografia Savonese, Savona, 1925, pag. 168 (30).
(83) - Ordine di chierici regolari fondato nel 1524 da S.Gaetano di Thiene, dal sacerdote Bonifacio Colli e da mons. G.P.Carafa, vescovo di Chieti (lt.Teate, donde il nome) che fu poi Paolo IV, ed approvato nel 1529 da Clemente VII. Ha per scopo l'istruzione religiosa del popolo, l'assistenza degli ammalati e l'assistenza spirituale del clero. Sono attualmente 125, con case a Roma e fuori. (Da: "Enciclopedia del Cristianesimo", diretta da Mons.Silvio Romani, Casa Editrice Tariffi, Roma, 1947, pag. 1278).
(84) - Cfr. Giuseppe Emanuele Bazzano, La Sede Vescovile di Savona e i Vescovi della Diocesi, (finisce con Mons.Giuseppe Salvatore Scatti), in A.e M. Società Savonese di Storia Patria, Vol. VIII, Savona, 1925, pag. 89.
(85) - Cfr. Rosalina Collu, Il Mausoleo Della Rovere, in "Itinerari Rovereschi, Savona nei secoli XV e XVI", Comune di Savona, Regione Liguria, Società Savonese di Storia Patria, coordinamento Silvia Bottaro, Tipografia Priamar, Savona, 1985, pagg. 42 e 43. Più recentemente si veda anche SavonArte, numero unio,supplemento de l'Agenda,15 Novembre 1995.
(86) - Cfr. Secondo Francesco Cesarini, Aspetti Finanziari e Bancari dell'Impre-sa Colombiana, Libreria Editrice M.Jannuccelli, Cengio, 1994.
(87) - Cfr. Carlo Varaldo, I D'Aria e i Mausolei "Rovereschi" nella Savona Rinascimentale, in A.e M. Società Savonese di Storia Patria, n.s., Vol. VIII, Savona, 1974, pag. 145.
(88) - Cfr. Guido Malandra, Documenti sulla Cappella Sistina e sul Palazzo Della Rovere a Savona, in A. e M. Società Savonese di Storia Patria, n.s., Vol. VIII, Savona, 1974, pag. 136.
(89) - Cfr. Gabriele De Rosa, Età Medievale, Minerva Italica, Bergamo, Elemond Editori Associati, 1990, pagg. 174 e 175.
(90) - La primitiva Cattedrale, che contese forse a Vado la sede vescovile, era sul Monte di San Giorgio o nel sito della Cattedrale di Santa Maria posteriore al Mille? Vi sono poche speranze di risolvere il problema per via archeologica, nello stato attuale in cui é ridotta la Cattedrale, con la roccia quasi affiorante, e data la totale scomparsa del Castello di San Giorgio. (Così Nino Lamboglia, Gli Scavi nella Fortezza del Priamàr negli anni 1969-1971, in "Miscellania di Storia Savonese", Università di Genova, Collana Storica di Fonti e Studi diretta da Geo Pistarino, a cura della Cassa di Risparmio di Savona, Genova, 1978, pag. 14.
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